lunedì 29 febbraio 2016

Bocciata la legge lombarda anti-moschee

LETTERA

 

Nel gennaio dell’anno scorso il Consiglio regionale lombardo approvò una legge che il sindaco di Milano Giuliano Pisapia giudicò priva di “qualsiasi dignità costituzionale”. Essa prevedeva ogni possibile ostacolo di tipo urbanistico ed amministrativo, usando in modo del tutto bizzarro delle competenze regionali, per creare ogni difficoltà alla costruzione di moschee (a partire da quella in progetto a Milano). Anche il Nuovo Centro Destra del ministro degli Interni Angelino Alfano votò la legge che però il governo fu costretto ad impugnare davanti alla Corte Costituzionale. Lo stesso fecero molte comunità cristiane ed associazioni di tutela dei diritti. Ieri essa è stata bocciata dalla Consulta che deve aver ragionato sulla base del semplice buonsenso, ancora prima di aver letto gli articoli 8, 19 e 20 della Costituzione.

    La Lega, che aveva voluto questa legge a qualsiasi costo, ha cercato di fare una operazione propagandistica, pur sapendo di essere nel merito perdente in partenza. Questa posizione ci sembra in diretta continuità con iniziative passate, dalle contestazioni al Card. Tettamanzi, accusato di buonismo nei confronti degli immigrati, alle sagre blasfeme durante le quali si celebrava il dio Po. Si tratta di un’unica attitudine a contrastare e ad escludere il “diverso” identificato, volta a volta, nel meridionale, nel migrante e infine nell’islamico sempre a prescindere, oltre che dall’etica, dalle singole persone, dalle circostanze, dal contesto socioeconomico ecc.… Si tratta della difesa di una pretesa identità lombarda o padana che è estranea allo spirito di accoglienza che caratterizza una parte consistente del nostro popolo e che, comunque, è in contraddizione evidente con ogni minima sensibilità cristiana.

    Questa linea, che è espressione di una cultura pagana e materialista, viene poi gestita nelle istituzioni e nel paese in modo assolutamente spregiudicato perché pretende di essere la vera difesa della cristianità e dei “principi non negoziabili”. Questo mix di ateismo pratico e di sfacciato clericalismo vuole parlare alla pancia dell’opinione pubblica. Fino a quando riuscirà ad ottenere adesioni essendo in evidente contraddizione con gli interessi del paese e con gli stessi valori costituzionali su cui si fonda la nostra Repubblica?

    Come credenti che si richiamano al Vangelo, al Concilio e al magistero di papa Francesco siamo scandalizzati dal fatto che questo tipo di leghismo riesce ad avere consensi in certe aree di una opinione che si pretende cattolica, siamo anche scandalizzati da quelli che esso ha anche in una frazione del clero che, al posto della denuncia, preferisce un comodo e colpevole silenzio.

 

Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di “Noi Siamo chiesa”

 

lunedì 22 febbraio 2016

PER UN MUSEO DELL’EMIGRAZIONE

Lettera dai deputati del PD estero

 Il Ministro per i beni culturali e il turismo Dario Franceschini ha manifestato l'intento di rilanciare il Museo nazionale dell'emigrazione italiana, spostando presso il Museo del Mare a Genova i materiali attualmente esposti a Roma presso il Vittoriano e facendo della città ligure il luogo simbolo della diaspora italiana nel mondo.

    Ricordiamo che il Museo fu ideato e finanziato nel 2007 dal Governo Prodi e istituito, su volere del Vice Ministro per gli italiani all'estero Franco Danieli, con decreto del Ministro degli esteri Massimo D'Alema. L'idea progettuale dalla quale esso è nato è stata di quella di superare il ritardo che l'Italia aveva accumulato in questo campo, pur essendo uno dei maggiori Paesi di emigrazione, e di collegare l'istituzione museale alla transizione che l'Italia sta vivendo da storica e ancora attiva realtà di emigrazione a realtà anche di immigrazione, anzi a fondamentale snodo dell'immigrazione in Europa.

    Questa ipotesi, con la caduta del Governo Prodi e l'avvento del Governo di centrodestra, fu ridimensionata e trasformata in una esposizione documentaria, per altro in locali di notevole valenza simbolica ma limitati e inadatti, dello sviluppo diacronico dell'emigrazione italiana, con un'appendice finale relativa all'arrivo degli stranieri in Italia.

    A livello parlamentare abbiamo fatto vivere l'ispirazione e il diverso respiro del progetto iniziale presentando un disegno di legge per la trasformazione dell'attuali museo in Museo nazionale delle migrazioni, al quale abbiamo affiancato un secondo disegno di legge sull'insegnamento multidisciplinare delle migrazioni nelle scuole, con riferimento all'autonomia di programmazione formativa degli istituti.

    Per avere un confronto su queste essenziali questioni di impostazione del progetto relativo al Museo dell'emigrazione, l'On. Marco Fedi, accompagnato dal Prof. Norberto Lombardi, a suo tempo uno dei promotori dell'istituzione del museo, si è incontrato per conto degli eletti all'estero del PD con il Capo della Segreteria tecnica del MIBACT, Dott.ssa Giorgia Floriani e altri funzionari.

    L'On. Fedi ha preso atto dei significativi passi in avanti che l'operazione sta facendo a livello istituzionale, con il coinvolgimento, oltre che del MIBACT e del Ministero degli esteri, titolare del Museo, della Regione Liguria, del Comune di Genova e della locale Università. In vista dell'apertura della fase di definizione scientifica del progetto, ha sottolineato tre aspetti essenziali: quello di avere una proposta museale che incorpori gli aspetti dell'emigrazione, vecchia e nuova, degli italiani e, nello stesso tempo, la formazione nel nostro Paese di consistenti comunità di migranti; quello di non limitarsi ad un taglio tradizionalmente espositivo ma di concepire un sistema a rete che si avvalga delle risorse della multimedialità e valorizzi il grande patrimonio di conoscenze e rappresentazioni presente tanto nei musei e nei centri di ricerca specializzati italiani che nelle più importanti istituzioni museali internazionali; quello di dare il giusto risalto al grande esodo meridionale, alla più recente emigrazione in Europa e alle forme di mobilità che si stanno sviluppando negli ultimi anni.

    L'incontro si è concluso con l'impegno ad avere ulteriori momenti di approfondimento con l'obiettivo di giungere ad un progetto di ampio respiro e coerente con il forte sviluppo dei fenomeni migratori. 

I deputati del PD estero - Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta, Tacconi

mercoledì 17 febbraio 2016

Il partito non è un porto

LETTERA

  

“Il partito non è un porto”, ha detto Bersani. Per dire la stessa cosa (non si devono accogliere personaggi squallidi e corrotti) qualche mese fa aveva preferito un’altra metafora, però di segno opposto: “Via dal nostro giardino”.

    Meglio tardi che mai: se lo fosse ricordato qualche anno fa, avrebbe trovato il modo di buttare fuori a calci dal Pd Renzi e le sue margheritine, con una scusa qualsiasi.

    Però le figure retoriche bisogna saperle usare. Da quelle di Bersani si deduce che il suo Pd non sia un porto, luogo aperto, inclusivo, bensì un giardino privato, immagino protetto da un muro e da cui occorre, principale preoccupazione, scacciare gli estranei perché non calpestino l'erba o strappino i fiori. Metafore sbagliate, inadatte a un partito di sinistra.

    Traspare l’affanno, suo e di tutta una classe dirigente (dirigente si fa per dire), di chi ormai proprio non sa cosa sia o debba essere la sinistra, di chi da tempo ha rinunciato alla tradizione e ideologia del socialismo per inseguire (non mi è chiaro se per ingenuità, incapacità o complicità) i miti del liberismo globalista, e ora si ritrova non solo senza idee ma anche senza linguaggio. Che pena. Gramsci diceva che il partito era il nuovo principe: quella sì che era un’immagine forte, efficace, esaltante, altro che giardini e porti.

    Se non gli va di leggere e capire Gramsci, Bersani almeno ascoltasse i discorsi di Bernie Sanders, che è più vecchio di lui ma sa parlare ai giovani, sa entusiasmarli: non con metafore ridicole ma con programmi ambiziosi, coraggiosi, che non accettano il postulato neocapitalista che non ci siano alternative al dominio assoluto delle multinazionali e al culto del successo. O meglio, i discorsi di Sanders dovremmo ascoltarli noi. Per prendere esempio da lui e renderci conto che anche in Italia la sinistra delle chiacchiere e del gossip, effettivamente chiusa nel suo giardino di privilegi e di illusioni autoreferenziali, come Maria Antonietta nel Pétit Trianon a giocare alla pastorella, deve essere liquidata al più presto.

    Serve una nuova sinistra di lotta, lucida, risoluta, capace d’azione ma anche di pensiero, di un linguaggio che significhi qualcosa.

 

F.E., Massachusetts, USA

 

Sante parole di un socialista americano. Dovremmo anche riscoprire Michael Harrington ( (February 24, 1928 – July 31, 1989) un pensatore socialista che ho avuto occasione di conoscere nel 1969. Spero che grazie a Bernie Sanders si cominci a conoscere il movimento socialista USA con esponenti come.Norman Mattoon Thomas (1884-1968), leader  del movimento socialista  negli USA per più di quattro decenni, fu il candidato socialista alla Presidenza per sei volte dal 1928 al 1948.– Felice C. Besostri

 

giovedì 4 febbraio 2016

La profezia di Francesco


 
Vi segnaliamo l'articolo del Presidente Gennaro Acquaviva che appare nel numero 1 di Mondoperaio del 2016. Esso è dedicato ai tre anni di pontificato di Papa Francesco. 
 
 
Buona lettura e cordiali saluti
 
Segreteria Associazione Socialismo