sabato 19 ottobre 2013

Sinapsi vacillanti!

L'autore della lettera "Francamente me ne infischio" (v. ADL 10.10.2013) ci scrive un'altra lettera senza peli sulla lingua.


Egregio Direttore, nella realtà e non nelle astruserie dei Suoi mondi paralleli, esistono miliardi di persone che ostinatamente continuano ad associare il nostro paese alla fantasia, alla genialità, al saper vivere. Quest'ultimo concetto pare non appartenerle, ma aiuta molto le nostre esportazioni. Poi c'è un gentiluomo svizzero (lei) con le sinapsi vacillanti che associa i problemi del debito pubblico con la prostituzione minorile. Se le capacità di sintesi che le restano sono quelle evidenziate non fanno che confermare il popolare adagio: "La vecchiaia, che carogna!"


Vito Antonio Ayroldi


"Favoreggiamento alla prostituzione minorile". Anche per questo reato è stato condannato un nostro ex Presidente del Consiglio. Il danno per il nostro Paese è enorme. Dopodiché noi italiani avremo pure la sinapsi della genialità, quanto meno da giovani, ma in giro per il mondo ci si domanda perché continuiamo a tenerci il Cav. In realtà, il popolo italiano lo sta mandando via, ma molto lentamente. (AE)

Un’altra speranza

Nel suo bell'articolo "A bocce ferme<http://politica.avvenirelavoratori.eu/2013/10/a-bocce-ferme.html>", Paolo Bagnoli conclude con un'ironica esortazione: "E dunque: speriamo. In fondo, non costa niente".


Sulla "speranza" condivido quello che diceva Monicelli: "La speranza è una trappola inventata dai padroni… Io spero in qualcosa che non c'è mai stata in Italia, una bella rivoluzione".

Vi segnalo un'intervista a Mario Monicelli che trovate su YouTube al seguente indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=YeR7whMvREI.


Camillo Coppola

Circa l’immigrazione

La povertà e la guerra sono le cause
principali dell'immigrazione di oggi.

Ancora oggi, in molti paesi dell'Africa e dell'Asia, predomina un'arretratezza socio economica che ha stremato le popolazioni locali. Molti di questi paesi, sono governati da prepotenti che utilizzano la ricchezza dei loro paesi solo per fini personali, alla popolazione non rimane altro che il sogno e la speranza di raggiungere una vita serena altrove. L'altra causa predominante è la guerra che spinge le persone a lasciare dietro le loro spalle la propria storia per salvarsi da un eventuale morte.
E' logico che un paese fragile come l'Italia, non può trovare una soluzione definitiva e collocare tutti gli immigrati che arrivano in Italia. Ma secondo gli accordi presi dal governo italiano con il resto dei paesi europei qualche anno fa, tutti gli immigrati richiedenti lo status di rifugiato politico, dovranno fare questa richiesta al primo pese di arrivo, in questo caso l'Italia. Qui bisogna ricordare, che la maggior parte degli immigrati non ha nessuna intenzione di chiedere di rimanere su suolo italiano, anzi vorrebbero soltanto attraverso l'Italia raggiungere alcuni paesi come la Germania e i paesi nordici. Ecco perché l'Europa tra gli anni 2009 e 2010, pare che abbia messo a disposizione del governo italiano circa duecento venti milioni di euro per l'assistenza ai rifugiati.
Nel passato, quando quasi tutti i paesi dell'Europa occidentale avevano bisogno della mano d'opera, specialmente nel campo industriale e terziario, di conseguenza l'immigrazione non veniva mai visto come un problema, o non veniva visto come un'invasione! Perciò i conflitti tra la popolazione locale e quella straniera non arrivavano mai a livelli di scontro. Grazie anche alla globalizzazione! molte industrie sono state de localizzate e trasferite nei paesi a basso costo di mano d'pera, lasciando i lavoratori locali alla ricerca di nuove occupazioni, e quindi ciò crea tensione tra entrambi i lati. È la guerra tra i poveri! Alcuni partiti cavalcano questo argomento e diventano i veri difensori della patria!.
L'immigrazione è una realtà e non può essere vista come un evento temporaneo, finché ci saranno la povertà e la guerra nel mondo, ci sarà l'immigrazione. Esistono esempi eclatanti a riguardo, l'Iraq di qualche anno fa, era un paese che accoglieva gli immigrati provenienti da vari paesi, nei primi anni ottanta i soli lavoratori egiziani erano di circa un milione su una popolazione di quattordici milioni di iracheni. Dopo la guerra tra l'Iraq e l'Iran, che durò otto anni con danni incalcolabili per entrambi le parti, l'Iraq da paese di accoglimento divenne paese d'emigrazione. Centinaia di miglia di persone hanno lasciarono i due paesi belligeranti. Negli anni della guerra, i paesi produttori d'armi, vendevano le loro armi, sofisticate e intelligenti, ovviamente autorizzati dai rispettivi governi.
L'immigrazione dunque, deve essere vista come un problema mondiale, e come tale va affrontato collettivamente. Ed è incredibile che le nazioni dell'Onu, in riunioni tanto spettacolarizzate, abbiano potuto decidere l'invasione di un paese membro, spendendo un fiume di denaro "pubblico", con esiti tanto fallimentari. Non riescono a trovare soluzioni per fermare una guerra. Né riescono a produrre progetti di sviluppo in qualche paese povero.
Molte nazioni spendono cifre enormi per acquistare nuove armi, anche l'Italia acquisterà i tanto discussi F35, e così spenderà circa quattordici miliardi. Se i fondi di tanti paesi acquirenti di quei velivoli della morte venissero impiegati per realizzare progetti di sviluppo nei paesi bisognosi, l'intero mondo cambierebbe radicalmente in meglio.
L'ONU, fino a oggi è un'istituzione poco credibile, dovrebbe essere riformata e diventare un'istituzione seria, con il compito di monitorare continuamente le diverse problematiche dell'intero mondo. Potrebbe allora impedire da subito nuove guerre. Le nazioni ricche dovrebbero spendere una piccola parte del loro Pil a favore di progetti di sviluppo nei paesi poveri, che non possono rimanere dipendenti e poveri per eternità. Solo con la creazione di lavoro nei paesi poveri, i giovani avranno la speranza di migliorare il loro futuro e rimanere nei propri paesi. L'intera umanità ne trarrebbe vantaggi, altrimenti la corsa degli immigrati verso paesi ricchi continuerà con risvolti drammatici.
Il Mediterraneo è diventato una fossa comune per tanti giovani disperati, che hanno una sola colpa: quella di essere nati in un paese povero, o in guerra. Cambiare mentalità e lottare per un obiettivo comune è possibile.

Kawa Goron, Milano, 10/09/2013

Verdiani in Australia

LETTERA DA ADELAIDE


IL CONCERTO DI ADELAIDE



Nella stupenda Elder Hall del Conservatorio di Adelaide, Domenica, 6 ottobre, un pubblico affollato e religiosamente attento e partecipativo ha celebrato degnamente il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi.

Il programma dei brani tratti dalle opere, sapientemente scelti dal Professor Antonio Comin, ha idealmente percorso le tappe della carriera artistica di Verdi, dalla prima opera, Oberto, Conte di San Bonifacio, rappresentata al Teatro alla Scala di Milano nel 1839, al Falstaff , rappresentata allo stesso Teatro nel 1893 e infine chiuso con la sublime e solenne Messa da requiem.

Ogni brano è stato introdotto dal Professor Comin con una presentazione impeccabile ed elegante, ma anche calda ed appassionata, che ha portato il pubblico ad immergersi nei tempi, luoghi ed emozioni che hanno ispirato le varie opere.

Anche la scelta del Coro, l'Adelaide Harmony Choir, uno dei cori più numerosi di Australia, con i suoi circa 100 membri, ha contribuito a conferire maestà e potenza alla musica di Verdi, eccellentemente eseguita dalla Norwood Symphony Orchestra con la direzione di David Reid.

Applauditissimi, il soprano Teresa La Rocca e il giovanissimo baritono Andrew Jones, che ha stupito il pubblico per la profondità della sua voce.

Dulcis in fundo, una bella sorpresa preparata dal Professor Comin, dopo la fine del programma, è stata l'esecuzione del Va pensiero dal Nabucco, con l'invito al pubblico a partecipare.

I commenti da me raccolti a fine concerto e nei giorni immediatamente successivi attraverso un gran numero di testimonianze è che noi, Italiani di Adelaide, abbiamo bisogno di più eventi di questo genere e di più eventi culturali in genere per tener viva la nostra cultura italiana, ma mi sia permesso di commentare, a mia volta, che mi sembra niente sia cambiato dal lontano 1986, quando su questa stessa pagina del Globo, lanciavo un appello per una maggiore partecipazione e scambio fra organizzazioni italiane per portare a termine progetti culturali rilevanti per qualità e impegno finanziario.

Per allestire un evento, tipo questo concerto, c'è un lavoro inestimabile dietro le quinte, che non può essere assolto solo da poche persone. Per realizzare di più, occorre partecipare di più, e per partecipare occorre che la propria individualità, e il bisogno impellente che ogni Italiano ha di affermarla in primo piano, venga invece incanalata in lavoro di Gruppo, per il quale quello che conta è il risultato e soprattutto la qualità dello stesso.

Pensando al grande lavoro svolto per questa occasione, vorrei ringraziare, personalmente, e a nome anche di tutti quelli che condividono, prima di tutto, il Professor Antonio Comin, perché senza di lui, questa celebrazione non avrebbe avuto luogo, poi Cesare La Stella, Angela Vaccari e gli altri membri dell'Italian Cultural Association che si sono occupati intensamente della pratica realizzazione dell'evento, Deborah Baldassi per la bellisssima realizzazione del poster e, non per ultimi, gli sponsors che con la loro generosità hanno contribuito a varare il progetto, infine il pubblico che ha partecipato e con il suo entusiasmo ha sigillato la validità di questo tipo di eventi.

A credito dell'Italian Cultural Association va il fatto che unica, fra le organizzazioni italiane di tutta l'Australia (salvo smentita), ha celebrato l'Anno Verdiano con una rappresentazione simile, senza, fra l'altro, alcun contributo da parte delle Istituzioni Italiane.

Giovanna Fabrizio, Adelaide (Australia)

Care amiche e cari amici, lontani ma vicini, grazie della bella notizia e vivissime congratulazioni! – La red dell'ADL

lunedì 14 ottobre 2013

LETTERA AL DIRETTORE Francamente me ne infischio

Egregio Direttore, sia detto con grande rispetto per Lei, ma al suo Editoriale (Inciampare due o più volte, ADL 3.10.2013) rispondo proprio come in oggetto. Me ne frego! Me ne frego della nipote di Mubarak. Me ne frego di Berlusconi. Me ne frego del Parlamento.
E basta co' sta storia. E' forse quella l'unica nefandezza accettata o creduta da un Parlamento di nominati? Nelle commissioni parlamentari ne approvano a decine tutti giorni. Tutti i giorni. E il Governo Letta? Si è provato a leggere come è composto uno, anche uno solo, dei suoi decreti omnibus. Quelli che costituzionalmente dovrebbero avere il crisma della necessità e dell'urgenza e invece mischiano gli argomenti più vari e futili come fossero ortaggi di un insalata mista. Umiliando il Parlamento tutti i giorni. Questo accade tutti i giorni!
E che dire di quei paesi che ossequiamo recandoci questuanti a visitarli. Come gli Usa di quel generale che si presenta all'assemblea dell'ONU chiedendo di bombardare un paese intero agitando in mano la prova regina: una provetta di borotalco. Cosa dovremmo pensare degli USA? Seguendo il suo metro, che sono governati da una banda di cialtroni niente affatto diversa dalla nostra che almeno, per bombardare i Serbi, una scusa migliore eravamo riusciti pure ad accroccarla. O della perfida Albione che accetta silente che una delle sue multinazionali più profittevoli faccia massacrare dai sui vigilantes privati decine di inermi lavoratori in sciopero in Sud Africa? In Italia, per fortuna, bisogna risalire ai tempi di Bava Beccaris per ricordarsi di fatti del genere…

Nun ve regge cchiu!
Vito Antonio Ayroldi


Riassumiamo. Ci sono, sul pianeta, alcuni miliardi di donne e uomini che associano un certo paese al favoreggiamento della prostituzione minorile. Poi c'è il paese stesso che ha bisogno di fiducia, credito e circa trecento miliardi l'anno per rifinanziare il suo debito pubblico. E poi c'è lei, che se ne frega. (A.E.)

lunedì 7 ottobre 2013

Un “Ipse dixit” surreale

LETTERA

Da anni riceviamo la vostra pubblicazione on line che mantiene vivo il socialismo tradizionale attento ai lavoratori. Non abbiamo mai interloquito direttamente ma ci spinge a farlo l'ADL della settimana scorsa dedicato al XX settembre.

Già l' iniziale Ipse dixit – che alla frase di allora di Francesco de Sanctis accoppia una frase odierna di Papa Francesco – è surreale perché accetta tranquillamente l'ingresso nel dibattito politico civile del capo della Chiesa, facendo quello cui non era arrivato il Craxi del Concordato 1984, quando aveva dato la giusta indicazione "non affamate i preti" e pure si era ritrovato il pacchetto Acquaviva Tremonti dell'otto per mille che i preti li ha arricchiti fino ad oggi in barba alle scelte dei cittadini. ADL prosegue poi corredando l'opportuno titolo "I laici di fronte alle "parole nuove" di papa Bergoglio", con l'articolo di Ludovica Eugenio, interessante ma incentrato sulla panoramica dei giudizi circa i rapporti tra mondo cattolico e omosessuali. Quindi un articolo elusivo del tema del titolo. Per non eluderlo è indispensabile che i laici evitino sì l'anticlericalismo (funzionale ad un potere temporale di altre epoche) ma anche la ricerca nelle parole del Papa di novità convergenti con la laicità. Tale ricerca comprometterebbe tre caratteri fondamentali della laicità, la distanza irriducibile della cultura laica da quella religiosa, il cardine che è la diversità di ogni cittadino, l'estraneità laica al considerare la religione un interlocutore sulle regole civili.

I laici non debbono vagheggiare cambiamenti di linea di cultura religiosa nel magistero di Francesco rispetto a Benedetto XVI, che non ci sono (non per caso la prima enciclica di Francesco è dichiaratamente opera di Ratzinger) e neppure potrebbero esserci. Debbono prendere atto laicamente delle novità che Francesco manifesta nel linguaggio e nell'approccio agli esseri umani, senza farsi in tema di meccanismi delle regole civili. La Chiesa di Francesco intende più praticare la prossimità umana che non insegnare la fede, convinta che la prossimità è il concretarsi della verità della fede. Ma ciò non intacca né può intaccare il nucleo del messaggio civile laico: l'autonoma libertà del cittadino che si traduce nella sua sovranità nel costruire le istituzioni della convivenza attraverso il conflitto democratico tra cittadini diversi. Insomma, Francesco impernia la Chiesa sulla prossimità alle persone ma non sulla decisione delle persone, perché per lui la vita appartiene solo a Dio e al riconoscerlo. Perciò è urgente che il mondo laico rilanci la centralità civile del cittadino, che è il cardine del metodo laico, mostratosi efficace in secoli di pratica. E questo, purtroppo, ADL finora non lo ha messo in evidenza. Speriamo lo faccia presto.

Raffaello Morelli, Federazione dei Liberali

 

Caro Morelli, grazie della sua interessante interlocuzione, sulla quale torneremo prossimamente cercando di entrare nel merito di alcune importanti questioni che lei solleva. Per il resto, i nostri "Ipse dixit" sono spesso surreali, anche perché cercano di riassumere la situazione in una frase che ci sfida a riflettere. – La red dell'ADL