lunedì 21 febbraio 2011

Cos'è democrazia? / Tre glosse sul Nenni secondo Tamburrano/ Network socialista

Cos'è democrazia?

________________________________

Caro Direttore, forse avrai piacere nel ricevere la segnalazione della messa in onda di una nostra puntata del magazine radiofonico "Geronimo filosofia", in onda sulla Rete Due della RadioSvizzera di lingua italiana, ascoltabile in Podcast e scaricabile, dedicata al tema della democrazia.

________________________________

Ecco il link:

http://retedue.rsi.ch/home/networks/retedue/geronimofilosofia/2011/02/08/democrazia.html#Audio

________________________________

Con Nadia Urbinati, docente di Teoria politica alla Columbia University di New York, opinionista e editorialista del quotidiano "La Repubblica", abbiamo tentato di definire il concetto di democrazia attraverso la sua evoluzione storica, dall'antica Grecia, all'illuminismo e alle rivoluzioni dell'Ottocento, per arrivare ai giorni nostri. Per capire perché la democrazia rappresenti un sistema in perenne crisi. Evidenziando come un sistema democratico non è mai un sistema statico e assestato, proprio perché prevede un potere diffuso tra il maggior numero possibile di cittadini e non un potere monopolizzato, tipico invece dell'oligarchia. Tracceremo l'evoluzione del concetto di democrazia in Europa e negli Stati Uniti, e il rapporto che esiste tra etica, identità, stato sociale, politiche di giustizia e democrazia.

Mi pare davvero importante far girare riflessioni e pensieri su questo tema ahinoi cosi' bistrattato.

________________________________

Un saluto caro

Sonja Riva, Roma

Network

socialista

________________________________

Carissimi, in questi giorni si sta sviluppando nella rete dei socialisti un'ampia discussione sui documenti prodotti dal Gruppo di Volpedo e relativi alle prossime elezioni amministrative.

Da sempre il Gruppo di Volpedo (GdV) è fautore di una proposta politica volta ad unire i socialisti ovunque essi siano (appello di Volpedo) ed ad agire per favorire l'aggregazione del vasto mondo della laicità, del liberalismo e del socialismo, lo sbocco politico di questa iniziativa è ben descritto nei documenti ufficiali del GdV.

L'ultimo documento è appunto relativo alla possibilità di presentare alle elezioni amministrative della prossima primavera una Lista laico-liberal-socialista.

Chi volesse saperne di più può scaricare i documenti in Pdf dal sito

www.gruppodivolpedo.it<http://www.gruppodivolpedo.it/> alla pagina "DOCUMENTI" cliccando sui titoli dei file

________________________________

Fraterni saluti

Il Gruppo di Volpedo

Tre glosse sul Nenni

secondo Tamburrano

________________________________

A proposito di Sulle spalle di un gigante, di G. Tamburrano (ADL dell'11.02.11)

________________________________

La prima osservazione è che il suo giudizio su Serrati e sul gruppo dirigente del PSI dopo la duplice, inopportuna scissione – da sinistra e da destra – del partito del proletariato italiano proprio nel momento di un'altra, più dura prova appare – storiografia migliore alla mano – alquanto riduttivo. Forse inaccettabile. I partiti socialisti europei si trovarono ad essere dilaniati dall'opzione dell'adesione alla Terza Internazionale, che aveva una sua ben precisa ragion d'essere in quel momento (1922-1923): Serrati, a suo modo, fece una scelta di equilibrio fra gli opposti radicalismi, se così si può dire. Di più, fece una scelta romantica o idealista – secondo la stessa diagnosi di Nenni anni dopo (l'Intervista laterziana raccolta dallo stesso Tamburrano) – per cui né confluì nel PCd'I né abbandonò la consonanza col vento (o "mito operativo") sovietico, quando convenienze e forse tattica lo avrebbero portato in uno dei due sensi. Si può discutere la scelta, non si può liquidarla con una secca frasetta settaria: «Serrati e i massimalisti che avevano deciso di "svendere" il Partito a Mosca e al PCI [scil. PCd'I, con un certo anacronismo]». L'avversario, secondo una delle peggiori tradizioni della sinistra in tutte le sue componenti, non può non essere un traditore, un "venduto". Uno storico appassionato ed equilibrato come Gaetano Arfé non avrebbe mai scritto queste cose. Vi prego, fermiamoci col massacro postumo!

Quanto poi al PSI degli anni frontisti scrive lo stesso Tamburano: «L'alleanza strettissima con il PCI fu l'errore di Nenni che rischiò di far scomparire il PSI. Nenni se ne riscattò nel 1956 rompendo l'alleanza subalterna con il PCI». Personalmente condivido la scarsa simpatia verso qualsivoglia subalternità del mio partito verso il PCI, ma ho il forte sospetto che questo giudizio sia quasi sempre declinato nel senso dell'accettazione di altre, ben peggiori influenze: quella socialdemocratica (il partito dei sottosegretari dei peggiori governi democristiani), poi liberal-democratica, quindi quella neo-liberista e neo-centrista. Ciò che, di fatto, al netto delle chiacchiere (golpe o persecuzione della magistratura, alleata a settori sessantottini radical-chic), è la vera radice della scomparsa del PSI, prima come soggetto storico del movimento operaio poi come realtà politica. Non dimentico che, in occasione del referendum sull'estensione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, mentre chi scrive insieme a migliaia di giovani precari e disoccupati (forse qualcuno di loro potenziale socialista) si impegnava senza risparmio per il referendum (ricordo ore e ore di volantinaggio in piccoli paesi della Murgia barese), la Fondazione Nenni – Tamburano primo firmatario – uscì dal consueto riserbo verso i temi di attualità politica (per es. le politiche sociali e economiche "bipartisan" di privatizzazione, di precarizzazione, di contrazione dei diritti dei lavoratori, come anche le violenze di Genova) per schierarsi pubblicamente a favore del NO. Ci sarebbe da commentare, sennonché la storia, quella sul passato e quella nel presente, non è un luogo in cui tutte le opinioni hanno lo stesso peso, giacché sussistono tanto un quid veri indisponibile alle chiacchiere (una rosa è una rosa non un carciofo, uno sfruttamento è uno sfruttamento non un'opzione del mercato del lavoro per vincere la competizione globalizzata) quanto – è questo lo specifico socialista – una nostra verità.

Nella mia attività di studioso e di docente, Nenni non manca. Anzi mi continua a stimolare il confronto con la sua vita, dalla natia Faenza (città che non lo ricorda e dove ora la Lega Nord ha circa il 7%, mentre la sinistra, tutta, è scomparsa anche dal consiglio comunale) alle vicende immediatamente precedenti la morte (con amarezza constato che Arfé non ne ha parlato con sufficiente chiarezza: si tratta di un tema su cui intendo tornare). Ritengo che il pericolo peggiore per la memoria e l'eredità di Nenni sia quello di essere utilizzato come icona di scelte politiche moderate, di sostanziale accettazione della realtà, di una triste realtà. Quando Tamburano pensa, dice, scrive testualmente «Il socialismo di Nenni è superato», salvo poi citare con enfasi "l'uguaglianza, la giustizia sociale, la libertà per tutti" come i valori strutturanti l'attività politica di Nenni, penso che in fondo, allora, tanto varrebbe aderire alla dottrina sociale della chiesa o al social-liberismo ruggente fino a qualche anno fa, visto che vanno più di moda. Se così fosse, meglio allora che cada l'oblio anche su Nenni (piuttosto che regalarlo, buon ultimo, alle destre), tanto i "giovani", in realtà spesso studenti in lotta, precari, disoccupati, migranti – ossia i soggetti naturalmente o potenzialmente portati al messaggio socialista – non saprebbero, non sanno che farsene. (Intanto, noto con amarezza, questi stessi soggetti restano orfani di un partito o di qualcosa di simile.) Anziché fare il solito, scontato appello ai "giovani", se davvero volevate, cari compagni della Fondazione, far conoscere Nenni, potevate andare a dialogare con i movimenti di protesta degli studenti medie e universitari o dei ricercatori e docenti precari. Invece NO, come di fronte al referendum di cui sopra. Errare humanum, sed.

Concludo. Se avessi ancora qualche dose di idealismo, chiederei a Tamburrano e alla dirigenza della Fondazione Nenni un tavolo di confronto aperto su questioni storiografiche e politiche, non basato su strumentali riletture di un Nenni ad usum delphini. Una discussione seria sull'intera storia del socialismo, sulla semantica di questo termine abusato e sulla filologia necessaria per comprenderne i documenti iuxta eorum principia, a partire da quelli del congresso di Livorno, campo di battaglia ogni santo anno fra opposte tifoserie, per cui mentre la stessa testata riproduceva gli interventi di Turati, contemporaneamente in alcune città si tenevano seminari celebrativi della nascita del partito comunista (e per converso deprezzativi di quello che il partito socialista aveva svolto fino a quel momento, tipo la sofferta, e coerente!, scelta neutralista a fronte di altre scellerate politiche "socialiste" di "sacre alleanze": non direi proprio bazzecole).

So già bene che così non sarà. È questa, d'altra parte, una delle eredità più brutte della dissipazione, lenta ma inesorabile, di un partito di sinistra, dello stesso patrimonio ideale e progettuale di ogni idea di Sinistra: nessuna eredità da trasmettere, nessuna comunicazione o unità, le lotte fra clan (associazioni, fondazioni, riviste, partitini, sigle inani), l'autosufficienza, l'autismo, il cupio dissolvi.

________________________________
Gaetano Colantuono, Bari

mercoledì 16 febbraio 2011

Per voi è meglio il gay Vendola dell'eterosessuale Berlusconi !

Per voi è meglio il gay Vendola

dell'eterosessuale Berlusconi !

________________________________

Prendo atto che la sinistra preferisce Vendola la cui particolarità è un peccato (che fu punito da Dio con la distruzione di Sodoma a Gomorra) a Berlusconi (che come altri politici e grandi industriali della presente epoca e come Pontefici e re fatti anche Santi e come i re David e Salomone) preferisce le donne.

________________________________

A. Paggi, Roma

________________________________

Sodoma verrebbe risparmiata in nome dei "giusti" che eventualmente vi abitassero, e fossero questi "giusti" anche soltanto dieci in tutto: "Non la distruggerò per amore dei dieci" (Genesi 18, 32). La sorte della città è però segnata allorché gli abitanti accerchiano la casa di Lot nel proposito di violentare e uccidere i suoi ospiti "entrati all'ombra del mio tetto" (Gn 19, 8). Si parla qui di violazione del sacro dovere all'ospitalità e non, in primis, di omosessualità?

Sull'omosessulità il riferimento è al Levitico (20,13): "Non giacerai con un ragazzo come con una donna", così traduce Martin Lutero. Si parla di pedofilia e non di omosessualità? Questa è, quanto meno, la tesi che un nostro vecchio compagno, Ettore Cella-Dezza, esponente storico dell'antifascismo gay europeo, illustrò in uno dei suoi ultimi discorsi pubblici, quand'era ormai quasi novantenne (riportiamo il testo qui sotto, sotto il titolo: Con la forza della ragione, con le armi dell'onestà).

________________________________


________________________________

Ettore Cella-Dezza (1913-2004)

________________________________

Ovviamente, si possono comparare le varie lezioni e traduzioni bibliche giungendo a conclusioni diverse circa l'interpretazione dei passi di cui sopra. Resta però che, sempre nel Levitico, si legge anche questo passo: "Se un uomo commette adulterio con la moglie di uno dei suoi connazionali, i due colpevoli devono essere messi a morte" (Lev. 20.10). Questo è scritto, ma più di un Rabbi, già in epoca ellenistica, ha detto che in verità solo chi sia senza peccato può scagliare la prima pietra.

Oggi, nelle democrazie laiche occidentali, vige un consenso abbastanza vasto circa la sfera strettamente privata cui appartengono le preferenze e le pratiche sessuali tra adulti consenzienti, fatto salvo il rispetto dovuto alla lex oltre che alla dignitas (delle persone e delle cariche pubbliche). - La red dell'ADL


IL TESTO


CON LA FORZA DELLA RAGIONE

CON LE ARMI DELL'ONESTÀ

________________________________

Nella città di Frauenfeld, in Svizzera, si tiene da qualche anno il Pink-Apple Filmfestival, rassegna internazionale del cinema gay. Dopo l'intervento all'edizione 2001 da parte del Presidente di turno della Confederazione Elvetica, il socialista Moritz Leuenberger (il quale si rivolse alla platea con un "Care signore e signore, cari signori e signori" che fece il giro del mondo), il discorso ufficiale del 2002 è stato affidato a Ettore Cella-Dezza. Eccone il testo in versione italiana.

________________________________

di Ettore Cella-Dezza

________________________________

Se oggi prendo la parola, qui a Frauenfeld, di fronte a voi, inaugurando il Pink-Apple Filmfestival 2002, penso che l'indubbio onore riservatomi consegua da quattro ragioni che proverò a enumerare. La prima deriva, credo, dal prestigioso Filmpreis assegnatomi dalla Città di Zurigo pochi mesi fa: Zurigo è vicina e nelle sue sale verrà replicato il nostro programma odierno. La seconda ragione sta, forse, nell'esperienza e nel vissuto di un ottantottenne al quale l'età tuttavia non ha ancora tolto per nulla la passione per il proprio lavoro. E permettetemi qui di aggiungere, in terzo luogo, che non si finisce mai d'imparare. In quarto e ultimo luogo vi sono, direi, le mie opinioni sulla sessualità e sull'amore: binomio tutt'oggi controverso, spesso avvolto da dubbie forme d'interesse morboso e quasi universalmente considerato un tabù.

Diciamo subito che a causa di questo tabù l'umanità, o almeno una "minoranza" in essa, vuoi di sesso femminile che di sesso maschile, soffre dai tempi mosaici. Nell'Antico Testamento, e segnatamente nel Levitico, si legge il seguente precetto:

Non giacerai con un ragazzo come con una donna,

ché è cosa abominevole. (Lev. 20.13)

E certamente un siffatto giacere è abominevole: circonvenzione e violenza, comportamenti entrambi che, e a buon diritto, vengono tutt'oggi sanzionati dalla legge. Ma amare esclude ogni circonvenzione e ogni violenza. L'amore è tutt'altra cosa. Sì, io credo che amare sia tutt'altra cosa e credo che nessuno, amando senza circonvenzioni e violenze, possa compiere – o anche solo percepirsi nell'atto di compiere – qualcosa di abominevole. No, davvero, non penso che si possa parlare di abominio quando due persone adulte si amano. E, anzi, se mai qualcuno di voi, care amiche e cari amici, percepisse come abominio l'espressione del proprio amore, sarebbe bene per lei o per lui cercare un qualche aiuto terapeutico.

Nondimeno, fin dai tempi arcaici la storia narra di leggi che vietano e di sanzioni che puniscono l'amore, soprattutto il nostro amore, lo puniscono fino all'estremo supplizio. Toccò attendere la venuta di una cultura intelligente e straordinaria come fu quella greca affinché uno spirito di maggiore libertà incominciasse a soffiare tra gli esseri umani.

Di questa libertà i grandi padri e le grandi madri della cultura greca, nonché del pensiero e della letteratura universali – da Saffo a Socrate, da Platone ad Aristofane a tanti altri – ci hanno lasciato testimonianze per altro perenni. Parlo di capolavori assoluti, che vennero però originariamente concepiti e recepiti nella cornice quotidiana di splendide città e anfiteatri. E permettetemi di sottolineare, con tutto l'orgoglio di un vecchio uomo di spettacolo, che un tratto caratteristico della cultura greca fu proprio la sua dimensione pubblica, simboleggiata dal teatro.

Non a caso fu per effetto dell'onda culturale ellenistica che – dalla Persia alla Tunisia, da Epidauro ad Atene a Siracusa – nacquero teatri grandiosi, che potevano ospitare fino a sedicimila spettatori. Di qui viene la robusta civiltà teatrale dell'Occidente, di qui la capacità del teatro di motivare anche dopo il tramonto delle poleis greche ulteriori generazioni di artisti, e non tra i peggiori, che seppero proseguire su questa via. Di qui nacquero l'entusiasmo e la passione che condussero a edificare altri grandi anfiteatri – a Taormina e a Verona, a Pompei e ad Avenches – dove vennero riproposte le commedie di un Plauto e di un Terenzio, e dove ebbero luogo anche dispute su argomenti di pubblico interesse, agoni di poesia, vere e proprie olimpiadi dello spirito e dell'intelletto.

Nelle egloghe di Virgilio, nelle liriche di Saffo, nei metri e nelle rime di non pochi letterati antichi sopravvivono altissime testimonianze tanto del sentimento amoroso quanto di un'autonomia intellettuale invidiabile.

E poi? Cos'è successo, dopo? Fino a ieri, o all'altro ieri, è successo che l'uno e l'altra, tanto il sentimento quanto l'intelletto, vennero a noi interdetti per lunghi secoli: sia nell'ambito della vita quotidiana, sia in quello della letteratura o del teatro. E la stressa interdizione è valsa, in tempi più recenti, per la televisione, la radio e il cinematografo, giacché – lasciatemelo dire a chiare lettere – è soprattutto di silenzio censorio e non d'altro che sono intessuti a tutt'oggi i nostri media.

Parlo di un silenzio censorio che viene da lontano; che inizia con la traduzione biblica, la cosiddetta "Itala", del 195 d.C. e poi, ancor di più, con la versione approntata da Girolamo nel 392; parlo di un'attitudine censoria e repressiva che inizia insomma con la "cristianizzazione" dell'Occidente; parlo di un processo storico che sicuramente non ebbe luogo all'insegna del comandamento evangelico "ama il prossimo tuo come te stesso", ma che tutt'altrimenti recò in sé il segno curiale e romano di una chiesa ormai totalmente dominata dalla propria sete di potere.

Durante tutta l'epoca tardo-antica e durante tutto il medioevo la chiesa ha letteralmente messo a ferro e a fuoco ogni libertà sessuale. Né, va detto, la pratica della tortura e del rogo cessarono con l'avvento della cosiddetta età umanistica o della cosiddetta età dei lumi. No, care amiche e cari amici, interdizione e persecuzione sempre! Dal passato remoto fino al tempo presente.

La chiesa oggi moltiplica i suoi appelli ovunque affinché tutte le persone di buona volontà servano la pace tramite lo strumento del perdono: Perdona il tuo nemico! Il che mi sembrerebbe un'istanza in sé condivisibile. Ma non pare, in duemila anni, alla chiesa stessa esser mai riuscito di dare seguito a questa sua istanza.

Si grida "pace pace", ma la guerra continua. Perché? Forse perché la chiesa non osa mettere in questione alcuni pseudo-fondamenti sociali della propria dottrina. Certo, anche per una certa incoerenza tra il piano delle parole e quello dei fatti.

"Ama il prossimo tuo come te stesso" – il comandamento evangelico vale sì per tutti, ma, care amiche e cari amici, la chiesa sembra dimenticarsene quando si tratta di certe "minoranze" rispetto alle quali si rimane fermi alle giaculatorie di condanna: "Orsù, figliolo, tu devi... è proibito... è peccato grave!". Insieme al dito alzato, vagamente minaccioso, della morale tradizionale, resta in vigore il monito a non mai turbare il "comune senso del pudore". Tanto più che ciò diffonderebbe solo insicurezza... Meglio, dunque, non parlarne, meglio imbavagliare, stroncare e sopire... Insomma, ecco a voi il tabù.

Fortunatamente, anche all'interno della chiesa, aumenta il novero di religiose e di religiosi – non necessariamente coinvolti nel nostro tema per vicende o travagli personali – che hanno il coraggio e l'onestà di sostenere in santa coscienza una posizione diversa da quella ufficiale, anche al prezzo di venire a loro volta "silenziati".

La ragione di questo breve excursus storico è presto detta: ho voluto, con le mie parole, esemplificare che nonostante tutto e dopo tutto lottare serve, lottare non è affatto una cosa inutile. Se così non fosse, pensiamoci un istante, noi certo non potremmo starcene oggi qui riuniti in questa bella sala della città di Frauenfeld per celebrare un festival del cinema gay. Noi oggi possiamo fare questo in quanto rappresentiamo una minoranza combattiva e aggregante, capace di evolversi e di indurre all'evoluzione anche i nostri media. Rappresentiamo una minoranza che non vuole, né deve più, accettare qualunque prepotenza.

Tutto ciò oggi è possibile qui, nel Paese che ospita questo festival, la Svizzera – e ciò sia detto senz'ombra di vanità o boria nazionale – perché in questo Paese durante lo scorso secolo e anche in quello precedente hanno vissuto personalità che seppero spendere la loro intelligenza nella lotta– e ne cito tre fra tutti: Hösli, Meyer e von Knonau. Così facendo seppero imprimere un impulso all'intera società, pur tra mille sofferenze e al prezzo di sacrifici pagati in prima persona: sofferenze e sacrifici a cui noi, care amiche e cari amici, oggi noi dobbiamo parte della nostra libertà.

Da tutto ciò dobbiamo trarre motivo per proseguire – con mezzi pacifici – la nostra lotta. Con mezzi pacifici: perché non è né con battaglie campali né con altre operazioni di guerra che si risolvono i problemi dell'umanità. Ogni giorno sperimentiamo questa semplice verità, sebbene l'orda militarista non intenda averne contezza. Eppure, le conseguenze della guerra sono – oltre agli immani cumuli di macerie – immani cumuli di menzogne e di paure, di squallori e di miserie, di lutti e di tormenti, di persone care morte e di furiose brame di vendetta. Come non vedere che tutto ciò rischia di alimentare nuove spirali di odio, innescando prima o poi il tragico circolo vizioso di nuove guerre?

A chi vorrebbe tacitarci dicendo che, però, le guerre ci sono sempre state, io rispondo: non lasciatevi incantare da queste parole, non lasciatevi chiudere la bocca, fate che la pace non sia un tabù!

Ecco, bisogna lottare con la forza della ragione, impiegando le armi dell'onestà, della rettitudine e dell'intelligenza. E in tal senso le possibilità offerteci dai mezzi di comunicazione sembrano oggi varie e numerose quanto basta. Ricordiamoci che nella storia non sono mai mancati donne e uomini capaci di raccogliere la sfida della lotta per la libertà e l'emancipazione, anche quando ciò comportava il prezzo di incomparabili sacrifici.

Quanti di loro sono andati incontro alla discriminazione sul lavoro? O alla disoccupazione? O al licenziamento? Quanti sono finiti in carcere? Quanti i morti in un campo di concentramento? O quelli costretti alla fuga per evitare la morte? Quanti vennero indotti alla disperazione e al suicidio? E quanti, ancor oggi, cercano riparo nella folla anonima delle grandi metropoli abbandonando il paese in cui sono nati, essendo per loro impossibile condurvi liberamente un'esistenza minimamente serena?

Vorrei ricordare Magnus Hirschfeld, autore di uno studio scientifico su questo speciale aspetto dell'urbanesimo e fondatore a Berlino di un centro di accoglienza. Lui stesso dovette riparare in Svizzera per evitare la camera a gas.

Vorrei ricordare, in quegli stessi anni, l'attore e scrittore turgoviese Karl Meier, noto anche come "Rolf", che assieme al lavoro portava avanti una coerente militanza culturale antifascista nel cabaret Cornichon; fondò la rivista Kreis come pure l'omonimo centro di cultura, che ebbe vasta risonanza presso l'opinione pubblica di tutto il mondo libero.

Rivoluzionarie e paradigmatiche furono, nel secondo dopoguerra, Rosa von Praunheim, regista di pellicole sfrontate e sconcertanti, un sempre malfamatissimo Rainer Werner Fassbinder e un Pier Paolo Pasolini continuamente bersagliato da querele a causa dei suoi film sessuo-politici che avevano conquistato un vastissimo pubblico, seppure a mio avviso su un piano talvolta meramente voyeuristico.

Infine, per ciò che concerne la letteratura, non intraprendo nemmeno un elenco di tutti quelli che – dopo Whitman e Wilde, da Gide a Cocteau, da Genêt a Sartre a White e Baldini e Vidal e Monicelli e cento altri – hanno contribuito a combattere il pregiudizio.

Ma giunti sin qui, quel che mi preme è sottolineare un punto a mio avviso essenziale: care amiche e cari amici, nella vita non si hanno soltanto dei diritti, ci sono anche i doveri. Che chiedono di essere osservati con coscienziosità, verità e amore.

In molti paesi del mondo il nostro festival non potrebbe avere luogo. In 35 nazioni vige la pena di morte. E durante l'anno 2001 le agenzie di stampa hanno dato notizia di ottantuno tra decapitazioni e lapidazioni di persone accusate di: "omosessualità".

Il cammino da compiere, come si vede, è ancor lungo. Perciò, se un festival cinematografico ci può ben apparire una goccia su una pietra rovente, non di meno lasciateci sperare che, prima o poi, perseverando, anche questa goccia peserà, conterà, contribuirà ad alimentare una pianta fertile che porterà i suoi frutti.

Per noi qui i frutti iniziano anzitutto dalla ricchezza emozionale che il cinema sa regalarci: nel pianto, nel riso e nella riflessione.

Perciò, un grazie a tutti coloro che hanno dedicato le loro energie all'organizzazione di questo Pink Apple Festival di Frauenfeld e che meritano di raccogliere pieno successo. Vi auguro di non mollare mai e di continuare sempre a combattere con intelligenza e con onestà. Grazie della vostra attenzione.


Da: Ettore Cella-Dezza, Nonna Adele, Edizioni dell'Avvenire dei lavoratori, Zurigo 2004, pp. 184-192.

Ettore Cella-Dezza: CON LA FORZA DELLA RAGIONE CON LE ARMI DELL'ONESTÀ

LETTERA

Per voi è meglio il gay Vendola

dell'eterosessuale Berlusconi !

Prendo atto che la sinistra preferisce Vendola la cui particolarità è un peccato (che fu punito da Dio con la distruzione di Sodoma a Gomorra) a Berlusconi (che come altri politici e grandi industriali della presente epoca e come Pontefici e re fatti anche Santi e come i re David e Salomone) preferisce le donne.

A. Paggi, Roma


===========================================

Sodoma verrebbe risparmiata in nome dei "giusti" che eventualmente vi abitassero, e fossero questi "giusti" anche soltanto dieci in tutto: "Non la distruggerò per amore dei dieci" (Genesi 18, 32). La sorte della città è però segnata allorché gli abitanti accerchiano la casa di Lot nel proposito di violentare e uccidere i suoi ospiti "entrati all'ombra del mio tetto" (Gn 19, 8). Si parla qui di violazione del sacro dovere all'ospitalità e non, in primis, di omosessualità?

    Sull'omosessulità il riferimento è al Levitico (20,13): "Non giacerai con un ragazzo come con una donna", così traduce Martin Lutero. Si parla di pedofilia e non di omosessualità? Questa è, quanto meno, la tesi che un nostro vecchio compagno, Ettore Cella-Dezza, esponente storico dell'antifascismo gay europeo, illustrò in uno dei suoi ultimi discorsi pubblici, quand'era ormai quasi novantenne (riportiamo il testo qui sotto, sotto il titolo: Con la forza della ragione, con le armi dell'onestà ).

Ovviamente, si possono comparare le varie lezioni e traduzioni bibliche giungendo a conclusioni diverse circa l'interpretazione dei passi di cui sopra. Resta però che, sempre nel Levitico, si legge anche questo passo: "Se un uomo commette adulterio con la moglie di uno dei suoi connazionali, i due colpevoli devono essere messi a morte" (Lev. 20.10). Questo è scritto, ma più di un Rabbi, già in epoca ellenistica, ha detto che in verità solo chi sia senza peccato può scagliare la prima pietra.

    Oggi, nelle democrazie laiche occidentali, vige un consenso abbastanza vasto circa la sfera strettamente privata cui appartengono le preferenze e le pratiche sessuali tra adulti consenzienti, fatto salvo il rispetto dovuto alla lex oltre che alla dignitas (delle persone e delle cariche pubbliche). -La red dell'ADL



IL TESTO

CON LA FORZA DELLA RAGIONE CON LE ARMI DELL’ONESTÀ

Nella città di Frauenfeld, in Svizzera, si tiene da qualche anno il Pink-Apple Filmfestival, rassegna internazionale del cinema gay. Dopo l’intervento all’edizione 2001 da parte del Presidente di turno della Confederazione Elvetica, il socialista Moritz Leuenberger (il quale si rivolse alla platea con un “Care signore e signore, cari signori e signori” che fece il giro del mondo), il discorso ufficiale del 2002 è stato affidato a Ettore Cella-Dezza. Eccone il testo in versione italiana.

di Ettore Cella-Dezza

Se oggi prendo la parola, qui a Frauenfeld, di fronte a voi, inaugurando il Pink-Apple Filmfestival 2002, penso che l’indubbio onore riservatomi consegua da quattro ragioni che proverò a enumerare. La prima deriva, credo, dal prestigioso Filmpreis assegnatomi dalla Città di Zurigo pochi mesi fa: Zurigo è vicina e nelle sue sale verrà replicato il nostro programma odierno. La seconda ragione sta, forse, nell’esperienza e nel vissuto di un ottantottenne al quale l’età tuttavia non ha ancora tolto per nulla la passione per il proprio lavoro. E permettetemi qui di aggiungere, in terzo luogo, che non si finisce mai d’imparare. In quarto e ultimo luogo vi sono, direi, le mie opinioni sulla sessualità e sull’amore: binomio tutt’oggi controverso, spesso avvolto da dubbie forme d’interesse morboso e quasi universalmente considerato un tabù.

    Diciamo subito che a causa di questo tabù l’umanità, o almeno una “minoranza” in essa, vuoi di sesso femminile che di sesso maschile, soffre dai tempi mosaici. Nell’Antico Testamento, e segnatamente nel Levitico, si legge il seguente precetto:

 

Non giacerai con un ragazzo come con una donna,

ché è cosa abominevole. (Lev. 20.13)

 
E certamente un siffatto giacere è abominevole: circonvenzione e violenza, comportamenti entrambi che, e a buon diritto, vengono tutt’oggi sanzionati dalla legge. Ma amare esclude ogni circonvenzione e ogni violenza. L’amore è tutt’altra cosa. Sì, io credo che amare sia tutt’altra cosa e credo che nessuno, amando senza circonvenzioni e violenze, possa compiere – o anche solo percepirsi nell’atto di compiere – qualcosa di abominevole. No, davvero, non penso che si possa parlare di abominio quando due persone adulte si amano. E, anzi, se mai qualcuno di voi, care amiche e cari amici, percepisse come abominio l’espressione del proprio amore, sarebbe bene per lei o per lui cercare un qualche aiuto terapeutico.

    Nondimeno, fin dai tempi arcaici la storia narra di leggi che vietano e di sanzioni che puniscono l’amore, soprattutto il nostro amore, lo puniscono fino all’estremo supplizio. Toccò attendere la venuta di una cultura intelligente e straordinaria come fu quella greca affinché uno spirito di maggiore libertà incominciasse a soffiare tra gli esseri umani.

    Di questa libertà i grandi padri e le grandi madri della cultura greca, nonché del pensiero e della letteratura universali – da Saffo a Socrate, da Platone ad Aristofane a tanti altri – ci hanno lasciato testimonianze per altro perenni. Parlo di capolavori assoluti, che vennero però originariamente concepiti e recepiti nella cornice quotidiana di splendide città e anfiteatri. E permettetemi di sottolineare, con tutto l’orgoglio di un vecchio uomo di spettacolo, che un tratto caratteristico della cultura greca fu proprio la sua dimensione pubblica, simboleggiata dal teatro.

    Non a caso fu per effetto dell’onda culturale ellenistica che – dalla Persia alla Tunisia, da Epidauro ad Atene a Siracusa – nacquero teatri grandiosi, che potevano ospitare fino a sedicimila spettatori. Di qui viene la robusta civiltà teatrale dell’Occidente, di qui la capacità del teatro di motivare anche dopo il tramonto delle poleis greche ulteriori generazioni di artisti, e non tra i peggiori, che seppero proseguire su questa via. Di qui nacquero l’entusiasmo e la passione che condussero a edificare altri grandi anfiteatri – a Taormina e a Verona, a Pompei e ad Avenches – dove vennero riproposte le commedie di un Plauto e di un Terenzio, e dove ebbero luogo anche dispute su argomenti di pubblico interesse, agoni di poesia, vere e proprie olimpiadi dello spirito e dell’intelletto.

    Nelle egloghe di Virgilio, nelle liriche di Saffo, nei metri e nelle rime di non pochi letterati antichi sopravvivono altissime testimonianze tanto del sentimento amoroso quanto di un’autonomia intellettuale invidiabile.

    E poi? Cos’è successo, dopo? Fino a ieri, o all’altro ieri, è successo che l’uno e l’altra, tanto il sentimento quanto l’intelletto, vennero a noi interdetti per lunghi secoli: sia nell’ambito della vita quotidiana, sia in quello della letteratura o del teatro. E la stressa interdizione è valsa, in tempi più recenti, per la televisione, la radio e il cinematografo, giacché – lasciatemelo dire a chiare lettere – è soprattutto di silenzio censorio e non d’altro che sono intessuti a tutt’oggi i nostri media.

    Parlo di un silenzio censorio che viene da lontano; che inizia con la traduzione biblica, la cosiddetta “Itala”, del 195 d.C. e poi, ancor di più, con la versione approntata da Girolamo nel 392; parlo di un’attitudine censoria e repressiva che inizia insomma con la “cristianizzazione” dell’Occidente; parlo di un processo storico che sicuramente non ebbe luogo all’insegna del comandamento evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso”, ma che tutt’altrimenti recò in sé il segno curiale e romano di una chiesa ormai totalmente dominata dalla propria sete di potere.

    Durante tutta l’epoca tardo-antica e durante tutto il medioevo la chiesa ha letteralmente messo a ferro e a fuoco ogni libertà sessuale. Né, va detto, la pratica della tortura e del rogo cessarono con l’avvento della cosiddetta età umanistica o della cosiddetta età dei lumi. No, care amiche e cari amici, interdizione e persecuzione sempre! Dal passato remoto fino al tempo presente.

    La chiesa oggi moltiplica i suoi appelli ovunque affinché tutte le persone di buona volontà servano la pace tramite lo strumento del perdono: Perdona il tuo nemico! Il che mi sembrerebbe un’istanza in sé condivisibile. Ma non pare, in duemila anni, alla chiesa stessa esser mai riuscito di dare seguito a questa sua istanza.

    Si grida “pace pace”, ma la guerra continua. Perché? Forse perché la chiesa non osa mettere in questione alcuni pseudo-fondamenti sociali della propria dottrina. Certo, anche per una certa incoerenza tra il piano delle parole e quello dei fatti.

     “Ama il prossimo tuo come te stesso” – il comandamento evangelico vale sì per tutti, ma, care amiche e cari amici, la chiesa sembra dimenticarsene quando si tratta di certe “minoranze” rispetto alle quali si rimane fermi alle giaculatorie di condanna: “Orsù, figliolo, tu devi... è proibito... è peccato grave!”. Insieme al dito alzato, vagamente minaccioso, della morale tradizionale, resta in vigore il monito a non mai turbare il “comune senso del pudore”. Tanto più che ciò diffonderebbe solo insicurezza... Meglio, dunque, non parlarne, meglio imbavagliare, stroncare e sopire... Insomma, ecco a voi il tabù.

    Fortunatamente, anche all’interno della chiesa, aumenta il novero di religiose e di religiosi – non necessariamente coinvolti nel nostro tema per vicende o travagli personali – che hanno il coraggio e l’onestà di sostenere in santa coscienza una posizione diversa da quella ufficiale, anche al prezzo di venire a loro volta “silenziati”.

    La ragione di questo breve excursus storico è presto detta: ho voluto, con le mie parole, esemplificare che nonostante tutto e dopo tutto lottare serve, lottare non è affatto una cosa inutile. Se così non fosse, pensiamoci un istante, noi certo non potremmo starcene oggi qui riuniti in questa bella sala della città di Frauenfeld per celebrare un festival del cinema gay. Noi oggi possiamo fare questo in quanto rappresentiamo una minoranza combattiva e aggregante, capace di evolversi e di indurre all’evoluzione anche i nostri media. Rappresentiamo una minoranza che non vuole, né deve più, accettare qualunque prepotenza.

    Tutto ciò oggi è possibile qui, nel Paese che ospita questo festival, la Svizzera – e ciò sia detto senz’ombra di vanità o boria nazionale – perché in questo Paese durante lo scorso secolo e anche in quello precedente hanno vissuto personalità che seppero spendere la loro intelligenza nella lotta– e ne cito tre fra tutti: Hösli, Meyer e von Knonau. Così facendo seppero imprimere un impulso all’intera società, pur tra mille sofferenze e al prezzo di sacrifici pagati in prima persona: sofferenze e sacrifici a cui noi, care amiche e cari amici, oggi noi dobbiamo parte della nostra libertà.

    Da tutto ciò dobbiamo trarre motivo per proseguire – con mezzi pacifici – la nostra lotta. Con mezzi pacifici: perché non è né con battaglie campali né con altre operazioni di guerra che si risolvono i problemi dell’umanità. Ogni giorno sperimentiamo questa semplice verità, sebbene l’orda militarista non intenda averne contezza. Eppure, le conseguenze della guerra sono – oltre agli immani cumuli di macerie – immani cumuli di menzogne e di paure, di squallori e di miserie, di lutti e di tormenti, di persone care morte e di furiose brame di vendetta. Come non vedere che tutto ciò rischia di alimentare nuove spirali di odio, innescando prima o poi il tragico circolo vizioso di nuove guerre?

    A chi vorrebbe tacitarci dicendo che, però, le guerre ci sono sempre state, io rispondo: non lasciatevi incantare da queste parole, non lasciatevi chiudere la bocca, fate che la pace non sia un tabù!

    Ecco, bisogna lottare con la forza della ragione, impiegando le armi dell’onestà, della rettitudine e dell’intelligenza. E in tal senso le possibilità offerteci dai mezzi di comunicazione sembrano oggi varie e numerose quanto basta. Ricordiamoci che nella storia non sono mai mancati donne e uomini capaci di raccogliere la sfida della lotta per la libertà e l’emancipazione, anche quando ciò comportava il prezzo di incomparabili sacrifici.

    Quanti di loro sono andati incontro alla discriminazione sul lavoro? O alla disoccupazione? O al licenziamento? Quanti sono finiti in carcere? Quanti i morti in un campo di concentramento? O quelli costretti alla fuga per evitare la morte? Quanti vennero indotti alla disperazione e al suicidio? E quanti, ancor oggi, cercano riparo nella folla anonima delle grandi metropoli abbandonando il paese in cui sono nati, essendo per loro impossibile condurvi liberamente un’esistenza minimamente serena?

    Vorrei ricordare Magnus Hirschfeld, autore di uno studio scientifico su questo speciale aspetto dell’urbanesimo e fondatore a Berlino di un centro di accoglienza. Lui stesso dovette riparare in Svizzera per evitare la camera a gas.

    Vorrei ricordare, in quegli stessi anni, l’attore e scrittore turgoviese Karl Meier, noto anche come “Rolf”, che assieme al lavoro portava avanti una coerente militanza culturale antifascista nel cabaret Cornichon; fondò la rivista Kreis come pure l’omonimo centro di cultura, che ebbe vasta risonanza presso l’opinione pubblica di tutto il mondo libero.

    Rivoluzionarie e paradigmatiche furono, nel secondo dopoguerra, Rosa von Praunheim, regista di pellicole sfrontate e sconcertanti, un sempre malfamatissimo Rainer Werner Fassbinder e un Pier Paolo Pasolini continuamente bersagliato da querele a causa dei suoi film sessuo-politici che avevano conquistato un vastissimo pubblico, seppure a mio avviso su un piano talvolta meramente voyeuristico.

    Infine, per ciò che concerne la letteratura, non intraprendo nemmeno un elenco di tutti quelli che – dopo Whitman e Wilde, da Gide a Cocteau, da Genêt a Sartre a White e Baldini e Vidal e Monicelli e cento altri – hanno contribuito a combattere il pregiudizio.

    Ma giunti sin qui, quel che mi preme è sottolineare un punto a mio avviso essenziale: care amiche e cari amici, nella vita non si hanno soltanto dei diritti, ci sono anche i doveri. Che chiedono di essere osservati con coscienziosità, verità e amore.

    In molti paesi del mondo il nostro festival non potrebbe avere luogo. In 35 nazioni vige la pena di morte. E durante l’anno 2001 le agenzie di stampa hanno dato notizia di ottantuno tra decapitazioni e lapidazioni di persone accusate di: “omosessualità”.

Il cammino da compiere, come si vede, è ancor lungo. Perciò, se un festival cinematografico ci può ben apparire una goccia su una pietra rovente, non di meno lasciateci sperare che, prima o poi, perseverando, anche questa goccia peserà, conterà, contribuirà ad alimentare una pianta fertile che porterà i suoi frutti.

    Per noi qui i frutti iniziano anzitutto dalla ricchezza emozionale che il cinema sa regalarci: nel pianto, nel riso e nella riflessione.

    Perciò, un grazie a tutti coloro che hanno dedicato le loro energie all’organizzazione di questo Pink Apple Festival di Frauenfeld e che meritano di raccogliere pieno successo. Vi auguro di non mollare mai e di continuare sempre a combattere con intelligenza e con onestà. Grazie della vostra attenzione.

Da: Ettore Cella-Dezza, Nonna Adele, Edizioni dell'Avvenire dei lavoratori, Zurigo 2004, pp. 184-192.
       

sabato 12 febbraio 2011

Per battere la Moratti, UN'ITALIA SENZA RE NÉ CORTIGIANI

Sindaco di Milano:

Per battere la Moratti


________________________________

Lettera aperta di SEL ai rappresentanti

delle forze politiche del centrosinistra

________________________________

Il sindaco Moratti ha cominciato a dare i numeri. Quelli del sondaggio di Ghisleri, abbondantemente taroccato dall'aver contato due volte i voti delle liste civiche collegate a Letizia.

E' un segnale di debolezza interessante quello che si spaccia per forza, vittoria al primo turno con il 52% dei consensi. E' la conferma di quanto andiamo sostenendo da tempo ovvero che l'alternativa e Giuliano Pisapia a Milano questa volta ce la possono fare.

Dopo lo straordinario confronto delle elezioni primarie, con i suoi pregi e i suoi inevitabili strascichi l'Officina del programma è in moto, frequentata da iscritti ai partiti e da centinaia di cittadini fuori da quelle organizzazioni. Depositerà la prima veste del cambiamento possibile per la città dopo diciassette anni di governo del centrodestra, un semilavorato dal carattere ampio e partecipato.

Per cambiare, per concretizzare quello sforzo e farlo uscire dal regno del possibile verso il reale dobbiamo però, banalmente, vincere le elezioni di maggio.

Per farlo credo che proprio i partiti, la parte certamente più organizzata che sostiene lo sforzo di Pisapia, debbano fare qualcosa in più. Per vincere non basta conseguire il miglior risultato possibile per la propria lista ma occorre sostenere la coralità di una coalizione. Darle un profilo visibile, costruire la percezione di un percorso e di un futuro governo di Milano dal carattere collegiale.

L'unità di intenti necessita di strumenti adeguati che ancora non ci sono. Occorre a mio avviso costruirli con la coscienza che la nostra coalizione porta con se un valore aggiunto in più rispetto alla somma delle singole parti, che può avere una vita propria in grado di pesare nelle urne di primavera.

I numeri del sondaggio tentano di occultare la debolezza relativa del centrodestra milanese e maggiormente della sua candidata, convinta di riempire le crepe nel suo consenso con una smisurata cascata di denaro investita nella campagna elettorale, qualche decina di euro per ogni potenziale elettore. Noi non possiamo e non vogliamo competere in quella direzione, quella di una democrazia resa obliqua dai grandi patrimoni di famiglia.

Possiamo però indicare un'altra strada nel far vivere la coalizione del centrosinistra come un vero e proprio soggetto politico, premonizione del metodo con cui lavorerà il prossimo governo cittadino.

________________________________

Daniele Farina

Sinistra Ecologia Libertà di Milano


UN'ITALIA SENZA

RE NÉ CORTIGIANI

________________________________

Il Coordinamento di Sinistra Ecologia Libertà in Svizzera, nell'interpretare i sentimenti di sdegno diffusi nella Comunità italiana per gli scandali che coinvolgono il capo del governo, rivolge, con una sua nota, l' appello ai connazionali a mobilitarsi per le dimissioni di Silvio Berlusconi e per rivendicare un profondo rinnovamento civile e sociale del nostro Paese.

Nel corso della riunione tenutasi a Zurigo lo scorso fine settimana il Coordinamento di SEL ha ribadito la necessità di continuare a lavorare per il progetto di una Sinistra Italiana in Svizzera capace di dare risposte a diversi ordini di questioni:

• le tematiche dei diritti dei migranti e della cittadinanza contro le tendenze xenofobe e isolazionistiche sempre più pericolose e diffuse in questo Paese per questo va costruito un fronte comune delle forze progressiste con lo scopo di contrastare l'ondata di destra che abbatte ogni principio di solidarietà e di dialogo interculturale;

• una nuova politica per gli italiani all'estero, che punti a qualificare e concentare gli interventi su alcuni servizi essenziali relativi alla rete consolare e alla diffusione della lingua e cultura, superando logiche assistenziali e clientelari, che caratterizzano anche alcune organizzazioni del centrosinistra;

• una presenza che sappia intercettare bisogni e potenzialità che derivano dalla nuova emigrazione giovanile ed universitaria, di cui si constata una presenza significativa anche in Svizzera.

La necessità di una forte iniziativa sulle politiche degli italiani in Svizzera è avvertita tanto più perché l'attuale rappresentanza parlamentare degli italiani all'estero si dimostra in molti casi inadeguata e incapace di coordinare la propria iniziativa intorno ad una proposta comune e condivisa.

SEL in Svizzera intende contribuire ad un rinnovamento dei modi di far politica anche entrando in relazione con altre realtà, per lo più giovanili, che in modo del tutto autonomo stanno promuovendo una nuova cultura della sinistra anche tra la nostra collettività. In questo senso la partecipazione al nostro dibattito di alcuni promotori della « Fabbrica di Nichi » di Zurigo è un segnale incoraggiante che va nel senso dell' innovazione della politica.

Un'importante iniziativa comune saranno le giornate di riflessione e di discussione sui temi della mafia e sulle implicazioni di questo fenomeno nelle comunità italiane all'estero, che terremo a Zurigo e Basilea nel prossimo mese di marzo.

________________________________

C'È UN'ITALIA MIGLIORE

SENZA RE NÉ CORTIGIANI

________________________________

La comunità italiana in Svizzera avverte con particolare acutezza lo sdegno per il degrado morale e civile in cui è piombato il nostro Paese. Gli scandali in cui è implicato Silvio Berlusconi sono l'ennesima espressione di un modello politico basato sulla spregidicata commistione di sesso, soldi e potere : un modello che ha ridotto la politica italiana a un vergognoso mercimonio, allontanando sempre di più l'Italia dalle più moderne e mature democrazie europee! Anche l'opinione pubblica svizzera si chiede e ci chiede sempre più insistentemente come sia possibile che un Paese di grande civiltà sia così gravemente decaduto e perchè l'Italia non tardi a liberarsi di un leader di governo così palesemente compromesso negli scandali.

Come espressione degli italiani all'estero vogliamo e dobbiamo dimostrare che vi è un'altra Italia: un'Italia onesta, pulita, che intende la politica come servizio e come espressione di una democrazia ricca e partecipata. Berlusconi non ci rappresenta!

Per questo non basta auspicare, come è giusto, che la magistratura faccia il suo corso e chiarisca tutti gli elementi di reato riscontrati nelle vicende che riguardano il premier. Dobbiamo far sentire la nostra voce per affermare la necessità di un cambiamento. La premessa per restituire decoro e dignità al nostro Paese è che Silvio Berlusconi si dimetta! A partire da questo atto chiarificatore occorre poi avviare una lunga fase di rinnovamento sociale e civile dell'Italia, che liberi le coscienze dai modelli culturali che anni di berlusconismo e di cultura televisiva hanno diffuso nella società italiana.

Per manifestare il nostro grido contro Berlusconi e per rivendicare il cambiamento, rivolgiamo un appello a partecipare alle varie manifestazioni che si terranno anche in Svizzera nelle prossime settimane.

In particolare invitiamo tutti a partecipare alla manifestazione «C'è un Italia migliore … senza re né cortigiani», che si terrà sabato 12 febbraio 2011 alle ore 11 davanti al Consolato Generale d'Italia a Zurigo.

________________________________

Sinistra Ecologia Libertà - Svizzera

mercoledì 9 febbraio 2011

Sì agli eurobond

Economia
a cura di ItaliaOggi

Sono uno scudo all'economia debole

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)
e Paolo Raimondi, Economista

Secondo alcuni recenti studi, suffragati anche dai dati della Banca per i Regolamenti Internazionali (Bri), nel 2009 il mercato obbligazionario mondiale ha raggiunto i 91 trilioni di dollari. C'è stata una crescita del 10% rispetto all'anno precedente. Non vi sono ancora calcoli precisi per il 2010, ma l'aumento dovrebbe essere ragguardevole.

    Ormai questo mercato è diventato una grande fonte sistemica di finanziamento. Circa il 70%, pari a 64 trilioni, è costituito da obbligazioni emesse all'interno dei vari paesi. Per il restante 30% invece sono bond internazionali, tra cui quelli sottoscritti nei paradisi fiscali.

    Globalmente nel 2009 sono state emesse nuove obbligazioni per 6,8 trilioni di dollari per tappare i buchi di bilancio delle banche e degli stati, i cui debiti pubblici sono cresciuti per finanziare le operazioni di salvataggio del sistema bancario.

    Secondo l'Ocse, nel 2010, tra rifinanziamenti di obbligazioni in scadenza e nuovi titoli, nel mondo sarebbero stati emessi bond di debito pubblico per 16 trilioni di dollari! C'è stato un aumento di ben 4 trilioni rispetto al 2008. Esso è stato determinato dal fatto che nei paesi industrializzati il rapporto debito pubblico/Pil è passato mediamente dal 78% del 2006 a oltre il 100% del 2010.

    Si evidenzia che dei complessivi 64 trilioni citati, il 39% riguarda gli Usa, il 18% il Giappone e il 20% l'intera zona dell'euro. Purtroppo, 10 trilioni di bond americani si basano su ipoteche e in parte, circa 1,4 trilioni di dollari, sui mutui subprime speculativi.

    Complessivamente trattasi di quantitativi enormi che rivelano la malattia e la debolezza dell'intero sistema finanziario. Ci si chiede perché, rispetto alle differenti situazioni geo economiche citate, sotto tiro della speculazione siano i debiti pubblici dei paesi dell'euro e non i Treasury bond e le altre obbligazioni americani.

    Lungi da noi l'intento di voler ignorare le responsabilità dell'Europa e le sue urgenti correzioni alla sua politica economica. Ma non si comprende l'agitazione dei mercati sulla solvibilità della Grecia, o dell'Irlanda, che pur avendo rispettivamente un debito totale di 236 e di 867 miliardi di dollari (dati Bri d qualche mese fa), hanno però un'economia reale sottostante abbastanza funzionante. Stranamente l'accanimento di “lor signori” non riguarda il trilione e mezzo di dollari di mutui subprime inesigibili.

    I grandi operatori finanziari internazionali, capitanati dalle 5 banche americane dominanti, puntano di volta in volta le loro scommesse contro una delle pedine europee più deboli, consapevoli evidentemente della non coesione nelle politiche economiche e finanziarie e di confronto alla speculazione dell'Ue.

    A fronte di tutto ciò si ripropone con forza la necessità di far ricorso agli eurobonds, come risposta difensiva e come misura di rilancio dell'economia. La proposta di Giulio Tremonti e Jean-Claude Juncker di emettere obbligazioni europee per rimpiazzare titoli di debito pubblico dei paesi dell'Ue in quantità non superiore al 40% del loro Pil è valida.

    Non si tratta di creare nuovo debito, ma di fornire uno scudo più robusto al debito pubblico dei paesi europei impegnati in politiche di risanamento dei loro conti pubblici. Contrariamente a quanti temono un allentamento nel rigore di bilancio degli stati più indebitati, questi sarebbero messi in condizione di operare con maggior sicurezza e continuità nella realizzazione delle loro politiche correttive.

    La stessa Germania, oggi non del tutto d'accordo con gli eurobonds, avrebbe il vantaggio di ridurre la propria quota nel fondo di salvataggio, garantendo così anche le banche tedesche pesantemente esposte nei confronti della Grecia, dell'Irlanda del Portogallo e della Spagna per oltre 520 miliardi di dollari.

    Gli oppositori degli eurobond sono invece tra i più facinorosi sostenitori della politica del «quantitative easing» della Bce. Tale politica, con la immissione di nuova liquidità, ricalca la vecchia strada monetaria che avvantaggerebbe il sistema bancario internazionale, creando nel contempo una spinta inflattiva.

    Si ricordi che già nel 1993 Jacques Delors propugnava gli Union Bond europei per finalizzarli alla produzione di ricchezza reale e all'aumento dell'occupazione attraverso la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e di innovazione tecnologica nei settori dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, della ricerca, ecc.

    Noi riteniamo che gli eurobond siano le due facce della stessa medaglia, una che protegge dalla speculazione e l'altra che favorisce la crescita economica per aiutare l'Ue a uscire dalla pericolosa impasse in cui oggi si trova.        

martedì 1 febbraio 2011

Perchè ci si tiene come Primo Ministro Berlusconi?

LETTERE


In merito all'editoriale della scorsa settimana (Tre o quattro modesti auspici per il 150° annovai al sito)

Sicuramente perchè dal punto di vista elettorale non c'è un progetto di società e un coerente programma credibile da parte dell'opposizione.

    Ma dal punto di vista culturale è impressionante il non concentrare su quello che ritengo il principale motivo di preoccupazione al di là dei problemi morali ed etici.

    La cultura che si è radicata è quella di non più riconoscere la separazione tra privato e pubblico, di cui il conflitto d'interessi è uno degli effetti. 

    La telefonata alla Questura, le donazioni di denaro e l'uso delle tre abitazioni riconosciute luoghi pubblici istituzionali (Villa Certosa, Arcore e Palazzo Grazioli) sono indice del mancato riconoscimento della divisione tra pubblico e privato o addirittura di anteporre il privato al pubblico che giustifica anche il non rispetto delle regole se sono in contrasto coll'interesse privato.

    Anche se telefonata, donazioni e uso delle abitazioni fossero motivati da buone e serie ragioni private, un uomo pubblico e quindi anche il Primo Ministro, non è autorizzato a compiere tali atti.

    Altri esempi l'uso privato improprio di uomini della scorta, remunerata da fondi pubblici, e la possibilità di far eleggere in Parlamento avvocati per la propria difesa personale retribuiti anch'essi con fondi pubblici.

    Se l'opposizione vuole proporsi come promotore di una nuova stagione politica, deve creare una cultura dove questa distinzione è chiara e che è in prospettiva nell'interesse di tutti.

    Sulle proposte - Condivido molto la proposta di un salario di cittadinanza minimo, per chi non trova non per sua responsabilità lavoro, ma che ha il dovere mettersi a disposizione in occasione di progetti di formazione o eventuali proposte lavorative, caratteristaca di società che risolve il conflitto sociale e conteporaneamente la dignità di ogni persona riconoscendone come cittadino diritti e doveri. Non solo ma dal punto di vista economico garantisce un volano alla sua evoluzione, consente quella flessibilità del lavoro necessaria, particolarmente all'attività privata, a rendere efficiente e efficace la gestione e permette più facilmente il riconoscimento anche economico del merito  e del rischio perchè una vita dignitosa comunque è garantita.

    Ciò che invece non condivido è la proposta per abbattere il debito pubblico perchè è un' una tantum e non strutturale. La lotta all'evasione fiscale, condotta anche gradualmente con un ben preciso piano ed una riforma fiscale,  e quella alla corruzione permetterebbe di recuperare ogni anno 100-150 e 60 MLD rispettivamente, che permetterebbero non solo di ridurre il debito pubblico in un ragionevole numero di anni ma di mettere a disposizione fondi necessari per il salario di cittadinanza, gli investimenti infrastrutturali, la conservazione dei beni artistici, grande risorsa dell siatema Italia, e ricerca in particolare di base.

Giancarlo Meda


Grazie del prezioso contributo al dibattito e delle osservazioni, che ci paiono molto sensate. Ma non si parla di strumenti ordinari, quel che occorre è un'idea di società. – La red dell'ADL 

Perchè non rifondate il PSI, quello vero?

Grazie dell'ADL. Vorrei sapere perche non fondate di nuovo il partito socialista, quello vero, e togliere di mezzo i vari Cicchitto e Stefania Craxi.

Lettera firmata


L'Unione Socialista Italiana nella Svizzera è nata a Zurigo il 17 febbraio del 1894 ed esiste da allora senza soluzioni di continuità. In certe epoche storiche ha garantito la continuità organizzativa necessaria a rifondare il PSI, quello vero. La questione socialista, però, non riguarda solo gli ex dirigenti, finiti qua e là, ma anche tutti gli abitanti di un "paese senza". – La red dell'ADL    

Taccuino di un vecchio sporcaccione

Taccuino di un vecchio sporcaccione è un libro in gran parte autobiografico del grande autore Charles Bukowsky. Tra Bukowsky e Berlusconi qualcosa in comune c’è. Bukowsky conduce un’esistenza in perenne conflitto con il mondo; alcol, droga gioco d’azzardo e donne di facili costumi costellano il suo vivere quotidiano; egli è consapevole di tutto ciò, e non ne fa assolutamente segreto, anzi ne canta l’intrinseca poesia. Berlusconi è un vecchio sporcaccione, e il suo potere una logica conseguenza che ha radici lontanissime. È riuscito nel tempo a comprarsi praticamente tutto, la malavita organizzata, la Chiesa, la Tv e giornali e dulcis in fundo anche il PD. Un precursore dei tempi, ha reinvetato di sana pianta il governare in modo  autoritario.

    Noi eravamo abituati ai classici golpe stile anni 60 e 70, dove un personaggio oscuro con l’appoggio dei servizi segreti americani o sovietici, prendeva il potere manu militari.

    Berlusconi non ha un potere militare, lui è la caricatura del potere. Chi ha spianato la strada a questo individuo, mai porteva immaginare di giungere a cotanto successo; e ora anche i suoi giullari ed eunùchi incutono timore ai più.

    Il popolo nostrano legge molto poco, e il re lo sa benissimo. Questo enorme scompenso culturale è stata la sua arma vincente. Il popolo sembra sintonizzato in questa metafisica dimensione del re. Con lui al potere lo spettacolo è garantito. Tutto diventa lirica e poesia. Come in Bukowsky. In questo caso si tratta però di un vecchio sporcaccione, indagato addirittura per reati contro minori.

Enzo Muriella  

Boom futures commodities . . .A monte delle rivolte per il pane

Economia
a cura di ItaliaOggi

Speculano senza freni. Prezzi alimentari alle stelle per i poveri: i mostri di cui parla Tremonti mutano davvero come in un videogioco, mentre le decisioni per eliminarli tardano.

Le drammatiche rivolte del pane nei paesi del Nord Africa e altrove ci catapultano nuovamente nell'emergenza economica e sociale globale. Ci ricordano con violenza che il «business as usual», ritornato imperante nei centri della finanza e della geopolitica, è una pericolosa illusione con riverberi devastanti negli assetti interni agli stati e tra gli stati.

    Certamente vi sono più chiavi di lettura per le sollevazioni sociali in corso. Una cosa però è certa: i prezzi dei generi alimentari primari sono schizzati alle stelle, falcidiando i miseri bilanci degli strati sociali più poveri e più deboli di molti paesi, soprattutto di quelli in via di sviluppo.

    Non si può dire che ciò dipende dal gioco della domanda e dell'offerta, in quanto la prima è globalmente diminuita e la seconda è rimasta relativamente stabile.

    Infatti un recente studio dell'Ocse prevede, in una situazione di stabilità e di crescita economica e demografica futura, un aumento dei prezzi alimentari del 40% solo alla fine del 2020. Ciò per effetto della crescente domanda della Cina e dei paesi emergenti e per il contemporaneo aumento della produzione di biocarburanti, a spese dei terreni coltivabili destinabili alla produzione di cibo.

    È la seconda volta in tre anni che la speculazione, soprattutto quella in futures e altri derivati legati alle commodities, materie prime e prodotti alimentari, sta sconvolgendo il mondo. A dicembre 2010 il food price index mensile ha raggiunto 214,7 punti. Siamo tornati ai livelli del giugno 2008 quando esso era di 213,5. Si ricordi che a giugno del 2000 era di soli 87,5 punti.

    Infatti nei mesi a cavallo del 2007-8 i prezzi del grano erano aumentati dell' 80% rispetto a quelli di un anno prima, quelli del mais del 90%, quelli del riso del 320%, e via dicendo. Como noto, vi furono rivolte del pane in 30 nazioni del sud del Mondo. All'improvviso 200 milioni di persone, soprattutto bambini, persero le magre razioni di cibo e videro lo spettro della fame.

    I dati della Fao registrarono un aumento di 100 milioni di persone povere e malnutrite che così raggiunsero il miliardo.Allora le solite 10 banche dei derivati più alcuni potenti hedge fund, fecero a gara per moltiplicare i contratti futures sulle commodities.

    È ormai evidente che non si commercia più soltanto in merci reali, che si possono eventualmente proteggere dai rischi di fluttuazione dei prezzi con una singola assicurazione-derivato. Invece si costruiscono e vendono contratti finanziari derivati in enormi quantità il cui riferimento ai prodotti sottostanti è puramente virtuale.

    Nel 2008, dopo la fiammata inflattiva, i prezzi dei beni alimentari tornarono a scendere. Per due ragioni. La crisi bancaria negli Usa richiedeva di dirottare le finanze a copertura di perdite subite in altri campi come quello immobiliare e gli speculatori avevano deciso che era arrivato il momento di speculare al ribasso.

    La commodity petrolio è emblematica. I dati ufficiali, molti precisi, forniti nel 2009 in varie audizioni della Cftc, Commodity futures trading commission americana sono eloquenti. I future sul petrolio trattano giornalmente 1 miliardo di barili, mentre la produzione reale mondiale è di 85 milioni di barili di petrolio al giorno! Nel 1998 la parte speculativa dei mercati petroliferi era del 25%, nel 2008 era già salita al 65%. In dimensioni differenti la stessa cosa è successa anche per i prodotti alimentari e per le altre materie prime.

    I fautori della bontà dei derivati finanziari raccontano la favola che questi prodotti risolverebbero la mancanza di liquidità che potrebbe rallentare i mercati. E' esattamente il contrario! L'enorme liquidità immessa nel sistema dalle banche centrali, in aggiunta alla circolazione dei derivati finanziari, scarica tutta la sua potenza distruttrice sui mercati delle commodities.

    Nei mesi passati molti governi hanno denunciato la pericolosità dei derivati sui prodotti alimentari. Il commissario europeo per il mercato interno, Michel Barnier, ha gridato contro lo scandalo della speculazione sulle commodities invitando il parlamento europeo a prendere delle contromisure. Recentemente Nicolas Sarkozy ha posto la lotta contro questo tipo di speculazione al centro del suo programma di presidenza del G20.

    I mostri di cui parla il ministro dell'economia Giulio Tremonti mutano sempre pelle e sono in aumento, mentre le decisioni per eliminarli tardano.

    Certo le buone intenzioni sono tante, ma intanto, mentre nei paesi del Nord Africa le rivolte per il pane, il lavoro e la libertà divampano, da noi l'inflazione sta tornando a farsi minacciosa.