lunedì 20 ottobre 2008

Sì all'impegno, no alla delusione

Il berlusconismo e l'antipolitica grillina sono due facce della stessa medaglia, funzionano come vasi comunicanti che si rafforzano a vicenda.

Il primo fenomeno, il berlusconismo, viene da lontano, nasce con la degenerazione anni ottanta della prima repubblica nel momento in cui si perfeziona il patto scellerato tra politica e affari.

Il secondo, il grillismo, di origine più recente, sviluppa il suo consenso attraverso l'uso demagogico e tendenzialmente populistico della propaganda, ottenendo l'effetto perverso di consolidare il blocco conservatore.

Il partito democratico, quindi, oltre ad avere una base elettorale storicamente di minoranza spesso in balia di infinite contraddizioni, rischia pure di rimanere oltremodo compresso tra queste due spinte.

Cosa fare quindi per rivitalizzare il nostro elettorato e far comprendere che la delusione come la demagogia assicurano all'attuale premier un futuro certo al Quirinale?

Cosa fare per spiegare che serve davvero il contributo positivo e fattivo di tutti e che il tempo della depressione e della critica continua ci condanna alle leggi ad personam?

Gianluca Bontempi, Roma

Gianluca Bontempi, Roma

giovedì 16 ottobre 2008

IL MEZZOGIORNO E IL MEDITERRANEO

di Gianni Pittella
Alfredo Reichlin  sulle colonne de "l'Unità" e Predrag Metvejevic su "Il Mattino" del 30 settembre hanno offerto un contributo di riflessione importante sui temi del Mezzogiorno e del Mediterraneo che mi auguro aprano finalmente un confronto di respiro politico e culturale slegato da una visione emergenziale.
    L'analisi di Reichlin è un'istantanea impietosa e vera della condizione socio economica del Mezzogiorno (e mi chiedo cosa accadrà quando la stagflazione si trasformerà in recessione anche per l'effetto domino della tempesta finanziaria americana).
    Ed è anche un autorevole richiamo ad una maggior attenzione, anche del Pd, alla durezza della crisi meridionale ed alla sua "crucialità" ai fini della ripresa del Paese. E Metvejevic scrive del Mediterraneo, mare trascurato e incapace di diventare progetto, e di un'Italia e di un'Europa che crescono fuori dalla loro culla. La mia opinione è che non esista una via di uscita credibile alla crisi del Mezzogiorno, senza che sia identificata una sua "funzione" utile all'Italia e preziosa all'Europa. E questa funzione è indissolubilmente legata al Mediterraneo. Del Mediterraneo il Mezzogiorno d'Italia può essere la piattaforma logistica. Il Governo italiano si faccia promotore di un Tavolo interistituzionale per il Mezzogiorno.
    Questa è la mia  proposta. Un Tavolo per il confronto tra i vari livelli istituzionali per varare un piano finalmente moderno e razionale per l'infrastrutturazione del meridione. Possiamo trasformare il Mezzogiorno in una grande piattaforma logistica del Mediterraneo intercettando le navi che provengono dall'Oriente e dall'Africa e che oggi fanno scalo in altri Paesi come la Spagna. Per fare questo è necessario rendere idonea la nostra rete a partire dal porto di Gioia Tauro, dall'intera rete portuale e infrastrutturale meridionale, a cominciare dall'alta velocità ferroviaria e soprattutto coinvolgere le Regioni e la deputazione italiana al Parlamento europeo per concentrare una parte delle risorse europee e nazionali su questo obiettivo.
    Del Mediterraneo il Mezzogiorno può essere la piattaforma per lo sviluppo e la valorizzazione dell'energia da fonti alternative. Del Mediterraneo il Mezzogiorno può essere il motore progettuale nel campo della ricerca, dello sviluppo tecnologico, della cooperazione, dell'Università del Mediterraneo.
Ricerca e sviluppo tecnologico rappresentano l'ombrello sotto il quale sviluppare prodotti e programmi destinati tanto a migliorare la sicurezza dei cittadini europei quanto a combattere i cambiamenti climatici. Funzionali a questi obiettivi sono i finanziamenti del Settimo Programma Quadro ed è bene ricordare che l'industria italiana ricopre posizioni di rilievo in settori di punta che vanno dalla sicurezza dei porti alle celle a combustibile, dai satelliti al trasporto aereo pulito, ambiti importanti considerato che la riduzione delle emissioni è legata anche allo sviluppo di energie alternative.
    Ma L'Europa sta "investendo" anche nella sicurezza e nell'ambiente, elementi centrali di uno dei grandi programmi tecnologici su cui punta l'UE per i prossimi anni: il GMES (Global Monitoring system for Environment and Security), un sistema concepito per fornire ai decisori europei le informazioni necessarie ad affrontare le crisi legate all'ambiente ed alla sicurezza con cui si dovrà confrontare l'Europa nei prossimi anni. Il contributo del GMES, nell'area mediterranea, può essere particolarmente importante laddove consideriamo i servizi legati all'ambiente marittimo. Catastrofi ambientali dovute ad eventi naturali, incidenti o azioni illegali richiedono un impegno condiviso da tutti i paesi dell'area.
    Ma ci sono anche altre iniziative che potrebbero rilanciare l'asse Mezzogiorno-Mediterraneo come ad esempio:
- creare un fondo di investimenti per lo sviluppo del Mediterraneo a partire dal fondo apposito di cui è dotata la Bei;
- istituire un osservatorio delle popolazioni delle emigrazioni e della regolazione dei movimenti delle persone;
- favorire le cooperazioni trasversali al livello delle regioni e delle città (con) la creazione di un consiglio permanente delle regioni mediterranee, che sarebbe l'interlocutore privilegiato delle istituzioni europee;
- la creazione di un agenzia di formazione professionale per favorire una immigrazione qualificata attraverso un programma di formazione degli ingegneri e tecnici specializzati nelle energie rinnovabili;
- creazione di un programma Erasmus mediterraneo, a termine, la creazione di una Università mediterranea a pieno titolo, che potrebbe svilupparsi più avanti anche in molte città del nord e del sud;
- istituire una federazione che riunisca le fondazioni culturali del mediterraneo.
    Perché ciò si realizzi, tuttavia, occorrono tre condizioni:
- un'Europa che smetta di concentrare le sue azioni lungo l'asse est ovest e comprenda pienamente la sua "convinzione" nell'essere "mediterranea"
- una classe politica italiana che riconosca l'utilità del Mezzogiorno, il suo valore prezioso per l'intero Paese e per l'Europa, legato ad una funzione che svolge appunto nel Mediterraneo;
- una classe dirigente meridionale meno dedita alle faccende della cucina domestica e capace di misurarsi su una grande sfida. Su quest'ultimo punto, io dico, iniziamo da noi del Partito democratico.
    La fondazione Italianieuropei e Mezzogiorno Europa aprendo una sede di lavoro comune a Napoli potranno certamente darci una mano per riportare il gusto del progetto, dell'elaborazione e della sfida su un terreno così decisivo per il Pd, per il Paese e per l'Europa.

lunedì 13 ottobre 2008

ALLO SBANDO

I MERCATI FINANZIARI SONO ALLO SBANDO

DI CHI E' LA COLPA? E CHI PAGHERA' ALLA FINE?


di M. Sironi
 

Se una pensionata va in banca a comprare qualche buono del Tesoro, prima di aprire un dossier titoli deve compilare un bel po' di scartoffie e sottoporsi ad un esamino da parte del funzionario, atto a stabilire il suo "profilo di rischio".

    Dopo i casi Cirio e Parmalat è d'obbligo l'assoluta correttezza. Se i funzionari dell'ufficio titoli vogliono impiegare i soldi della banca in operazioni ad alto rischio/alto rendimento sui mercati over the counter (ndr, non regolamentati) o addirittura comprare dei credit default swaps ( cioe' scommettere che, ad esempio, il Tesoro italiano fara' bancarotta), lo possono fare.  Anzi, lo hanno fatto largamente per anni, soprattutto all'estero. 

    In Italia, essendo gli "investitori istituzionali" relativamente poco numerosi, lo si è fatto un po' di meno: ecco perche', secondo gli esperti, il ciclone finanziario dovrebbe risparmiarci. A dirlo sono gli stessi esperti  che fino a ieri l'altro auspicavano una presenza assai piu' massiccia di banche d'affari e fondi di investimento,  gli institutionals appunto, i soli in grado di dare al nostro mercato dei capitali spessore e stabilita', indispensabili tra l'altro per un sano sviluppo del terzo pilastro pensionistico.

    Adesso col senno di poi sia gli operatori che le autorita' di controllo parlano di "errori di valutazione del rischio". Lo ha detto anche Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, quando domerica scorsa ha messo in cantiere un aumento di capitale da tre miliardi per recuperare un po' di liquido.


    Tutto qui?  Negli USA l'alta dirigenza delle banche d'affari salvate dal Governo è stata congedata con premi di milioni di dollari, come da contratto di assunzione. Il perche' è semplice: non hanno commesso illeciti, non ci sono state truffe grossolane come nei casi Enron o Parmalat. E la sottovalutazione del rischio, specie se si tratta di un comportamento comune, non è un illecito.  La colpa è del sistema dei controlli, dicono gli addetti ai lavori, ormai del tutto inadeguati.

    "E' la regolamentazione finanziaria che va cambiata" – dice Gregorio De Felice, presidente AIAF (Associazione italiana analisti finanziari). "Come è possibile che  la Security and Exchange Commission  (la Consob statunitense) abbia accettato di buon grado l'incremento abnorme della leva finanziaria delle societa' che doveva controllare, arrivata fino a 40 volte il rapporto tra debito e capitale? ".

    Sconcertante, afferma De Felice, è anche l'enorme discrezionalita' con cui la FED ha deciso i suoi interventi: l'AIG è stata salvata con un'iniezione diretta di 85 miliardi di dollari, la Lehman Brothers è stata sacrificata, mentre la Bearn Stearns è stata data su un piatto d'argento alla J. P. Morgan.  Dove è finita la fede yankee nel libero mercato, ora che il Governo ha salvato Fannie Mae e Freddie Mac nazionalizzandole?

    La crisi statunitense è innanzitutto una profonda crisi di valori, scoppiata con il caso Enron e mai risolta: a cosa è servita – si chiedono in molti -  la severissima e complicata legge Sarbanes Oxley, varata di gran carriera dopo lo scandalo?  Non è servita a nulla, anzi peggio, dice Jonathan Macey (Yale Law School). Intervenendo al convegno di fine settembre della Fondazione Courmayeur, Macey ha sparato a zero tra gli applausi della platea:  la FED e soprattutto la SEC operano ormai sotto l'influenza di potentissime lobbies, mentre le societa' di revisione, come quelle di rating, sono "captive" dei loro committenti, perche' sono questi ultimi che pagano per essere giudicati.

    L'etica puritana negli affari, i timori di possibili danni reputazionali appartengono ad un tempo che fu, quando a regolare il mercato non c'erano le moltitudini di authority, di norme, di adempimenti costosissimi che troviamo ora.  Ora solo i grossi attori riescono a muoversi, e di fatto dettano legge: ecco il punto. Al G8 di meta' novembre i potenti della Terra cercheranno di riscrivere le regole del capitalismo di mercato, ormai sfuggito di mano.  La proposta di istituire un fondo di emergenza europeo per le banche in crisi è stata bocciata dall'Ecofin di lunedi' scorso: tocchera' quindi al Tesoro di ciascun paese rimediare ai propri crack domestici.

    Ed eccola li', la nostra pensionata con i BOT: gira gira, è sempre da lei che si ritorna.

martedì 7 ottobre 2008

Paradexia



A quando una riflessione su "si può essere antifascisti e non democratici"? I socialisti su questo potrebbero dire molto (quelli, almeno, non succubi delle suggestioni comuniste).
Sergio Cuzzi, Tolmezzo

Caro Cuzzi, come ha scritto il nostro Paolo Bagnoli, le BR furono antifasciste, ma non democratiche. Veda poi lei, in quanto sindaco, se a Tolmezzo (città medaglia d'argento alla Resistenza) ci si voglia dichiarare democratici, ma non più antifascisti. Noi in coscienza non crediamo che si dovrebbe. E ora ci consenta una domanda sui "socialisti succubi delle suggestioni comuniste": non è ciò di cui vegono imputati i repubblicani dell'amministrazione Bush dopo la nazionalizzazione delle perdite speculative americane? 
- Andrea Ermano