domenica 29 maggio 2016

Benissimo il diaconato femminile, ma…

 Benissimo il diaconato femminile ma il sistema ecclesiastico non si opponga. E si vada oltre per un protagonismo della donna che può esprimere nuovi carismi nella Chiesa 
    Noi Siamo Chiesa condivide in modo incondizionato la decisione di papa Francesco di aprire concretamente la discussione sul diaconato femminile e quindi sull'accesso della donna ai ministeri ordinati nella Chiesa. Da troppo tempo i movimenti che si ispirano al Concilio hanno chiesto che si andasse in questa direzione. Non si poteva attendere oltre, pena minare la credibilità della Chiesa cattolica. Ci fa piacere che anche i media e l'opinione laica abbiano percepito l'importanza di questo momento che potrebbe veramente essere storico. Sarebbe anche l'occasione perché tutta la teologia dei ministeri possa essere ripensata secondo le indicazioni del Concilio. Le ricerche ci dicono quale fosse il protagonismo femminile nei primi secoli anche nella forma dell'imposizione delle mani alle donne incaricate di particolari ruoli. In questo modo papa Francesco, con una decisione concreta, va al di là di tante sue affermazioni generali fatte sulla donna nella Chiesa, che avevano però dato l'impressione che egli ignorasse la riflessione della teologia femminista.
    Detto ciò, ci rendiamo conto delle forti resistenze presenti nelle strutture ecclesiastiche a concretizzare l'ipotesi fatta. Sono testimoni di ciò le due interviste al Card. Kasper di oggi su "Repubblica" e sul "Corriere della sera". La Commissione, accettata dal papa, per studiare il problema non potrà essere lo strumento per insabbiare la questione nel caso non ci sia largo consenso nell'apparato ecclesiastico. Le riforme non si possono fare senza rotture soprattutto quando pretende di comandare una vecchia cultura maschilista, pronta a usare belle parole e argomenti di comodo per non cambiare mai niente.
    Noi Siamo Chiesa ritiene che ora non si tratti di decidere "se" istituire il diaconato femminile ma solo "come" organizzarlo. A questo proposito facciamo delle osservazioni:
-                  si tratta anzitutto di prendere atto del fatto che già oggi le donne guidano in gran parte della Chiesa, soprattutto in certe aree del mondo, non solo gli interventi sociali ed educativi, ma anche momenti di preghiera e di celebrazione della Parola di Dio. Si tratta quindi di dare più autorità a situazioni già ben consolidate, nessuna concessione ma un riconoscimento importante che arriva in ritardo;
-                  papa Francesco sa che c'è il rischio che l'ampliamento del ruolo della donna possa finire in una maggiore "clericalizzazione" (questo è il termine da lui usato) in cui migliori apparenze nascondano una situazione ben poco cambiata con una Chiesa che è maschilista in radice come quella che abbiamo oggi. Questo non può e non deve avvenire;
-                  il diaconato sarebbe un passo in avanti ma non ci sembra debba essere solo modellato sulla chiesa dei primi secoli. Si può pensare ad andare oltre. Potrebbero manifestarsi modi nuovi , in luoghi e tempi diversi, mediante i quali lo Spirito offre alla comunità cristiana carismi preziosi . Pensiamo per esempio, a quanto il ruolo di mulieres probatae potrebbe essere prezioso nella funzione di accompagnamento spirituale di chi nella comunità è in ricerca o ha problemi esistenziali di qualsiasi tipo;
-                  se leggiamo il Vangelo vediamo quanto nel "seguito" di Gesù fossero presenti le donne contro le convenzioni del tempo e quanto fossero protagoniste in momenti indimenticabili del suo insegnamento. Oltre che col diaconato nella Chiesa le donne devono diventare protagoniste degli orientamenti pastorali e delle decisioni gestionali che presiedono alla vita delle nostre parrocchie e di tutte le strutture della vita cristiana (per esempio dei seminari).
Al popolo cristiano spetta adesso entrare dalla porta che papa Francesco ha iniziato ad aprire. Anche il percorso ecumenico ne sarebbe molto avvantaggiato. 
 
NOI SIAMO CHIESA

Bolzano e Lugano

 
Mi si permetta un'osservazione, perché vivo a Lugano, ma ho appena votato a Bolzano e conosco bene la situazione del capoluogo sud-tirolese. 
    I media hanno dato molto risalto al risultato elettorale della formazione "Casa Pound" alle recenti elezioni comunali di Bolzano. In verità questo gruppo neofascista ha raccolto il 6,21% dei voti, pari a tre consiglieri comunali su 45 in totale. Tutti i partiti si sono distanziati da loro, in primis i tre maggiori che probabilmente formeranno la nuova giunta comunale. 
    Se consideriamo che solo qualche decennio fa il Msi-Destra Nazionale di Fini era il primo partito a Bolzano, possiamo vedere che ora la consistenza dei neo-fascisti a Bolzano è risibile, praticamente nulla. E nulla avranno da dire i rappresentanti di "Casa Pound" sulla composizione della nuova giunta. 
    Isolati sono e tali rimarranno. In Italia – e non solo – è fisiologico che ci sia una certa percentuale di populisti o nostalgici. Il 6,21 % di Bolzano è folclore, fuori da ogni gioco politico concreto. In altri paesi e regioni come per esempio la Svizzera e il Canton Ticino le cose vanno diversamente. L'UDC/SVP e la "Lega", si collocano stabilmente intorno al 30%, primi partiti a livello nazionale e, rispettivamente, locale. Ma soprattutto partecipano al governo e detengono potere, specie in Ticino. Questa la vera differenza.
 
Peter Lorenzi - Lugano
 
 
Provetto giornalista di lungo corso sia nel campo dell'attualità che in quello delle inchieste, Peter Lorenzi certo non ignora che in talune situazioni le percentuali sono piuttosto ambigue rispetto a ciò che veramente significano come espressione di una determinata tendenza oggi, ahinoi, piuttosto diffusa. La storia è piena di schieramenti populisti o nostalgici che alla fine si sono rivelati molto meno isolati di quanto si potesse supporre. Quelli di "Casa Pound" saranno anche solo quatto gatti, che però, forti delle affinità con i circoli lepenisti e nazionalisti, graffiano anziché fare le fusa. E con il clima che imperversa in Europa sarebbe meglio non sottovalutarli. – La red dell'ADL

giovedì 19 maggio 2016

Non è scontato essere europei

Il mio intervento al Parlamento europeo

 

Nella sessione parlamentare di aprile sono intervenuto sulla strategia dell'UE in Asia Centrale. Le giovani repubbliche di quell'area condividono con l'Europa numerosi campi di partnership: energia, messa in sicurezza delle frontiere, contrasto alla radicalizzazione e al terrorismo, istruzione, agricoltura (video).

    Durante la sessione plenaria di marzo sono invece intervenuto sulla direttiva europea relativa al distacco dei lavoratori, una revisione che agisce sui lavoratori distaccati anche nel campo dei subappalti, sul lavoro interinale e sui distacchi di lunga durata. L'obiettivo deve essere quello di garantire uguale retribuzione a chi svolge lo stesso lavoro nello stesso luogo e contrastare gli abusi e la concorrenza sleale, che danneggiano lavoratori e imprese. Puoi ascoltare qui il mio intervento.

    In questa sessione sono intervenuto anche sul doloroso caso di Giulio Regeni. Ho chiesto che si cerchino senza sosta verità e giustizia, un dovere delle istituzioni europee affinché, anche in Egitto, la difesa dei diritti umani sia questione prioritaria. Per chi, come me, è attivo politicamente, è ancora più inaccettabile che un ragazzo paghi con la vita il provare a cambiare le cose attraverso i suoi studi e le sue ricerche (video).

 

Brando Benifei, Europarlamentare (S&D)

 

martedì 10 maggio 2016

Basta divagare

LETTERA / APPELLO

 

Besostri: “Il filosofo Papi sostiene la mia candidatura in Alternativa Municipale

 

Cari amici e compagni, se linkate sul sito ODISSEA, blog diretto da Angelo Gaccione, troverete una sorpresa: il sostegno di Fulvio Papi alla mia candidatura per Alternativa Municipale al consiglio comunale di Milano. Fulvio Papi è un decano della filosofia italiana, la cui storia si intreccia con quella della sinistra e del socialismo nelle sue migliori accezioni.

    Quando l'ho conosciuto era vice-direttore dell'Avanti!, quando aveva un'edizione ed una redazione milanese nel Palazzo dei Giornali in piazza Cavour. Mi ricordo che parlava del piacere di stare con sciarpa e cappotto, ma a capo scoperto, su una sdraio in una spiaggia d'inverno.

    Due libri letti in quel periodo di ventenne, marxista immaginario, hanno segnato le mie scelte politiche Rapporto socialista. La sinistra italiana tra alternativa al neocapitalismo e rischio dell’integrazione (che ora è una certezza, che ha distrutto prima il PSi e dopo il PCI nelle sue varie reincarnazioni del PDS, DS e infine del PD) di Fulvio Papi e sulle Orme di Marx di Rodolfo Mondolfo (che sorpresa aver scoperto molti anni dopo la sua influenza su Lelio Basso prima di Rosa Luxemburg!).

    Ripercorrendo una strada obbligatoria alla fine del XIX/inizio del XX secolo per ogni socialista, che guardasse oltre le Alpi mi sono fatto l'esperienza tedesca prima con lo SDS poi più istituzionale con gli Jusos e contando sulla conoscenza di Wolfgang Abendroth, decisivo per il mio interesse per il diritto costituzionale tedesco, che giocò un ruolo inaspettato nell'annullamento del Porcellum, esattamente 45 anni dopo.

    BASTA DIVAGARE DOVETE LEGGERE NEL MERITO IL CONTRIBUTO DI FULVIO PAPI PER UNA POLITICA MUNICIPALE ISPIRATA DAI VALORI E DALLE ANALISI CHE DOVREBBERO UNIRE LA SINISTRA.

    Così non è, ancora. Questa città ha bisogno di ritrovare le sue radici di quando era avanguardia nell'innovazione municipale. Ora ho una linea guida. Non ci sono promesse di fare questo o quello, non riesco a dimenticare la battuta che "in politica le promesse impegnano soltanto chi le ascolta" ma di come farlo e con quali istituzioni e forme di partecipazione popolare cittadina.

    Non potrò separare la campagna elettorale dal prioritario impegno per la difesa della democrazia costituzionale minacciata da leggi elettorali incostituzionali, come lo era il porcellum ed ora l'italikum per il Parlamento nazionale, ma anche per le regioni, a cominciare dalla nostra Lombardia, per le province e città metropolitane e soprattutto da una revisione, indegnamente chiamata "riforma", costituzionale. Tutti questi impegni mi portano dovunque in Italia dalle Alpi al Lilibeo o più semplicemente ieri a Mestre e oggi a Verbania.

    Ho bisogno, quindi, di tutti voi.

    Se il sostegno di Fulvio Papi vi convince, fatelo girare a chi conoscete o chiedete materiale della lista di cui faccio parte e del candidato Sindaco, Luigi Santambrogio.

    Chi avesse preso altri impegni o fatto promesse ci ripensi o usi il voto disgiunto!

 

Felice C. Besostri, Milano

 

   

 

LETTERA

 

Torneranno i fantasmi?

 

Una mia riflessione su Italikum e revisione costituzionale,

con preghiera di diffusione-pubblicazione.

 

Quasi alla chetichella, un articolo seminascosto del Sole24ore (28.4.2016, p. 26) presenta alcune notizie per noi – contro l'Italikum e la revisione costituzionale – molto interessanti.

    1. Il 4 ottobre la Corte Costituzionale discuterà sull'ammissibilità dei ricorsi sulla stessa legge elettorale. Sappiamo che un nostro avversario, Giuliano Amato, è fra i sostenitori delle riforme renziane in palese conflitto col suo ruolo di giudice costituzionale. Sappiamo che il nostro compagno Felice Besostri saprà fare del suo meglio.

    2. Le date per il referendum confermativo (SENZA QUORUM) sulla revisione costituzionale saranno o il 9 o il 16 ottobre. Abbiamo quindi non molti mesi per rafforzare la nostra campagna. Ricordo ai meno sensibili che si tratta di una battaglia decisiva.

    3. Ricordo che le elezioni politiche in Spagna si terranno il prossimo 26 giugno. Appena 3 giorni prima si terrà il referendum in UK sulla permanenza o meno nell'UE. Inutile aggiungere che le notizie non vanno confuse né vanno considerate estranee.

    4. Assetti della repubblica italiana e destini del neoliberismo made in UE sono connessi, lo sappiamo. Non sappiamo come le due traiettorie andranno a svilupparsi. Sappiamo che si può uscire a sinistra con molta difficoltà dalle crisi, ALTRIMENTI I FANTASMI DEL PASSATO POSSONO TORNARE.

 

Gaetano Colantuono

        

    

 

LETTERA

 

Sprofonda l’umanità

 

Una fitta al cuore. Dolore, immenso dolore. Centinaia, forse 500, forse di più. Vite spezzate, perse per sempre allo scrigno dell’Umanità. Ma già dimenticate, oblio totale. E’ passata una manciata di giorni e i valzer di palazzo, il grigiore delle cancellerie, gli inutili lustrini e chiac­chiericcio della “gente importante” ha spazzato via tutto. Volti, occhi, voci che non conosceremo mai. E che qualcuno, in una lati­tu­dine lontana continuerà ad aspettare. Senza mai sapere cosa è successo. Nei campetti di periferia, nei vicoli assolati dei paesi, negli angoli più diversi delle città, risuonano risate, grida, bambini di ogni età inse­guono una sfera e – indossata una maglietta – sognano di essere Messi o, chissà, il nuovo Maradona. Sulle panchine dei parchi cittadini, nelle stradine delle campagne, in una stanza inondata di musicali e poetiche note, c’è chi sogna ad occhi aperti, chi sente il battito del proprio cuore più forte del rombo di un tuono. Quanti di questi sogni, di questi fili rossi, di queste esistenze non ci sono più, spezzati in fondo al mare? Quanti di loro hanno visto morire un familiare, quanti ricordano la bella Kandahar ormai solo pallido ricordo, quanti sotto le stelle scappavano dai deserti di sabbia ma soprattutto dell’economia, della finanza, dell’arricchimento di pochissimi ricchi alle spalle di milioni di poveri? Non lo sapremo mai. E’ una fitta al cuore che non va via.

    “Strage in mare, è giallo” scrive in prima pagina Il Manifesto del 19 aprile. Ed un pugno allo stomaco colpisce violento, improvviso, spezza il fiato. E non si riesce a capire se son lacrime di dolore o di rabbia. O forse entrambi, drammaticamente mescolati nell’animo. Quante volte queste parole le abbiamo sentite in questi decenni? Quante volte ancora dovremo leggerle? Era il 1996, chissà quanti lo ricordano, l’Italia si preparava ai grandi cenoni, agli sfarzi di Natale e Capodanno. E af­fon­dava nel Canale di Sicilia la “nave fantasma”, la cui esistenza per anni fu addirittura negata. Senza la testardaggine indignata e appassionata di Dino Frisullo si sarebbe continuato a negare, all’infinito. 283 persone cancellate dalle cronache e dall’oblio. Passano pochi mesi e la Kater I Radesh avrà la peggio contro una corvetta della Marina Militare. Oltre ottanta morti, oltre 20 dispersi. Si ricorda la strage del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa, ma l’elenco è in realtà sterminato, infinito …  La rabbia, l’indignazione, il dolore che lacerano cuore e anima non ba­sta­no. Perché quei “gialli”, queste stragi che si ripetono (mentre scrivo arriva la notizia di un nuovo eccidio in fondo al mare) sono solo una parte della storia. L’altra parte è quella della fasciomafia romana (termine coniato dalla Procura di Roma all’epoca dei primi arresti), dei lager per migranti e dell’infinita catena di violenze, abusi e diritti negati ( ne sono stati riportati alcuni dei conosciuti a chi scrive)  che ormai va avanti da decenni. Almeno dall’assassinio di Jerry Maslo (), all’Emergenza NordAfrica del 2011 documentata da Stefano Menche­rini con il film “Schiavi – le rotte di nuove forme di sfruttamento), dall’infinita vicenda del Regina Pacis di Lecce (riassunte proprio da Stefano Mencherini, autore nel 2003 di un documentario su quanto accadeva nel Cpt salentino, recentemente sul proprio sito ) ai centri più o meno periodicamente chiusi per le disumane condizioni in cui son tenuti e allo schiavismo presente in tante Regioni. La stessa strage di Natale del 1996 e l’affondamento della Kader I Radesh non sono solo “tragedie improvvise”, ma raccontano quel che era. Ed è. Perché la corvetta della Marina Militare non si trovava lì casualmente e da sola, era un mattone di quel “muro di navi di guerra” (come lo definì Tom­maso Di Francesco su Il Manifesto del 27 marzo 2007) davanti le coste albanesi per fermare i migranti diretti verso l’Italia. Persone distrutte e rovinate dal crollo delle “piramidi albanesi”, vittime della finanza crea­tiva e dei suoi giochi. In quei mesi affondano le radici della successiva guerra contro i migranti, della propaganda delle destre e delle leggi criminogene anche della diversamente destra. E la strage di Natale del 1996 fece emergere “la prima fotografia della catena imprenditorial-criminale” () delle mafie sulla pelle e la vita dei migranti. Narcomafie  documentò nel settembre 1997 (http://web.tiscali.it/isolapossibile/tematic/immigrazione/frisullo.htm ) i fatti del Natale precedente. “La holding degli schiavisti” è l’inchiesta di Dino nel quale quella fotografia fu riportata con dovizia di partico­lari, documentata nei dettagli, raccontata squarciando ogni velo. Se si vuol conoscere gli antenati, la genesi, le radici di “Mafia Capitale”, dei colletti più o meno bianchi che prosperano e si arricchiscono nelle tratte dei migranti, del sistema di coloro che con una mano raccolgono ingenti finanziamenti pubblici  e dall’altra confinano in luoghi a dir poco disumani e terribili i migranti (danneggiando migranti, res publica e coloro che quotidianamente costruiscono reali percorsi di accoglienza e convivenza con i migranti, garantendo dignità, diritti e onestà), quell’inchiesta è l’inizio obbligatorio.

    In fondo al Mediterraneo, nei muri (reali e non solo) della Fortezza Europa, nel girare la testa dall’altra parte e nel farsi megafono di campagne di odio, disprezzo, caccia al “nemico”, sta affondando l’umanità. Ma nessuno si creda assolto, nessuno può pensare che basta scansare e non è minimamente coinvolto. Mentre costruivano legislazioni criminogene e repressive, mentre il migrante veniva “trasformato” in un pericolo per l’ordine e la “sicurezza”, hanno distrutto i diritti di tutte e tutti. Schiavi, Mare Nostrum, le inchieste sullo schiavismo, il ritorno del caporalato, lo sfruttamento criminale e mafioso, i luoghi senza alcuna dignità e umanità che più o meno periodicamente vengono scoperti e denunciati sono il barcone nella quale tutti siamo confinati dal Capitale.

 

Alessio Di Florio – Rete dirittiglobali-request@peacelink.it

            

 

martedì 3 maggio 2016

La legge contro la tortura entro il 2016

Riceviamo e doverosamente pubblichiamo

  

Ilaria Cucchi si batte ormai da sette anni per suo fratello, Stefano, morto nell'ottobre del 2009, e per "una giustizia che ha dimenticato i diritti umani". Ora chiede che Parlamento e Governo approvino finalmente, ed entro quest'anno, il reato di tortura in Italia. "Stiamo chiedendo all’Egitto verità per Giulio Regeni. Dobbiamo farlo. Ma ricordiamoci che lo facciamo dall'alto del fatto di essere l’unico Paese d’Europa a non avere una legge contro le brutalità di Stato. La Corte di Strasburgo ha già condannato l’Italia per gli orrori del G8 di Genova nel 2001. Che aspettiamo?"

 

di Ilaria Cucchi

 

Mi chiamo Ilaria, ho 42 anni e 2 figli. Vivo a Roma e di Roma è tutta la mia famiglia. È qui che sono cresciuta: non da sola, ma insieme a mio fratello Stefano, quello "famoso". Stefano Cucchi, "famoso" perché morto tra sofferenze disumane quando era nelle mani dello Stato e, soprattutto, per mano dello Stato.

    Mio malgrado, sono molte le persone che mi conoscono in questo Paese. Sanno come sono fatta. Sanno - perché da sette anni ormai non mi stanco di ripeterlo - che sono in ottima forma fisica e che sono viva. Al contrario di mio fratello, che pesava quanto me ma che vivo non è più.

    Nell'ottobre del 2009 non sono stata picchiata. Non mi hanno pestato, non mi hanno rotto a calci la schiena, non ho avuto per questo bisogno di cure mediche. Non mi hanno torturato. Sono viva. Sono viva e combatto con una giustizia che ha dimenticato i diritti umani.

    Sono viva e da allora mi batto per non smettere di credere. Ecco perché chiedo che Parlamento e Governo approvino finalmente, ed entro quest'anno, il reato di tortura in Italia. Stiamo chiedendo all’Egitto verità per Giulio Regeni. Dobbiamo farlo. Ma ricordiamoci che lo facciamo dall'alto del fatto di essere l’unico Paese d’Europa a non avere una legge contro le brutalità di Stato. La Corte di Strasburgo ha già condannato l’Italia per gli orrori del G8 di Genova nel 2001. E ci ha imposto l’introduzione nel nostro codice penale del reato di tortura. Che aspettiamo?

    Nonostante tutto io alla giustizia ci credo ancora. In questi giorni di preparazione alle elezioni amministrative in grandi città come Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, ho lanciato delle provocazioni. Ho provato a richiamare l'attenzione della politica di qualsiasi colore su qualcosa che da sette anni fa parte della mia vita. Perché da sette anni sono una donna che chiede giustizia per l'abuso di cui è stato vittima suo fratello. E da sette anni sono una cittadina che chiede che la sfera pubblica dia finalmente risposte di civiltà.

    Ho sempre creduto e continuo a credere nonostante tutto all'uguaglianza sostanziale di ognuno di noi di fronte alla legge. Vedo la politica litigare con la magistratura, i giudici scontrarsi con i governi ma non vedo, continuo a non vedere la base. E la base può essere solo quella di ripartire dai diritti umani.

    Voglio che si riaccendano le luci non solo su questioni che riguardano la memoria di Stefano, ma che hanno a che fare con tutti noi. Penso a Giulio Regeni, Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi, Riccardo Magherini. Tutte queste storie, tutte le persone dietro a queste storie ci testimoniano, con la loro morte che è una morte di Stato, che uno Stato di diritto senza diritto è una banda di predoni.

    In questo nostro Stato manca un fondamento: quello del reato di tortura. Non è uno Stato di diritto quello che permette che un uomo, Andrea Cirino, venga torturato in carcere. E che permette che per questo orrore disumano non ci sia alcuna condanna, perché il reato di tortura in Italia non c'è.

    Per quale motivo l'Associazione nazionale Magistrati che è sempre così giustamente sensibile ai problemi che la legislazione in materia di lotta alla corruzione e alla mafia può creare, mai e dico mai è intervenuta sul tema degli abusi e della violazione dei diritti civili e della mancata approvazione di una legge sulla tortura?

    Se non si parte proprio da questo a nulla può portare il confronto tra le istituzioni: sono scontri di potere a danno dei cittadini, che vengono schiacciati, non tutelati.

    Ogni tassello rimesso a posto rende più vicina la verità.

    Per Stefano, per Giuseppe, per Marcello, per Giulio, per Riccardo e per tutti gli altri: approviamo il reato di tortura in Italia entro il 2016!

 

Vai al sito per firmare la petizione