mercoledì 13 aprile 2016

La denuncia dei lavoratori e pensionati truffati nel caso della Cooperativa Deposito Locomotive Roma San Lorenzo

“Mafia Capitale”

 

Lettera  aperta al Presidente della Repubblica

 

La denuncia dei lavoratori e pensionati truffati nel caso della Cooperativa Deposito Locomotive Roma San Lorenzo

 

Egregio signor Presidente, siamo cittadini italiani che da sempre  hanno creduto nel sistema cooperativistico,  quale strumento attuativo dell’economia etica, quell’economia che abbiamo ritenuto  e riteniamo tutt’oggi  un valido e concreto correttivo agli eccessi del capitalismo.

    Apparteniamo all’ormai folto stuolo di soci delle Cooperative  che ha condiviso i principi della solidarietà e dell’economia etica , ma che è  stato tradito e anche notevolmente danneggiato dagli organi politici e persino dalle stesse  Istituzioni, dalle quali per legge, avrebbe dovuto essere tutelato.

    I fatti sono ormai ben noti e riguardano i sempre più numerosi provvedimenti di Liquidazione Coatta Amministrativa a cui sono state  sottoposte moltissime Cooperative cadute nel baratro finanziario, con l’inevitabile grave danno economico per i soci aderenti.

    Chi Le scrive, signor  Presidente,  apparteneva alla Compagine sociale della Cooperativa Edilizia Deposito Locomotive Roma San Lorenzo,  un’antica Società tra ferrovieri  che ha assicurato per anni migliaia di abitazioni  a tante famiglie di lavoratori, contribuendo fattivamente non solo alla loro evoluzione  sociale , ma anche allo sviluppo economico dell’intera collettività.

    In questa Cooperativa abbiamo creduto e ad essa  abbiamo affidato  tutti i nostri  risparmi, certi che avremmo raggiunto  l’obbiettivo di ottenere la casa di proprietà per il nostro nucleo familiare, ma anche che avremmo contribuito a consolidare il sistema cooperativistico, fondato sui principi dell’economia sociale priva di finalità lucrative.

    Ma il sogno si è infranto a causa del fallimento della Cooperativa , sopraggiunto quasi improvvisamente, lasciandoci non solo attoniti e increduli , ma soprattutto feriti  nell’orgoglio di lavoratori, che da sempre hanno creduto nei valori della Costituzione Italiana.

    Oltre al notevole danno materiale, infatti, abbiamo dovuto patire l’umiliazione per avere appreso che la nostra Cooperativa intratteneva rapporti illeciti con alcuni personaggi  arrestati nell’inchiesta denominata Mafia Capitale; per avere appreso che Istituzioni  locali hanno instaurato controversie sui terreni da assegnare alla Cooperativa, ciò facendo per mere speculazioni politiche e forse anche economiche , assolutamente incuranti del gravissimo danno arrecato ai soci; per avere appreso che, nonostante la grande quantità di danaro versata dai soci le erogazioni dei mutui, forse irregolarmente concessi dalle Banche ,gli amministratori non solo non hanno realizzato le case, ma addirittura hanno lasciato le casse della Cooperativa inspiegabilmente vuote.

    Tante domande ci siamo poste, sig. Presidente, per cominciare  quelle inerenti ai percorsi dei flussi finanziari  e della loro  destinazione, per finire quella del ruolo della politica e delle stesse Istituzioni , entrambe  ben presenti nel momento della “raccolta”, ma sostanzialmente assenti  quanto allo svolgimento delle precise funzioni loro assegnate dalla Costituzione.

    Dei reati e dei danni conseguenti si sta occupando la Magistratura,  sul cui operato siamo molto fiduciosi, ma è la Sua attenzione che vogliamo destare,  con l’intento di sollecitare tanto la Sua  alta funzione istituzionale di  garante dell’applicazione delle norme costituzionali, quanto la Sua elevata capacità scientifica nello studio dei principi fondamentali della Suprema Carta.

    Prendiamo spunto da un recente intervento epistolare della Lega Cooperative, verificatosi mentre alcuni di noi erano ospiti della trasmissione televisiva  messa in onda da Mi Manda Rai Tre del 21 marzo e vertente sul tema della decozione delle Cooperative e sulle relative cause .

    La predetta organizzazione politica, che dovrebbe essere costituita per “la tutela del movimento cooperativo “, nel corso della succitata trasmissione ha  fatto pervenire la  testuale nota che segue:

     “Ognuna delle cooperative coinvolte è oggetto di procedura di crisi aziendale e per questo è stato nominato un Pubblico Ufficiale che ne ha la tutela e la rappresentanza, in alcuni casi le imprese sono oggetto di indagini della magistratura, ma aldilà dei casi specifici è bene ricordare che sono comunque i soci gli unici titolari della responsabilità per l’operato dell’impresa.

    L’ associazione alla quale le cooperative aderiscono non può essere ritenuta responsabile del loro operato anche se è nostro compito sostenere tanto i soci quanto gli amministratori nella loro funzioni e nella ricerca di soluzioni.”

    Orbene,  sig. Presidente,  prendiamo spunto dal contenuto del significativo contenuto della predetta nota  per rilevare la pessima comprensione dei  principi costituzionali proprio da parte degli apparati politico-istituzionali, che ne dovrebbero assicurare l’attuazione  sostenendo  i soci cooperatori.

    L’art.45 della Costituzione Italiana “ riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità  e fini di lucro. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità “.

    Alla luce delle  chiare disposizioni che precedono,  non possiamo esimerci dal criticare aspramente l’apparato politico-istituzionale in ordine all’attuazione dei principi costituzionali in materia di cooperazione,  in particolare con riguardo ai controlli sul carattere mutualistico e sulle finalità perseguite.

  Non è, infatti,  accettabile che la Lega Delle Cooperative, quale organizzazione nazionale di tutela del movimento cooperativo,  esegua come per legge i controlli sulle cooperative ad essa aderenti  e, allorquando queste vanno in decozione, si scrolli da ogni responsabilità , riversandola sui soci cooperatori , unici  soggetti  destinati a subire i danni.

    Un tale meccanismo appare certamente perverso e più che significativo in ordine all’attuazione dei principi costituzionali in materia di cooperazione sociale.

    Già in epoca classica Fedro rappresentò  l’arroganza della prepotenza nella favola del lupo e dell’agnello, ma non avremmo mai pensato che un’organizzazione di ispirazione socialista potesse recitare il ruolo del lupo;  ci saremmo aspettati che la Lega facesse riferimento alle pur esistenti  carenze legislative  ovvero , con esemplare rigore autocritico, annunciasse un ripensamento sul sistema  dei controlli, magari chiamando in correità gli Organi Istituzionali, sicuramente corresponsabili nell’omessa vigilanza.

    E dire che proprio oggi  lo avrebbe potuto fare, in quanto il ministro Poletti, ex presidente nazionale della Lega e profondo conoscitore della cooperazione, avrebbe certamente contribuito  alla soluzione legislativa della speciosa problematica che affligge un considerevole numero di famiglie italiane, palesemente tutte vittime incolpevoli.

    Ma tutto questo, signor Presidente, la Lega non ha fatto e ha preferito additare noi cooperatori come autoresponsabili dei danni che abbiamo subito e tuttora subiamo .

 Riteniamo che al danno stia per aggiungersi la beffa!

    Alla luce dei fatti sopra esposti  ci chiediamo  se  in tutto questo marasma, La Lega Delle Cooperative sia da sola  ovvero  sia una parziale espressione dell’Apparato  di ben più ampie proporzioni.

    Ad esempio,  una domanda sembra d’obbligo:  il Ministero Dello Sviluppo Economico, cui è affidata la Cooperazione  che parte ha svolto e intende ancora svolgere nelle verifiche e nei controlli sulle società Cooperative ?

    Noi  abbiamo capito, sulla nostra pelle, che questo Sistema funziona  all’incontrario rispetto ai principi costituzionali e, avendoLe rappresentato quanto precede,  siamo certi che Ella potrà esprimersi  nella Sua doppia veste, quella di  garante dei principi costituzionali e quella di insigne professore  di diritto  Costituzionale.

    RingraziandoLa per l’attenzione che vorrà dedicare ai cittadini che hanno creduto e credono nell’economia etica, Le porgiamo i nostri ossequiosi saluti.

 

I soci della Cooperativa

Deposito Locomotive Roma San Lorenzo.

www.truffatidallacooperativa.it

 

IO DICO “NO “ ALLA STRUMENTALIZZAZIONE DELLE TRIVELLE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

REFERENDUM  DEL 17 APRILE

  

Al di là della forma burocratica del testo che si trova stampato nella scheda per la votazione del referendum del prossimo 17 aprile, il quesito posto agli elettori italiani, in parole povere, è se i permessi già concessi alle società petrolifere per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa, cioè circa 22 chilometri, debbano essere limitati fino al termine della concessione  oppure - come consente l'attuale normativa - fino all'esaurimento del giacimento.

    In pratica, se il referendum passerà - raggiungendo il quorum con la vittoria del SI - le piattaforme già esistenti nella fascia costiera dei 22 chilometri dovranno essere smantellate una volta scaduta la concessione, senza poter sfruttare completamente il gas o il petrolio che ancora vi fossero  sotto i fondali. Il referendum non riguarda, peraltro, le perforazioni in mare oltre i 22 chilometri né per quelle su terra. Il quesito del referendum, inoltre, non riguarda neppure eventuali nuove attività di ricerca di idrocarburi e trivellazioni entro i 22 chilometri (12 miglia) poiché queste sono già state proibite dal governo Renzi con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

    Da ricordare che gran parte delle 66 concessioni estrattive marine che ci sono oggi in Italia si trovano oltre i 22 chilometri dalla costa e queste non sono, quindi, coinvolte dal referendum. Il referendum riguarda unicamente 21 concessioni che invece si trovano entro questo limite geografico: una in Veneto, due in Emilia-Romagna, uno nelle Marche, tre in Puglia, cinque in Calabria, due in Basilicata e sette in Sicilia. Le prime concessioni che scadranno sono quelle degli impianti più vecchi, costruiti negli anni Settanta. Le leggi prevedono che le concessioni abbiano una durata iniziale di trent'anni, prorogabile una prima volta per altri dieci, una seconda volta per cinque e una terza volta per altri cinque; dopo di che le società petrolifere possono chiedere di prorogare la concessione fino all'esaurimento del giacimento. Secondo informazioni fornite dal Ministero italiano dello Sviluppo Economico nel 2015 dai pozzi estrattivi situati entro i 22 chilometri si è ricavato soprattutto gas metano (circa il 28% dell'intera produzione nazionale e tra il 3 e 4% dei consumi di gas) mentre il petrolio estratto è circa il 10% della produzione nazionale e l'1% di quelli del petrolio. Per quanto concerne la manodopera impiegata l'unico dato conosciuto é quello relativo al distretto estrattivo di Ravenna nell'Emilia Romagna (due trivelle) dove vi lavorano circa 3'000 addetti. Da parte sua, l'Assomineraria dichiara che, in totale in Italia, l'attività estrattiva impiega circa 10'000 persone che diventano 29'000 considerando l'indotto esterno.

    Questa è la situazione che abbiamo oggi in Italia con la ricerca e l'estrazione in mare degli idrocarburi senza che, fino ad oggi, per quanto se ne sappia, siano mai sorti problemi ambientali. Vogliamo rinunciare in Italia al gas ed al petrolio che produciamo con queste 21 trivelle esistenti nella fascia costiera dei 22 chilometri bloccandone l'estrazione al termine dei contratti di estrazione con le varie compagnie petrolifere senza far sfruttare completamente il gas ed il petrolio che ancora giacciono sotto i fondali marini per poi andarli a comprare nel Magreb o in Russia? Vogliamo perdere migliaia di posti di lavoro? Bene, se si vuole rinunciare a tutto questo si voti pure SI al referendum ma non credo proprio che l'Italia sia in condizione di permettersi questi lussi.

    Non si vada, comunque, a raccontare - come fanno alcuni sostenitori del referendum - che boicottarlo o votare NO significa essere favorevoli ai petrolieri ed infischiarsi della protezione dell'ambiente, oppure essere contrari allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili! Infatti, in Europa, l'Italia è uno dei Paesi dove, in questi ultimi lustri, maggiore è stato lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Tuttavia gli esperti, non il sottoscritto, ci spiegano che in Italia e nel mondo - nonostante il sempre maggior utilizzo delle energie rinnovabili - gli idrocarburi continueranno comunque ad essere indispensabili ancora per molti ma molti anni. Se poi si vuole utilizzare il SI a questo referendum anche (soprattutto?) per una battaglia politica contro il governo di Matteo Renzi e farne una prova generale per quello che, probabilmente, si terrà in autunno sulla riforma costituzionale, liberi di farlo ma lo si dica apertamente senza infingimenti!

    Da parte mia, in questa circostanza, come il professor Romano Prodi, sono ancora orientato a non votare (la terza opzione di "voto" permessa dai referendum) ma se, alla fine, decidessi di farlo per scrupolo di coscienza – essendo stato ed essendo tuttora uno strenuo fautore del voto all'estero – voterò comunque NO.

 

Dino Nardi, membro Assemblea Nazionale del PD.