giovedì 26 marzo 2009

Il  Consiglio Generale degli Italiani all'Estero

 Ho seguito nei giorni scorsi con attenzione la discussione circa lo svolgimento o meno della seconda assemblea plenaria del nostro Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (Cgie) e delle commissioni tematiche programmate in via straordinaria. Solitamente questo tipo di discussioni non mi appassiona, preferisco affrontare quelle nel merito dei problemi concreti che riguardano gli italiani all'estero, emigrati e frontalieri; essendoci però un appello firmato da 25 consiglieri, appello di cui si sottolinea la caratteristica "trasversale"dal punto di vista politico, ritengo di esprimere alcune considerazioni.

    Apprezzo sempre la trasversalità, che penso si possa chiamare meglio iniziativa unitaria, al di là delle legittime opinioni politiche di ognuno di noi, per la tutela dei diritti di coloro che siamo stati chiamati a rappresentare: proprio per questo non si può prescindere dal fatto che tali diritti vengano oggi lesi innanzitutto dalle decisioni assunte dal Governo, sostenute dalla maggioranza parlamentare e applicate dal MAE, che ha fatto a propria volta una scelta discrezionale dei tagli da effettuare.

    Se condividiamo questa valutazione, credo difficilmente confutabile da chiunque abbia a cuore gli interessi dei nostri connazionali che vivono e/o lavorano all'estero, occorre indirizzare insieme tutte le nostre iniziative nella ricerca di soluzioni che pongano rimedio alle gravi falle apertesi per quanto riguarda la rete consolare, i corsi di lingua e cultura, l'indennità di disoccupazione dei frontalieri, ecc..., evitando di aprire polemiche al nostro interno che possano indebolire un fronte di per sé scarsamente dotato di strumenti di valida tutela.

    All'interno di questa prospettiva unitaria, ritengo possano essere trovate insieme le soluzioni organizzative, nel rispetto delle norme, per lo svolgimento dei nostri lavori, contemperando le diverse esigenze manifestate e tenendo conto delle priorità che via via si affacciano di fronte alla gravità della crisi economica mondiale, che coinvolge pesantemente il nostro Paese e tutti gli italiani, ovunque vivano e/o lavorino, facendo tutti uno sforzo di mediazione in nome dell'interesse generale. 

Claudio Pozzetti,  Consigliere CGIE

Derivati: cappio al collo dei Comuni!

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo scritto da Mario Lettieri (già sottosegretario all’Economia nel governo Prodi) insieme all'economista Paolo Raimondi che denunciano la questione, ormai esplosiva, dei cosiddetti "derivati" in rapporto alla finanza locale. Ricordiamo a tal proposito che un mese fa la Corte dei Conti ha denunciato "l’uso sconsiderato di derivati finanziari da parte degli enti locali" facendo appello ad adottare un "principio di prudenza per i contratti derivati finalizzati alla ristrutturazione del debito degli enti locali". Ma i richiami alla trasparenza, alla certificazione e a una maggiore qualifica degli operatori coinvolti non basteranno per affrontare l’emergenza della crisi.

di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

I dati di fine anno 2007, riportati nelle recenti audizioni della Commissione Finanze del Senato, indicano 41 miliardi di euro in derivati su un debito totale dei comuni, delle province e delle regioni pari a 82 miliardi. Cioè il 50% -- per i soli comuni la cifra sale percentualmente al 58% del loro debito totale.

    Negli anni passati molti amministratori locali di tutte le tendenze e colori politici hanno pensato di riorganizzare il debito dei loro enti anche attraverso operazioni in derivati swap, che permettevano loro di diluire nel tempo il pagamento dei debiti e, in molti casi, addirittura di negoziare un montante del debito maggiore e di incassare subito la differenza in cash.

    Essi avrebbero fatto bella figura con i loro concittadini perché avevano più soldi da spendere!
    Gli intermediari finanziari però non avevano detto loro cosa prevedeva il derivato. In particolare non avevano detto che negli anni a venire e per decenni i bilanci degli enti sarebbero stati soffocati dalla bolla degli interessi da pagare alle banche. In verità molti amministratori locali sono stati vittime di una vera e propria "circonvenzione di incapace". Altri, pochi, hanno partecipato a vere e proprie truffe su cui le Procure stanno indagando. Per loro ci sarà il giudizio del voto e quello della legge.

    Infatti, spesso non si tratta solamente di atti finanziari speculativi ad alto rischio, bensì di sottrazione di risorse ai servizi pubblici primari.

    In una situazione di crisi finanziaria globale e nazionale ciò si traduce anche in un peggioramento della capacità produttiva, in una perdita di produzione e di lavoro delle nostre PMI e in un generale impoverimento di ampie fasce sociali.

    Il Comune di Roma nel 2009 pagherà 200 milioni di euro in più di spese per ammortamento (con maggiori interessi passivi) dell’attuale debito a lungo termine che è stato sottoposto a complesse operazioni di ristrutturazione finanziaria, passando da 420 a 620 milioni di euro. Non solo. Roma infatti dovrebbe continuare a pagare altissimi interessi per questi contratti derivati capestro fino al 2048!

    La Procura di Milano indaga da tempo, anche con numerosi avvisi di garanzia, per chiarire contratti in derivati per 1 miliardo e 680 milioni di euro che, secondo varie stime, potrebbero comportare una perdita tra 200 e 300 milioni di euro per il Comune. La Guardia di Finanza di Firenze starebbe acquisendo documenti per un ‘indagine su "alte commissioni e abuso di tassi esageratamente alti" che coinvolge 8 banche e 11 comuni della provincia per derivati pari a 1 miliardo e 700 milioni di euro. Poi ci sono i derivati di Napoli, Torino, fino ai piccoli comuni, e delle principali regioni a cominciare dalla Lombardia.

    Naturalmente questi contratti in derivati determinano un grande trasferimento di risorse finanziarie dai bilanci degli enti locali verso le banche. Queste banche, nazionali e soprattutto internazionali, sono le stesse che sono in situazioni di grande crisi proprio per le bolle speculative create dai titoli tossici. Sono sempre le stesse banche che chiedono sostegni finanziari ai governi per salvarsi dalla bancarotta. Chiedono capitali pubblici garantiti dagli stati e quindi dalla collettività.

    Come si può quindi tollerare che la collettività paghi due volte? La prima per salvare le banche dalla crisi e la seconda per pagare i derivati sottoscritti con le stesse?

    A fronte di tale situazione servirebbe anzitutto bloccare immediatamente le eventuali ulteriori sottoscrizioni di derivati da parte degli enti locali. In seguito, quando le nuove auspicate regole dell’economia e della finanza verranno definite, si decideranno anche metodi e comportamenti che riguardano i vari strumenti finanziari e bancari utili alla stabilità del sistema.

    Il Governo dovrebbe individuare altre fonti e altre norme per il risanamento dei bilanci degli enti locali. Intanto lo Stato dovrebbe esigere che le banche, in cambio dell’aiuto pubblico, trasformino i derivati in essere in normali prestiti a medio e lungo termine con tassi di interesse chiari ed equi. Tecnicamente non sarebbe un problema: chi è stato capace di costruire un complicato e poco trasparente contratto derivato, è certamente capace di "decostruirlo".

    Si tratta di non essere succubi dei forti poteri delle banche! E’ una decisione di politica economica che il Parlamento e il Governo possono prendere in pochi giorni e in modo condiviso, liberando in tempi brevissimi notevoli risorse per interventi di sostegno sociale e di investimento locale.

mercoledì 25 marzo 2009

Derivati: cappio al collo dei Comuni!

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo scritto da Mario Lettieri (già sottosegretario all’Economia nel governo Prodi) insieme all'economista Paolo Raimondi che denunciano la questione, ormai esplosiva, dei cosiddetti "derivati" in rapporto alla finanza locale. Ricordiamo a tal proposito che un mese fa la Corte dei Conti ha denunciato "l’uso sconsiderato di derivati finanziari da parte degli enti locali" facendo appello ad adottare un "principio di prudenza per i contratti derivati finalizzati alla ristrutturazione del debito degli enti locali". Ma i richiami alla trasparenza, alla certificazione e a una maggiore qualifica degli operatori coinvolti non basteranno per affrontare l’emergenza della crisi.


di Mario Lettieri e Paolo Raimondi


I dati di fine anno 2007, riportati nelle recenti audizioni della Commissione Finanze del Senato, indicano 41 miliardi di euro in derivati su un debito totale dei comuni, delle province e delle regioni pari a 82 miliardi. Cioè il 50% -- per i soli comuni la cifra sale percentualmente al 58% del loro debito totale.

    Negli anni passati molti amministratori locali di tutte le tendenze e colori politici hanno pensato di riorganizzare il debito dei loro enti anche attraverso operazioni in derivati swap, che permettevano loro di diluire nel tempo il pagamento dei debiti e, in molti casi, addirittura di negoziare un montante del debito maggiore e di incassare subito la differenza in cash.

    Essi avrebbero fatto bella figura con i loro concittadini perché avevano più soldi da spendere!

    Gli intermediari finanziari però non avevano detto loro cosa prevedeva il derivato. In particolare non avevano detto che negli anni a venire e per decenni i bilanci degli enti sarebbero stati soffocati dalla bolla degli interessi da pagare alle banche. In verità molti amministratori locali sono stati vittime di una vera e propria "circonvenzione di incapace". Altri, pochi, hanno partecipato a vere e proprie truffe su cui le Procure stanno indagando. Per loro ci sarà il giudizio del voto e quello della legge.

    Infatti, spesso non si tratta solamente di atti finanziari speculativi ad alto rischio, bensì di sottrazione di risorse ai servizi pubblici primari.

    In una situazione di crisi finanziaria globale e nazionale ciò si traduce anche in un peggioramento della capacità produttiva, in una perdita di produzione e di lavoro delle nostre PMI e in un generale impoverimento di ampie fasce sociali.

    Il Comune di Roma nel 2009 pagherà 200 milioni di euro in più di spese per ammortamento (con maggiori interessi passivi) dell’attuale debito a lungo termine che è stato sottoposto a complesse operazioni di ristrutturazione finanziaria, passando da 420 a 620 milioni di euro. Non solo. Roma infatti dovrebbe continuare a pagare altissimi interessi per questi contratti derivati capestro fino al 2048!

    La Procura di Milano indaga da tempo, anche con numerosi avvisi di garanzia, per chiarire contratti in derivati per 1 miliardo e 680 milioni di euro che, secondo varie stime, potrebbero comportare una perdita tra 200 e 300 milioni di euro per il Comune. La Guardia di Finanza di Firenze starebbe acquisendo documenti per un ‘indagine su "alte commissioni e abuso di tassi esageratamente alti" che coinvolge 8 banche e 11 comuni della provincia per derivati pari a 1 miliardo e 700 milioni di euro. Poi ci sono i derivati di Napoli, Torino, fino ai piccoli comuni, e delle principali regioni a cominciare dalla Lombardia.

    Naturalmente questi contratti in derivati determinano un grande trasferimento di risorse finanziarie dai bilanci degli enti locali verso le banche. Queste banche, nazionali e soprattutto internazionali, sono le stesse che sono in situazioni di grande crisi proprio per le bolle speculative create dai titoli tossici. Sono sempre le stesse banche che chiedono sostegni finanziari ai governi per salvarsi dalla bancarotta. Chiedono capitali pubblici garantiti dagli stati e quindi dalla collettività.

    Come si può quindi tollerare che la collettività paghi due volte? La prima per salvare le banche dalla crisi e la seconda per pagare i derivati sottoscritti con le stesse?

    A fronte di tale situazione servirebbe anzitutto bloccare immediatamente le eventuali ulteriori sottoscrizioni di derivati da parte degli enti locali. In seguito, quando le nuove auspicate regole dell’economia e della finanza verranno definite, si decideranno anche metodi e comportamenti che riguardano i vari strumenti finanziari e bancari utili alla stabilità del sistema.

    Il Governo dovrebbe individuare altre fonti e altre norme per il risanamento dei bilanci degli enti locali. Intanto lo Stato dovrebbe esigere che le banche, in cambio dell’aiuto pubblico, trasformino i derivati in essere in normali prestiti a medio e lungo termine con tassi di interesse chiari ed equi. Tecnicamente non sarebbe un problema: chi è stato capace di costruire un complicato e poco trasparente contratto derivato, è certamente capace di "decostruirlo".

    Si tratta di non essere succubi dei forti poteri delle banche! E’ una decisione di politica economica che il Parlamento e il Governo possono prendere in pochi giorni e in modo condiviso, liberando in tempi brevissimi notevoli risorse per interventi di sostegno sociale e di investimento locale.

 

Benedetto XVI e la contraccezione

La posizione di Benedetto XVI sulla contraccezione è ben poco recepita nella Chiesa ed incrina l’autorità del papato


Le parole di Benedetto XVI in Camerun sui problemi dell’Africa sono state cancellate, nei media, dalla riproposizione della linea ufficiale della Chiesa sulla contraccezione aggravata dalla considerazione, nelle parole del Papa, che l’uso del preservativo sia addirittura tale da aggravare la situazione per quanto riguarda la cura dell’AIDS. Questa posizione è stata contrastata all’interno del mondo cattolico ancora prima che essa si manifestasse nell’enciclica Humanae Vitae del 1968, e poi sempre successivamente. Essa, nella prassi e nella riflessione dei migliori studiosi di teologia morale, non è stata recepita da gran parte del popolo di Dio della Chiesa cattolica; essa , cioè, non è considerata come vincolante.

    Questa "non recezione" mette in discussione alla radice l’autorità morale del Papa. La successiva esplosione della pandemia di AIDS ha aggravato le responsabilità di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI poiché essi hanno confermato il divieto, rifiutando anche l’ipotesi di uso del preservativo come strumento di prevenzione della malattia. Le parole di papa Ratzinger poi, in occasione del viaggio nel continente più colpito e con una forte presenza di strutture cattoliche nell’Africa subsahariana, appaiono tragiche per le loro dirette conseguenze. Ancora una volta ci ricordiamo delle parole di Gesù (Mc 2,27) : "il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!". Infatti, nella situazione concreta, astratti e discutibili principi, declamati in modo autoritario, vanno contro la carità e contro il buonsenso, creando ostacoli nell’affrontare efficacemente l’estendersi della malattia. Per fortuna, da tempo anche in Africa la linea ufficiale non sempre viene seguita da tante strutture di intervento in campo sanitario e sociale che fanno capo alla Chiesa cattolica e che si occupano non solo di Aids ma anche di educazione, prevenzione e del problema della coesione famigliare.

    Per affrontare questa situazione ci chiediamo quando il Papa e la Curia ascolteranno le parole del Card. Carlo Maria Martini che ha scritto "Sono fermamente convinto che la direzione della Chiesa possa mostrare una via migliore di quanto non sia riuscito all’enciclica Humanae Vitae. La Chiesa riacquisterà credibilità e competenza…. Per i temi che riguardano la vita e l’amore non possiamo in nessun caso attendere tanto. Saper ammettere i propri errori e la limitatezza delle proprie vedute di ieri è segno di grandezza d’animo e di sicurezza" (in "Conversazioni notturne a Gerusalemme" pag.94).


NOI SIAMO CHIESA, Roma

 

giovedì 19 marzo 2009

Cooperazione sociale e il reinserimento lavorativo


Nei giorni scorsi Paola Menetti, responsabile nazionale di Legacoopsociali, ha sottoscritto, assieme ad una vera moltitudine di organizzazioni, associazioni, sindacati di rilievo nazionale, il documento (ormai molto diffuso) “A Trieste senza Dogmi né pregiudizi, per uno spazio di libero confronto sui temi centrali della politica delle droghe”. E’ dunque indispensabile iniziare con un seppur sintetico richiamo (rinviando il giusto approfondimento alla lettura e alla discussione approfondita di quel testo) ai temi là sottolineati e che rischiano di rimanere ignorati sui tavoli “Ufficiali” di confronto sulle politiche per le tossicodipendenze nel nostro paese:

    ·        L’innovazione degli interventi
    ·        Controllo versus prevenzione
    ·        La riduzione del danno nel sistema dei servizi
    ·        La valutazione della legge
    ·        La scienza e la politica
    ·        La collocazione europea dell’Italia

In particolare ci preme riferirci alle parole “esperienza applicativa” contenute nel DPR 309 che istituisce (tra l’altro) anche la Conferenza Nazionale Governativa con cadenza triennale, per farle indossare comodamente alle esperienze territoriali, di accoglienza, di reinserimento lavorativo, di condivisione, di ascolto, di progettazione e di investimento nei territori del Friuli Venezia Giulia (e italiani in genere) da parte della Cooperazione sociale dentro il tema delle politiche, ma soprattutto delle buone pratiche, verso cittadini sofferenti di dipendenza.

    Esperienza applicativa che trovò molto spazio nell’ormai sideralmente lontano 2000 a Genova (data dell’ultima Conferenza Governativa degna di questo nome) sotto la guida di un ministro, Livia Turco, che allora non pareva particolarmente illuminato sul tema, pur animata da grande volontà e senso civile, ma che oggi ci sembra un gigante al confronto della povertà di risorse, personaggi e soprattutto di idee messe in campo dai più recenti governi.

    Esperienza applicata che vuole nettamente discostarsi, nel 2000 e ancora di più oggi, nonostante siano trascorsi ben 9 anni, dallo stereotipo: privato/Cooperazione sociale uguale comunità terapeutiche (anzi DI RECUPERO, termine oscuro sul quale oggi si insiste molto).

    Anzi, la Cooperazione sociale, nella nostra regione, come in campo nazionale, vuole segnalarsi come attore privilegiato (privilegiato in quanto vicinissimo agli utenti dei servizi, compenetrato saldamente nel territorio, non certo come erogatore principale di risorse) delle azioni individualizzate, rispettose della persona e della sua storia e non dell’omologazione del disagio attraverso la cassa comune della diagnosi.

    In molti casi le azioni di Informazione, sensibilizzazione, prevenzione (Universale, Selettiva, Indicata) riabilitazione (Coop B) vengono messe in campo dal privato sociale (oltre che in ambito territoriale) ad integrazione o in sostituzione del personale dei Servizi Pubblici. Questo aspetto non viene considerato con compiacimento, ma con vera preoccupazione ed allarme per la progressiva diminuzione delle risorse umane e materiali a disposizione dei Dipartimenti delle Aziende Sanitarie; mentre l’utenza è in aumento (ad esempio dal 2001 al 2007 in FVG si è passati da 2929 utenti alcol dipendenti a 4724). Spesso Servizi Pubblici e privato sociale non riescono nemmeno a rispondere agli obiettivi previsti dalle leggi stesse (non solo 309/90 ma anche  125/2001 e Piano Nazionale Alcol e Salute del 2007), che stabiliscono una moltitudine di azioni, senza adeguate coperture economiche, le quali vengono talvolta sostituite con interventi di portata nazionale, ma dai costi altissimi.

    I progetti realizzati nella nostra regione dal privato sociale rappresentano, a nostro avviso, buone prassi e hanno elevati contenuti innovativi e di eccellenza come i centri di accoglienza a bassa soglia, i drop-in, i servizi di assistenza domiciliare per soggetti affetti da gravi malattie correlate alla dipendenza, terapia familiare, comunità madre-bambino, interventi di riduzione del danno e dei rischi.

    La Cooperazione sociale si presenta, dunque, assieme alle altre realtà del privato sociale, strettamente legata al partenariato con le Aziende Sanitarie, gli Ambiti ed i Comuni come moltiplicatore di risposte (infinitamente molteplici, come molteplici sono i cittadini sofferenti e le loro famiglie) imprescindibilmente parti dei contesti territoriali di appartenenza reciproca e non deportatore di intere categorie del disagio nei luoghi preposti alla “cura”, probabilmente lontani e separati centinaia di km. Ciò è fondamentale ribadire perché, oggi, la diversità e la diversificazione progressiva di risposte a problemi e istanze diversi e differenziati, a sempre maggiore garanzia del diritto e del rispetto delle esigenze di ciascuno, sono invece sempre più ridotte e semplificate, svuotate progressivamente di risorse e di significato culturale.

    Non possiamo non rimarcare ciò che chiaramente leggiamo ogni giorno nel nostro lavoro di cooperatori sociali: esiste una profonda contraddizione tra una società ogni giorno più ricca di differenze, di originalità contro una riduzione costante di linguaggi, percorsi, progetti, risposte alle sofferenze della società stessa.

    E perché no? C’è anche da affrontare il tema, oggi molto contraddittorio se non addirittura ancora più dirompente in tempi di controllo-repressione-recupero, di un provato sociale che immagina (come originariamente progettato nel lontano 1973 da Franco Basaglia in persona e strenuamente portato avanti, a Trieste, da Franco Rotelli) di restituire poteri  (per quanto limitati ed effimeri essi possano oggi sembrare) ai matti, ai drogati, ai disabili, agli emarginati attraverso lo strumento più semplice e diretto, al contrario della politica, IL LAVORO.

Per Legacoopsociali Friuli Venezia Giulia
Sergio Serra e Marco Giordani

martedì 17 marzo 2009

È lecito costringere qualcuno a mangiare o a bere contro volontà?

Ho aderito all'appello per una buona legge sul testamento biologico promosso dal sen. Ignazio Marino (PD) e da tanti altri illustri intellettuali. Ho però da fare ai promotori un'amichevole obiezione. 
    Secondo me è un errore politico e giuridico farsi continuamente trascinare nella discussione se l'alimentazione e l'idratazione forzata costituiscano o meno trattamenti sanitari.
    Non perché non sia convincente la tesi sostenuta in proposito dal sen. Marino, ma perché la questione a mio modesto avviso è del tutto irrilevante.
    Il diritto del paziente di decidere in ordine ai trattamenti sanitari ai quali sottoporsi è relativamente recente. Ci sono voluti l'art. 32 della Costituzione, le normative sul consenso informato, la convenzione di Oviedo ecc. per vederlo riconosciuto appieno, dopo che per secoli si era ritenuto che il paziente (come dice l'etimologia della parola) potesse solo subire la scelte del medico, del competente.
    Invece il diritto di ogni persona di decidere se e cosa mangiare e bere è molto più antico, esiste da sempre.  Chi mi costringe contro la mia volontà a mangiare o bere qualcosa commette un reato: violenza privata (art. 610 c.p.). 
    Quindi, nel momento in cui si discute di dare riconoscimento a direttive anticipate, non si capisce perché mai dovrebbe essere necessario far rientrare alimentazione ed idratazione nei trattamenti sanitari per vedere rispettata la volontà del soggetto riguardo alle stesse. 
    La libertà di autodeterminazione è già tutelata dall'art. 13 della Costituzione ("La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di  ... restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge"); che bisogno c'è di disquisire ogni giorno con l'on. Binetti e l'on. Gasparri se vi sia o non vi sia anche la copertura dell'art. 32 ?

avv. Luciano  Belli  Paci, Milano

mercoledì 11 marzo 2009

Analisi condivisibile

Analisi perfettamente condivisibile quella svolta nell'editoriale del direttore su Michele Salvati e il Partito Democratico [cf. ADL, 22.2.09, "Eppur si muove", ndr].
Il PD, una scimmiottatura americana, è stato promulgato non per caso da quelle stesse forze che abolirono il PSI nel '92.... e che hanno un nome e cognome: "Il Corriere della... Repubblica".
Di esso il mulinante Salvati era solo un ridicolo portavoce... Che oggi se la cava col solito refrain: "l'idea era ottima, è la realizzazione che è stata fatta male"... Sembra di sentire i trotzkisti quando parlavano del potere sovietico!
Un giorno l' abolizione del socialismo, e con esso della sovranità italiana, ricadrà su di loro.

Gianni Caroli, Napoli

Grazie dell'apprezzamento. Concordo sul rischio che tutte queste demolizioni un giorno "ricadranno su di loro". Questo già lo si vede. Io spero tuttavia che Franceschini riesca in qualche modo a evitare lo strapiombo. Perché se il PD, dopo avere dato il colpo di grazia alla sinistra, adesso esplodesse in mille frammenti, assisteremmo sì a un esito logico (e meritato) dell'intera vicenda, ma non sarebbe certo un bene per le lavoratrici e i lavoratori italiani. - A.E.

martedì 3 marzo 2009

Epifani: "Bene Franceschini, governo dia risposte subito"

La Cgil saluta il nuovo corso del PD e incalza la destra priva di idee al governo del Paese
Roma, 28 febbraio - Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani esprime "apprezzamento" per le proposte avanzate oggi dal leader del Pd Dario Franceschini. "Le proposte affrontano correttamente temi che riguardano le condizioni piu' drammatiche delle persone in questa fase della crisi - dice Epifani - Il governo dia ora risposte immediate, senza perdere ulteriore tempo e cambi le priorita' dei propri interventi. Pomigliano d'Arco ieri, Prato e Torino oggi - conclude il segretario della Cgil - indicano che il Paese chiede urgentemente una svolta nella politica economica e sociale".

Sul fronte della crisi, il barometro dei numeri segna maltempo. "Minor produzione, assieme a minori consumi, e ricadute drammatiche sull’occupazione", commenta il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni il dato diffuso oggi dall’Istat sul Lavoro e retribuzioni nelle grandi imprese. Dati da cui emerge, aggiunge il dirigente sindacale, "un ennesimo calo dell’occupazione nelle grandi imprese concentrato particolarmente nell’industria assieme all’esplosione della cassa integrazione".

Mentre anche Confindustria, continua Fammoni, "oggi diffonde un dato sulla produzione industriale di gennaio febbraio gravemente negativo e che avrà inevitabili e pesanti ripercussioni sulle future rilevazione dell’occupazione. Quanti altri dati negativi - conclude - sono necessari per avere da parte del governo una politica all’altezza di questi problemi?".

È evidente che in questo clima economico e sociale, gli strappi del governo sulla contrattazione prima e sul diritto di sciopero ora, non possono che produrre effetti negativi.

In particolare sul diritto di sciopero Epifani ha ammonito severamente l'esecutivo di destra: "perché in materia di libertà del diritto di sciopero costituzionalmente garantito bisogna procedere con molta attenzione". E sempre rivolgendosi al goiverno il segretario generale della Cgil in merito alla riforma ha aggiunto: "Se c’è qualcosa da aggiustare rispetto a una normativa già rigida eventualmente lo si può vedere. Ma se si vogliono introdurre forzature che limitano poteri e prerogative è altra questione".

Il segretario generale della Cgil attende, infatti, di vedere cosa il governo deciderà effettivamente. ''Se intende, partendo dal problema del rispetto dei diritti degli utenti, ridurre una libertà fondamentale, la Cgil si opporrà ora e dopo").

Il numero uno della Cgil fa notare che il sindacato confederale "è sempre stato attento a conciliare il diritto di sciopero con quello degli utenti in alcuni settori particolari come i trasporti". Secondo Epifani, "tutto dipende da ciò che il governo decide e dalle questioni che porrà". Quindi, entra nel merito delle questioni: "Non si può decidere con il 51% uno sciopero perchè così l'altro 49% non può mai scioperare - spiega Epifani - lo sciopero virtuale non può essere mai sostitutivo ma aggiuntivo. Il fatto poi di dichiarare prima individualmente la propria adesione può essere un modo di rendere inutile lo sciopero. Attorno ai questi nodi - insiste - ruoterà il confronto se il governo intende aprirlo che su questo terreno deve stare molto attento".

La stampa vicina a Berlusconi è subito insorta proiettando ombre minacciose nel legittimo monito del leader sindacale. Alcuni commentatori si sono prodotti in editoriali dai toni violentemente anti-sindacali. Insomma, si va avanti lungo quella linea di spaccatura del Paese cui sembra ormai improntarsi ogni gesto dell'attuale establishment.

Ronde anti-stranieri, demagogia anti-sindacale, neo-clericalismo etico: la destra italiana appare convinta di poter giungere al redde rationem grazie alla copertura vaticana, a una sinistra politicamente umiliata nonché un mondo del lavoro frammentato tra un sindacato "rosso", un sindacato "giallo" e financo un sindacato "nero". Insomma, come dicevano gli antichi, anche le vespe fanno i favi.

Crocifisso in classe

Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Prove tecniche di prepotenza clericale
Solidarietà con il prof. Franco Coppoli sospeso dall'insegnamento in quanto "reo" di non voler fare lezione col crocifisso in classe, disobbedendo all'ordine del Dirigente scolasctico.

di Maria Mantello *)
Nell’esprimere tutta la sua solidarietà al prof. Franco Coppoli ("reo", a quanto sembrerebbe, di non aver obbedito all'ordine del Dirigente scolasctico di far lezione col crocifisso in classe), riteniamo del tutto inaccettabile la sospensiva a cui il docente è stato condannato dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione per aver fatto valere appieno il principio della laicità dello Stato costituzionalmente sancito. In base a questo, lo Stato repubblicano, non si può far portatore di una confessione religiosa, imponendo simboli religiosi nei luoghi pubblici, tanto più quando si tratta di un’aula scolastica, dove si educa all’appartenenza alla cittadinanza al di là delle preferenze religiose di singoli o gruppi. Fossero pure maggioritari.

Se infatti, anche il 100% degli italiani fossero cattolici, cosa che non è, lo Stato non potrebbe farsi propagatore della confessione della chiesa romana e del suo simbolo. Come hanno abbondantemente ricordato diverse sentenze della Corte Costituzionale (in particolare, 203/1989), e della Corte di Cassazione (in particolare, 439/2000). Nonché quella emessa recentemente dalla Sesta sezione penale della Cassazione il 17 febbraio 2009, che "ha annullato senza rinvio perché il fatto non sussiste" la condanna per il giudice del Tribunale di Camerino, Luigi Tosti, a sette mesi di reclusione per interruzione di pubblico servizio e omissione di atti d'ufficio inflitta dalla Corte d'Appello dell'Aquila nel maggio 2007, perché il magistrato si era rifiutato di svolgere le sue funzioni nell'aula giudiziaria a causa della presenza di un crocifisso.

*) Vicepresidente della Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno"    

Riceviamo e volentieri segnaliamo ::: FAHRENHEIT :::
Settimana dal 2 al 6 marzo2009
www.fahre.rai.it ::: fahre@rai.it
Lunedi`a Parma arriva l' onda dei classici: saremo a Parma per il Festival MiniMondi, la rassegna dedicata alla letteratura e all'illustrazione per ragazzi. In diretta dal Teatro Regio una puntata speciale di Fahrenheit condotta da Marino Sinibaldi e dedicata ai classici della letteratura, per ragazzi e non solo: da Pinocchio a Moby Dick, scrittori, attori e musicisti ci racconteranno il classico che piu` hanno amato. Tra i tanti ospiti che si alterneranno ai nostri microfoni nel corso del pomeirggio, ci saranno Roberto Piumini e Antonia Arslan, Paolo Nori e Mario Lavagetto, e la musica dal vivo di Momo.

Tra gli ospiti della prossima settimana vi segnaliamo Marco Belpoliti, che sara` con noi mercoledi` per parlare de Il corpo del capo (Guanda), il suo ultimo saggio dedicato al rapporto tra Silvio Berlusconi e la fotografia; giovedi` invece, insieme allo storico della chiesa Alberto Melloni, indagheremo la figura di Papa Giovanni, al centro del saggio appena pubblicato da Einaudi, Papa Giovanni. Un cristiano e il suo concilio.

Lo spazio quotidiano delle 17.00, dedicato alla narrativa, vi offrira` l'occasione di ascoltare le interviste agli autori delle novita` in libreria: per il Libro del giorno, da martedi` a venerdi`, sfileranno per voi Piersandro Pallavicini, African inferno (Feltrinelli); Angelo Ferracuti, Viaggi da Fermo (Laterza); Flavio Soriga, L'amore a Londra e in altri luoghi (Bompiani); Lara Santoro, Il mio cuore riposava sul suo (e/o).

Potete cominciare a votare per il Libro del Mese scegliendo tra i libri presentati nel corso di febbraio: trovate l'elenco dei titoli in gara sul nostro sito in home page, oppure qui.

Il vocabolario della prossima settimana sara` curato da Paolo Perulli, docente di Sociologia economica all' Universita` del Piemonte orientale e di Filosofia presso l'Accademia di Architettura di Mendrisio, autore di Visioni di citta`. Le forme del mondo spaziale (Einaudi).

Vi ricordiamo che potete partecipare a Fahrenheit scrivendoci mail per commentare con noi i temi e i libri, e per suggerirci nuovi spunti di riflessione. I nostri Forum, dove prosegue il dibattito intorno ai libri di Merce` Rodoreda e all'articolo di Baricco sui finanziamenti pubblici al teatro e alla cultura, cosi` come il profilo su Facebook, sono a vostra disposizione per un dialogo e un confronto con la redazione e con gli altri ascoltatori.

Nella settimana che si e` appena conclusa abbiamo parlato molto dell' articolo di Baricco, insieme a lui e a altri ospiti, perche` i nodi sollevati non sono solo quelli relativi al teatro, ma riguardano lo stato della cultura in generale in Italia e il rapporto con due realta`importanti come la scuola e la televisone. Un ragionamento, quello innescato da Baricco, che sembra provenire direttamente, e seguire, quello iniziato con I Barbari , il saggio pubblicato nel 2006 e che potete riscoprire ascoltando l'intervista di allora grazie all' archivio del nostro sito cliccando qui.

Scriveteci tutte le mail che volete per commentare con noi i temi e gli ospiti delle nostre puntate e per partecipare alla Caccia al Libro

Buon ascolto su Radio3
La redazione di Fahrenheit     

Io continuo a pensare
Io continuo a pensare che Benedetto XVI sia molto intelligente, molto più di me, e che sappia tutto. Perciò non ho dubbi che abbia scelto appositamente il momento della revoca della scomunica dei lefevriani (un giorno prima del 50^ anniversario dell'indizione del Concilio Vaticano II e tre giorni prima della Giornata della memoria), con piena consapevolezza delle posizioni negazioniste del vescovo Williamson (i dossier del Vaticano sono più accurati di quelli del Kgb). Così come non ho dubbi che veda meglio di tutti noi lo strapotere della tecnoscienza specie in campo medico. Il Papa sa che l'alimentazione e l'idratazione forzate sono a tutti gli effetti terapie mediche e che quindi poteva valere anche per Eluana quanto previsto dal catechismo della Chiesa: "l'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima." Soprattutto il Papa crede al Paradiso e quindi alla necessità, arrivati a un certo punto della resistenza alla malattia, di accettare la resa, di lasciarsi andare in pace, di tornare nelle braccia del Padre.

E allora perché ha rivoluto i tradizionalisti anticonciliari e ha bacchettato a sangue il papà di Eluana (e indirettamente tutti quelli come me che l' hanno difeso)?

Tento una risposta.
Benedetto XVI ha come primo, ossessivo obiettivo del suo pontificato il ripristino del principio di Autorità. L'uomo moderno deve tornare a obbedire alla Chiesa. Per questo vanno bene i lefevriani: sono sì fratelli che sbagliano ma sono orientati nel senso giusto, credono prima di tutto nell'Autorità come dimensione essenziale della vita religiosa organizzata. Per questo non va bene Peppino Englaro: non è ammissibile che siano degli uomini, dei semplici uomini - un papà, una mamma, dei giudici - a decidere autonomamente sui confini della vita e della morte. Prima viene la sottomissione all'Autorità e poi dopo, solo dopo, possono seguire il riconoscimento della verità (i forni di Auschwitz) e la pratica della carità (l'interruzione dell'accanimento terapeutico).

Il Papa, con le sue scelte, sta irrigidendo sempre più il corpo della Chiesa, e quindi ne prepara lo schianto. Anche questo Lui lo sa: ogni sistema rigido precipita. Lo sa ma è come se il lato (positivo) del suo inconscio accelerasse il processo. Prima si cade, prima ci si rialza. Prima crolla questo sistema ecclesiastico, prima si riforma l'esperienza cristiana. Perciò proseguiranno nei prossimi tempi ulteriori interventi di contrasto all'intelligenza moderna (tipo la riconferma dell'Humanae vitae, il no ai preservativi nella lotta all'Aids, l'esclusione delle donne). I seminari e le chiese continueranno a svuotarsi e presto finirà definitivamente il mondo cattolico (già oggi ridotto a tre locali più servizi). Ma proprio in quel momento, in un luogo ancora imprecisato, si risentirà la voce che annuncia liberazione e comunione. Qualcuno tornerà a pronunciare parole belle come la rugiada mattutina, come il primo rossore dell'alba: "Laudato si', mi Signore, per sora nostra madre Terra... Laudato si' , mi Signore, per sora nostra morte corporale..." Costui sarà eletto Papa. Si chiamerà, finalmente, Francesco I. Saluti semplici come il poverello di Assisi.

Giovanni Colombo,
libero pensatore e consigliere comunale del PD a Milano