martedì 28 settembre 2010

ANNA SIEMSEN - PER UNA NUOVA EUROPA

LETTERA

Carissimi, mi permetto di segnalarvi un mio libro che sta per uscire da FrancoAngeli perché penso che possa interessare diversi tra voi. Si tratta di uno studio delle idee europeiste di Anna Siemsen, pedagogista tedesca, socialista, federalista, antifascista ed esule in Svizzera durante il nazismo e nel giro di Ignazio Silone.

    Il libro consiste in un saggio e la traduzione di quattro articoli o pamphlets della stessa Siemsen scritti durante l'esilio svizzero. Di più non posso ovviamente dirvi, se non che la Siemsen era una "tosta", e le sue idee sull'Europa, sul socialismo europeo, sull'interculturalità (anche se allora non si chiamava così) hanno molto da dire ancora oggi.

Un caro saluto
Francesca Lacaita

Grazie della segnalazione e felicitazioni vivissime! – La reddell'ADL  

Che cosa vuol dire la parola "mobilitarsi"?

Sull'editoriale precedente

Caro direttore, rigorosa, la sequenza delle argomentazioni contenute nel tuo editoriale della scorsa settimana (La parola "mobilitarsi, http://www.avvenirelavoratori.eu/mediawiki/index.php?title=Editoriale) ed efficace il loro culminare in un grido di impegno e di lotta.

    Ma, nel mio caso di iscritto al Pd, orfano assoluto di padrini (un bene in sè, ma nel costume corrente di partito moderno votato all'impotenza) , dedito ad iniziative sociali, nel disinteresse assoluto del partito, quasi "ultimo mohicano" nel rivendicare le mie credenze socialiste, come devo concepire un tipo coerente e realistico di mobilitazione?

    Eppoi dove attingi tante certezze nell' autenticità delle vocazioni socialista di Bersani che vai citando?
    Ho ormai una sperimentazione di queste personalità ex Pci, ex Pds, ex Ds, per giungere alla stessa conclusione di Penelope nei riguardi dei Proci.... "Spero solo nel destino della "Ubris"...

    Ma per quanto tempo ?
    Comunque, io lavoro e lavoro molto, anche se concludo il 5% di quello che è il mio impegno.

Pier Luigi Sorti, Roma



Caro prof. Sorti, ti ringrazio molto della tua lettera, che centra il mio problema, perché la parola "mobilitarsi" riguarda in effetti ciascuno di noi. Personalmente.

    Non ti dirò quindi che la risposta alla domanda stia nei sindacati europei che pure hanno proclamato una giornata di agitazione il 29 settembre. Senza contare la "campagna d'autunno" preannunciata da Bersani nel alla Festa del PD di Torino (http://www.radioradicale.it/scheda/310479/iii-festa-democratica-nazionale-manifestazione-di-chiusura).

    Anche se si tratta di importanti appuntamenti, che vanno sostenuti, non mi pare questo il problema, che focalizza, invece, la necessità di un coinvolgimento personale e diretto.

    Il problema nasce anzitutto dall'esaustione del principio della "rappresentanza politica" che dopo il crollo della prima repubblica è divenuto il luogo di un estremismo trasformista dove il mandato dei cittadini è travolto e distrutto in un noto meccanismo autodistruttivo che Sloterdijk, nella sua analisi della sindrome weimariana, definisce "scatenamento cinico".

    Lo scatenamento cinico, in corso nella nostra "Weimar al rallentatore", ha travolto, tra le tante cose, la laicità dello Stato, il valore del lavoro, l'istruzione pubblica e la ricerca, l'umanità nei riguardi dell'ospite e dello straniero. E s'è persa ogni traccia ormai di quel senso minimo di pudore che è il presupposto prepolitico della polis.

    Qui c'è però un "punto di flesso". Qui, per usare la nota metafora, il pendolo della storia si ferma e inverte il senso di marcia.

    Ma, se l'astro della rappresentanza tramonta insieme al berlusconismo, quale potrà essere, allora, l'altro polo, quello verso cui il pendolo tenderà d’ora in poi? Stiamo per assistere a una nuova irruzione delle masse nell'agone?

    Se così sarà, si tratterrebbe d'interpretare in senso costruttivo il trend, sventando il compiersi della sindrome weimariana.

    Per conseguire questo obiettivo occorre, appunto, "mobilitarsi".
    "Mobilitarsi" vuol dire: dare forma pubblica e visibile al bisogno di partecipazione politica che cova sotto la cenere del disaffezionamento di massa e che rischia altrimenti di esplodere in modo dirompente.

    Dire "mobilitarsi" non investe solo le sorti del berlusconismo (o, specularmente, del veltronismo), ma riflette un'esigenza epocale ben più profonda per la democrazia nel nostro Paese, e non solo in esso.

    Solo una vasta e attiva partecipazione ci può salvare, perché i problemi politici sul tappeto (superfluo qui elencarli) sono troppo grandi, noti e seri per poterne delegare la soluzione. È quindi evidente che, giunti al punto in cui siamo, occorre la manforte della Partecipazione politica. Tutti coloro i quali posseggano ancora il ben dell'intelletto e un po' di buona volontà lo capiscono. Ma restano perplessi, anzi disgustati, dinanzi alle vicende della Rappresentanza.

    Ma, prima o poi, il popolo percepirà la Rappresentanza non semplicemente come un luogo della ripugnanza, ma come il principale fattore di distorsione e “trasformazione” della propria volontà. E allora l’ambiguo incantesimo si romperà. E allora si innescherà un ciclo della partecipazione.

    Quando avverrà tutto questo?
    Non conosco la risposta. Penso che questo processo sia già in corso. E comunque la domanda è esatta, se così posso dire. Ognuno, dovrebbe chiedersi: "Che cosa posso fare io per...?". "Come devo concepire un tipo coerente e realistico di mobilitazione?". Ecc.

    Mobilitarsi presuppone, in via germinale, proprio questo: che un gran numero di persone inizi a porsi domande di questo genere, con molta serietà.

    Ma mobilitarsi significa solo porsi delle domande?
     No, ovviamente. Significa fornire un contributo proprio al futuro comune: indelegabile, indemandabile, insostituibile, sebbene coordinato in un movimento politico più vasto.

Un cordiale saluto
Andrea Ermano  

Pietro Nenni e il Coopi di Zurigo

LETTERA

Ogni volta che sono capitato a Zurigo ho sempre frequentato il ristorante Cooperativo, anche per parlare con i compagni socialisti.

    Tra questi ho conosciuto anche Ferrari il quale mi parlò della presenza di Nenni durante il suo esilio quale antifascista e della redazione dell'Avanti che veniva stampato in Svizzera  e poi diffuso clandestinamente in Italia.

    Non sono riuscito ad avere altre notizie della presenza di Nenni al coopi durante il suo esilio. Pertanto se avete notizie in merito , sono molto interessato ad averle.

    Leggo assiduamente e con interesse L'Avvenire dei lavoratori.
Grazie!

Armando Pescatore, Avellino


Caro Pescatore, grazie del tuo d'interesse. Per ora possiamo segnalarti una biografia in lingua tedesca dedicata a Pietro Bianchi, leggendario direttore responsabile (pro forma) dell'Avanti! diretto da Pietro Nenni. L'organo ufficiale del PSI aveva la sede redazionale a Parigi ma veniva stampato a Zurigo in coedizione con la nostra testata, la quale reggeva l'attività del partito all'estero grazie ai proventi delle cooperative socialiste italiane di Zurigo, Winterthur e Sciaffusa oltreché al sostegno del PS e dei sindacati svizzeri. I contatti erano frequenti, ma ovviamente clandestini e quindi non esiste una documentazione puntuale né delle visite zurighesi di Nenni, Modigliani, Balabanoff eec. né delle visite parigine di Silone, Canevascini, Vuattolo ecc. Caduto il fascismo, Nenni ritornò a Zurigo nel 1967 in qualità di ministro degli esteri e volle trascorrere con i vecchi compagni del Cooperativo una memorabile serata in compagnia (nella foto ascolta l'indirizzo di saluto del deputato socialista Ezio Canonica, presidente dell'Unione Sindacale Svizzera e della Società Cooperativa Italiana Zurigo). Il volume cui abbiamo accennato s'intitola "Pietro Bianchi, Maurer und organisiert", è di Michele Morach ed è uscito presso il Limmat Verlag di Zurigo nel 1979. Accanto a questo volume possiamo consigliarti la lettura del magistrale saggio di Stefano Merli su " Il laboratorio socialista de L’Avvenire dei Lavoratori". Lo abbiamo ristampato due anni fa (ADL 2008, 1-2) ed è disponibile in rete, gratuitamente: http://www.avvenirelavoratori.eu/mediawiki/images/d/de/Centro_Estero_web.pdf.  Un abbraccio e buona lettura. – La reddell'ADL  


LETTERA

Tagli alla scuola e silenzio degli intellettuali

Carissimi, mentre l'anno scolastico 2010-2011 vede ancora tagli al personale e ai saperi, mentre mancano docenti nelle scuole e nelle università, mancano presidi, mancano strutture, manca sicurezza, mancano fondi, mancano investimenti per l'istruzione, perché gli intellettuali non intervengono in difesa della scuola pubblica?

    Di questo tratta la puntata di vivalascuola di questa settimana, che si può leggere qui: http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2010/09/20/vivalascuola-57/ .

Completano la puntata segnalazioni e informazioni, con una sintesi delle notizie della settimana riguardanti la scuola.

Grazie dell'attenzione, e un cordiale saluto.
Giorgio Morale, Milano 

mercoledì 22 settembre 2010

L'ombra degli speculatori sull'Italia


Economia
a cura di ItaliaOggi

Fa un certo effetto vedere «Italy» in cima alla lista dei paesi oggetto di interesse da parte di chi opera e specula in Credit Default Swaps (Cds), i derivati finanziari che dovrebbero fungere da assicurazione contro i fallimenti.

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi) e Paolo Raimondi, Economista

Erano diventati noti nel mezzo della crisi greca, quando si temeva il default dei debiti sovrani ellenici. Allora, per garantirsi da questo rischio, un contratto quinquennale Cds sui bond di Atene per un valore di 10 milioni di euro costava a giugno 970 punti, cioè 970.000 euro all'anno. A marzo erano 300 punti. Oggi, dopo il salvataggio europeo della Grecia e la creazione di un fondo speciale d'intervento Eu per 750 miliardi di dollari, un simile Cds sui bond greci si paga ancora quasi 850.000 euro. È come un termometro che si può manomettere alterando la temperatura.

    L'ultimo rapporto ufficiale della International swaps and derivatives association (ISDA) indica che sull'Italia vi sono Cds per un valore nozionale di 242, 6 miliardi di dollari. E i punti base del costo sono intorno ai 240. Mentre a marzo 2009 erano 158, saliti già a 220 nel turbolento marzo scorso.

    Il secondo paese europeo sulla lista, dopo l'Italia, è la Spagna, con Cds per un valore nozionale di 113 miliardi di dollari. Dai bollettini si può notare che i costi per i Cds sono in costante crescita sia per l'Italia che per la media europea. Dai dati risulta anche che i maggiori operatori ribassisti sul debito italiano sono 4 grandi hedge fund americani, tra cui spicca quello di Soros.

    Ricordiamo che nel 1992 il finanziere speculatore George Soros, per sua stessa ammissione, scommise enormi somme sul collasso dell'allora sistema monetario europeo e di alcune monete, tra cui la lira, provocando sia la fine dell'accordo monetario che una gigantesca svalutazione della nostra moneta.

    Dai resoconti dell'Isda si evince anche che banche e corporation americane e città e stati degli Usa sono menzionati nella lista per valori paragonabili a quelli di grandi paesi. Contro il pericolo di default della JP Morgan Bank, per esempio, ci sono Cds per 84 miliardi di dollari. Vi sono poi decine di miliardi di Cds sul rischio insolvenza dei residential mortgage-backed securities (Mbs), i famigerati titoli tossici legati ai mutui subprime. Si scopre che i costi dei Cds per la California sono superiori a quelli del Portogallo. Per assicurasi contro l'eventuale collasso dello stato dell'Illinois bisogna pagare più che per l'Irlanda. Assicurare il debito di New York costa più che per l'Italia.

    Ciò deve indurre a riflessioni più attente. Siamo certamente in una grave crisi globale che attanaglia tutti, Europa compresa. Non possiamo nascondere il grave problema del debito pubblico europeo, ne tanto meno quello dell'Italia che si avvicina al 120% del Pil. Nondimeno, a differenza dal debito americano, quello europeo e italiano è stato fino ad oggi in gran parte coperto dai risparmi dei cittadini, che comprano Bot o Cct. Il crescente debito pubblico e privato americano, invece, dipende da investitori internazionali, come la Cina, oppure dagli acquisti fatti dalle banche americane con i prestiti concessi dalla stessa Federal Reserve a tasso zero.

    Infatti, a livello mondiale oltre il 40% di tutti i titoli in scadenza sono americani. Per immaginare le dimensioni globali si consideri che soltanto il sistema bancario europeo, secondo uno studio della Deutsche Bank, ha titoli di debito in circolazione per circa 5.000 miliardi di euro, di cui più di 1.500 miliardi in scadenza entro il 2012. Ecco perché gli hedge fund americani, legati alle grandi banche, hanno buon gioco a speculare contro l'Europa! Di conseguenza, alzare il rischio Europa inevitabilmente comporta lo spostamento degli investitori verso altri lidi. Quando la coperta è corta, bisogna fare attenzione se qualcuno, di nascosto, la tira dalla sua parte.

    Occorre inoltre ricordare che, poiché le operazioni in derivati «nudi» e short (al ribasso) sono a tutt'oggi permesse, gli speculatori possono comprare contratti Cds su titoli che non possiedono, scommettendo sul loro deterioramento finanziario. Facendo salire progressivamente i costi dell'assicurazione contro il fallimento, possono lucrare sulla differenza.

    Ecco perché i governi, in primis quelli europei, sulla questione dei titoli di debito, dei Cds e degli hedge fund speculativi non possono essere molli, lenti o peggio accondiscendenti. Ne va della sopravivenza degli stessi stati e del benessere della collettività.

    Urge l'immediata entrata in funzione delle nuove recenti autorità europee di vigilanza. Così come impellenti sono le regole su derivati Otc, short selling, hedge fund, e altri rilevanti questioni finanziarie su cui la Commissione Ue è chiamata prossimamente a decidere. Auspichiamo che anche il governo italiano sia più deciso in merito. L'Italia ha il dovere di impegnarsi in sede europea con maggiore convinzione. Procrastinare l'intervento per lasciare le cose come stanno, cioè senza regole, sarebbe un segno di debolezza e un invito agli speculatori ad affondare la lama nel cuore dell'Europa.     

lunedì 13 settembre 2010

Il quorum di garanzia costituzionale

LETTERA APERTA AI PRESIDENTI DELLA
REPUBBLICA, DEL SENATO E DELLA CAMERA

Appello alla modifica dei quorum di garanzia costituzionale come necessario bilanciamento alla introduzione delle leggi elettorali maggioritarie

di Rino Formica ed Emanuele Macaluso

Illustri Presidenti, i nostri padri costituenti prima di dare inizio alla elaborazione del testo costituzionale affrontarono due temi dirimenti e pregiudiziali:

1. La forma di Stato;
2. La struttura formale della Carta. Sul primo punto si votò l' o.d.g. Petrassi (no al Governo presidenziale e no al Governo direttoriale sì ad un sistema parlamentare).

Sul 2° punto si aprì una discussione intorno a 3 o.d.g. (Bozzi, Calamandrei e Dossetti). L' Assemblea approvò l' o.d.g. Bozzi integrato dai suggerimenti di Togliatti e di Piccioni («il testo della Costituzione dovrà contenere nei suoi articoli disposizioni concrete di carattere normativo e istituzionale, anche nel campo economico e sociale»).

I Costituenti, per tenere insieme la costruzione di un ordinamento istituzionale democratico ed equilibrato, previdero poteri bilanciati da sostenere con un sistema di garanzie regolato sul principio della rappresentanza proporzionale della volontà popolare. (La Costituente votò un o.d.g. di Antonio Giolitti in tal senso).

Noi, che scriviamo questa lettera, siamo in condizioni di poter parlare con scienza e coscienza di esperienza vissuta e partecipata, perché abbiamo attraversato tutte le fasi pacifiche e drammatiche della vita repubblicana dalla Costituente ad oggi.

Non vogliamo affrontare i temi caldi che attualmente incidono sull' equilibrio costituzionale: la crisi dello Stato nazionale; la crisi del partito politico e della democrazia organizzata; il lento svanire della democrazia parlamentare.

Vogliamo cogliere l' occasione che ci offre la discussione in corso sulla possibile fine anticipata della legislatura per porre alle più alte cariche istituzionali un problema ineludibile: o si cambia la legge elettorale in senso proporzionalistico o si cambiano i quorum di garanzie degli artt. 64 (regolamenti della Camera), art. 83 (elezione Presidente della Repubblica), art. 135 (elezione giudici della Corte Costituzionale), art.138 (procedura di revisione costituzionale). La questione non è nuova, ma oggi il conflitto tra quorum di garanzia costituzionale e legge elettorale maggioritaria, è più grave del passato a causa della debolezza delle forze politiche e per la crisi del bipolarismo bipartitico.

La stessa sconcezza della nomina diretta dei parlamentari da parte dei capipartito appare come una infelice irrisione di ogni principio di libera determinazione della volontà popolare.

Dalla Costituente (1946) alla XI legislatura (1992) la rappresentanza parlamentare è stata eletta con leggi proporzionali. Il tema dei quorum di garanzia è nato con il Referendum abrogativo del 18 aprile 1993 su la legge elettorale del Senato.

Il Gruppo Socialista, pochi giorni dopo quel voto, presentò il 14 maggio 1993 la proposta di legge costituzionale (atto Camera n.2665) per l' abrogazione del terzo comma dell' art.138. Il 3 novembre 1993 il testo approdò in Aula. Tutti i Gruppi si dichiararono d' accordo con l' eccezione di Rifondazione comunista e i Radicali. Il testo fu approvato con 341 voti a favore e 7 voti contrari. Lo scioglimento delle Camere affossò la modifica dell' art. 138.

Il 28 febbraio 1995 il centro-sinistra presentò un'organica proposta di legge costituzionale (atto Camera n.2115) per la modifica degli artt. 64, 83, 135 e 138. Tutti gli altri Gruppi presentarono proposte di modifiche del 138. La discussione si svolse su tutte le proposte, il 2 e 3 agosto 1995 ed ebbe il parere favorevole del Governo. Ma anche in questo caso l' anticipato scioglimento delle Camere (1996) affossò le modifiche costituzionali.

Sul tema cadde il silenzio interrotto da una proposta alla Camera nella fine della XV legislatura e nella riproposizione del testo al Senato all' inizio dell' attuale legislatura (4 giugno 2008) a firma Oscar Luigi Scalfaro (atto Senato n.741). L' argomento è ancora una modifica del quorum dell' art. 138, e ancora una volta si osserva che la nuova legge per l' elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica con premio di maggioranza, consente a maggioranze relative di elettori di diventare maggioranze assolute dei deputati e dei senatori; pertanto la quota di voti parlamentari necessaria per l'approvazione in seconda deliberazione di riforme costituzionali (metà più uno degli eletti) è, per così dire, «a portata di mano» per cambiare le regole e i principi della Costituzione secondo le opinioni o, peggio, le convenienze dei vincitori nell' ultima competizione elettorale.

A questo punto c' è da chiedersi: perché le forze politiche che da 17 anni hanno sempre votato alla quasi unanimità in prima lettura le proposte di modifica dei quorum di garanzia costituzionale come necessario bilanciamento alla introduzione delle leggi elettorali maggioritarie, hanno accantonato la questione?

A questa domanda si può dare una sola risposta: nel potere costituito è prevalsa la convinzione che l' attenuarsi delle garanzie costituzionali può essere giocata come arma politica aggiuntiva da una parte politica contro l' altra.

Noi ci rivolgiamo a Voi come supremi garanti della democrazia italiana, perché sia posto al Parlamento, prima dello scioglimento delle Camere, il tema per deliberare o una modifica in senso proporzionalista della legge elettorale o una modifica dei quorum di garanzia costituzionale.

Il tempo stringe e non consente oziose e inconcludenti discussioni.
La nostra generazione si ribellò alla notte buia della dittatura, ed ha avuto l' onore di partecipare alla costruzione di una grande democrazia moderna. Noi temiamo che disattenzione o, peggio, fatalistica rassegnazione, possa distruggere un' opera preziosa per tutti.