martedì 23 settembre 2008

Catania: Assolto il Rom accusato di rapimento

Mercoledì 17 settembre, il tribunale di Catania ha assolto il giovane Rom, Sebastian di 24 anni che il 15 maggio era stato accusato di avere tentato di rapire, assieme ad una donna Rom romena – Viorica di 20 anni - una bimba di tre anni nell’area di parcheggio di un ipermercato nella zona catanese.

L’ infamante accusa era totalmente FALSA!
Così ha sentenziato il Tribunale di Catania, in maniera netta, senza nessuna ombra di dubbio.
Molti ricorderanno l’evento, rilanciato roboticamente, ad arte, per diversi giorni da tutti gli organi di informazione nazionali, televisivi e cartacei. Nel clima massificante e di “obbedienza” quasi tutti gli addetti ai lavori giornalistici – tranne alcune eccezioni - non furono sfiorati da nessuna ombra del dubbio, che dovrebbe essere sempre figlio diretto del democratico e civile raziocinio umano.

Dagli ai nuovi nemici untori e distruttori della pacifica e civile convivenza degli italiani! Quelli….che tranquillamente, in parecchi casi, si ammazzano e si stuprano in famiglia e tra gli affetti d’amore.

Le “carte stampate” locali dedicarono intere pagine, lunghi, stigmatizzanti e solenni furono i servizi televisivi…..inseguendo la sciocca e velenosa velina.

Emerse, complessivamente, dalle Alpi a Capo Passero, una voce unica e totalizzante: dagli ai Rom. I partiti e le organizzazioni delle destre amplificarono in maniera possente e perversa l’attacco ai ROM, accusati ancora una volta di essere dediti al rapimento dei bambini.

Per Loro era tutto grasso che colava. Si scagliarono “lancia in resta”: in nero paludati, in gesso griffato o con l’ampolla. Da sfruttare al massimo, giusto per aizzare l’odio.

Il drammatico ed inesistente caso fu montato ad arte ad appena quattro giorni dalla vicenda di Ponticelli (Napoli), dove una ragazza Rom di 16 anni fu accusata di aver tentato di rapire una bimbetta di pochi mesi.

Caso ormai smontato, risultato privo di veridicità.
A seguito del razzismo, della caccia ai “diversi”, scientificamente propagati, furono bruciati tutti i campi Rom esistenti nell’area di Ponticelli.

Nell’ “evento” catanese i due innocenti giovani, a seguito dell’accusa, finirono in carcere.
Le conseguenze per tutti i Rom stazionanti a Catania furono tragiche e pesanti.
A pochi giorni di distanza ai residenti nel principale campo (circa duecento), quello ubicati nel quartiere di Zia Lisa, fu comandato di andare immediatamente via, e ritornare in Romania. La qual cosa avvenne.

I Rom, terrorizzati, che avevano tanti bambini che frequentavano regolarmente le scuole elementari cittadine, “preferirono scegliere il consiglio”, abbandonando velocemente il campo.

Successivamente le povere baracche furono reiteratamente date a fuoco e distrutte.
Come si fosse tornati alle orride persecuzioni nazifasciste contro gli ebrei.
Il tutto è tranquillamente avvenuto sotto il mantello della nostra italica democrazia, nell’anno di grazia 2008, mese di maggio, nell’era del terzo governo delle destre… dopo Tangentopoli.

Meno male che Giustizia è stata fatta.
Civico e democratico onore ai giudici catanesi! …anche se la donna rom è ancora detenuta, per approfondire se nell’evento in causa, inesistente, non siano ravvisabili altri reati minori.

La vicenda catanese (e quella napoletana) insegnano ancora che è molto facile che un popolo, sottoposto a continua pressione mediatica in chiave razzista, possa facilmente perdere la testa, e quindi, vilmente e brutalmente agire, “ubbidir tacendo”.

Lettera firmata, Torino

L'antifascismo dei fascisti e il fascismo dei qualunquisti

Per rispetto dei morti di ieri e di quelli di oggi bisogna denunciare il fatto che: se esprimere opinioni diventa sempre più spesso reato, incitare alla violenza è diventata un’opinione.

Difficile stupirsi che un ministro della guerra come La Russa ed un podestà di Roma come Alemanno approfittino dell’8 settembre (giorno dello scioglimento al sole dell’esercito della monarchia fascista e della speculare, e vittoriosa, nascita della Resistenza popolare) per fare l’apologia delle camicie nere collaborazioniste dei nazisti.

Indignarsi sì, è doveroso, soprattutto con questa Italia di oggi, ignorante o dimentica di un passato che rappresenta le fondamenta della Repubblica e della Costituzione.

Difficile perfino stupirsi che – a differenza del capo degli ex (?) fascisti, Fini, che da anni cerca sempre più solitario di proporre una svolta del suo partito, puntando a collocarsi nel solco della destra europea di tradizione liberale ed antifascista - il presidente del consiglio Berlusconi liquidi la questione sbrigativamente: in fondo, i peggiori fascisti sono sempre stati quelli che hanno approfittato e strumentalizzato gli squadristi, lasciando a loro il lavoro sporco e dedicandosi invece ai propri affari. La storia dell’Italia moderna è (anche) la storia di classi dirigenti che sono state consecutivamente monarchiche, fasciste, democristiane ed ora berlusconiane, disposte ad accettare ogni compromesso, pur di mantenere le mani libere sulla società e l’economia.

A volte (certo non sempre, né spesso…) è comprensibile parlare di buona fede delle pedine del movimento fascista, parte delle quali ha chiuso per tempo con quel passato, rendendosi conto del tragico errore. Ma non è ammissibile parlare di buona fede per i profittatori, gli opportunisti, i grandi e meno grandi burattinai. Quelli di ieri, come la monarchia e le gerarchie statali, economiche e religiose del nostro paese; quelle di oggi, che sputano sulla memoria del sacrificio di antifascisti e partigiani e confondono con un interessato disinteresse le ragioni e le colpe della nostra storia.

D’altronde, come lamentarsi se parte della stessa sinistra italiana – iniziando dai postsocialisti di Craxi per finire con i postcomunisti come Violante – ha cercato di accelerare una vana corsa verso il “potere” gettando le proprie ragioni alle spalle nella smania di legittimarsi e finendo per avvalorare le non-ragioni dell’avversario, dal “superamento dell’antifascismo” alla “comprensione per i ragazzi di Salò” fino alla moltiplicazione astronomica delle foibe e dei “triangoli della morte”. Fra politici furbetti e storici alla moda si è fatto strame di ogni principio e dato di fatto.

D’altronde da anni siamo arrivati ai paradossi: come quello dei fascisti in abito buono diventati i migliori “amici” di Israele, mentre la sinistra (quella che ha popolato i campi di concentramento ed i forni crematori nazisti per prima, rispettivamente insieme ai portatori di handicap ed ai pazienti psichiatrici, e poi agli ebrei, cristiani evangelici confessanti, testimoni di Geova, omosessuali e nomadi) viene accusata di antigiudaismo per la difesa dei diritti dei palestinesi, vittime insieme agli ebrei dell’antisemitismo e del colonialismo europeo. Vescovi nazisti sono stati proclamati santi (come il croato Stepinaz), mentre ogni azione partigiana viene messa all’indice.

Intanto, nella nostra “civile” Italia postantifascista, si può di nuovo dare la caccia liberamente agli omosessuali ed agli stranieri, incendiando le loro case, ammazzandoli di botte per la strada o facendoli morire come mosche nei cantieri, dove di “nero” ci sono soprattutto i rapporti di lavoro. In un paese dove non si sono mai fatti i conti con le centinaia di migliaia di vittime del colonialismo e delle guerre italiane, ogni aggressione è derubricata dalla magistratura (ma come si sono potute – a sinistra – sostituire le inchieste giudiziarie alla lotta di classe?) a “futili motivi”, “ragazzate”, eccetera. Come quando, decenni fa, ogni aggressione fascista era liquidata in questo modo: finché non hanno cominciato ad esplodere le bombe delle stragi nere.

Di che stupirsi, appunto, quando ci sono politici come Bossi che hanno fatto carriera parlando di armi e di violenza? Finché ci sono giornalisti, come il direttore di Telepordenone, che di armi parla sempre, invitando ad usarle? Con simili “educatori” in cattedra, come si può escludere che qualche scemo ti ammazzi di botte per strada? Se esprimere opinioni diventa sempre più spesso reato, incitare alla violenza – evidentemente – è diventata un’opinione.

Gian Luigi Bettoli, Spilimbergo (PN)
P.S.: In tanta tristezza, la notizia della “fuga ingloriosa” dei trafficoni che cercavano di arraffarsi Alitalia con la protezione del governo di Bananaland, cacciati a furor di popolo da migliaia di lavoratori festanti, è un raggio di luce. Meglio il fallimento, che l’ulteriore massacro dei diritti dei lavoratori. Il neoliberismo precipita in tutto il pianeta, insieme con i suoi finanzieri d’accatto. C’è ancora speranza, se la gente è ancora capace di dire no.

lunedì 15 settembre 2008

Cara Gelmini, evviva la scuola di qualità!

Lettera aperta
"Sono precaria da ormai 18 anni, e ho superato i 50 anni; per quello che può valere (a quanto pare meno di zero) ho conseguito una laurea, due abilitazioni, vinto un concorso ordinario, fatto corsi di formazione... Ciò nonostante rientro perfettamente nella tipologia alla quale Lei, gentile Ministro Gelmini, rivolge l'invito, senza mezzi termini, di cercarsi un altro lavoro". Prendendo le mosse dall'incontrovertibilità dei fatti sperimentati di prima persona, la professoressa Cossolini illustra lo stato dell'arte nel sistema scolastico di uno Stato il cui governo pare giunto alla vigilia dello scatenamento cinico contro i lavoratori della scuola.

Gentile Ministro Gelmini, in riferimento all'articolo su Repubblica del 5.09.09, "In tre anni taglierò 87.000 cattedre, la scuola è ormai al collasso" e di quello in data odierna, sempre su Repubblica "Mi dispiace per i 200 mila precari ma il loro futuro non dipende da me" vorrei puntualizzare quanto segue.
Sono precaria da ormai 18 anni, e ho superato i 50 anni; per quello che può valere (a quanto pare meno di zero) ho conseguito una laurea, due abilitazioni, vinto un concorso ordinario, fatto corsi di formazione, ciò nonostante rientro perfettamente nella tipologia alla quale Lei rivolge l'invito, senza mezzi termini, di cercarsi un altro lavoro, perché nella scuola "l'ultimo treno è partito con le 25.000 assunzioni" dell' estate passata tra l'altro autorizzate dal precedente ministro, Giuseppe Fioroni.

Mi permetto di dubitare circa il fatto che tutta l'opinione pubblica sia con Lei come continua a dire in varie dichiarazioni alla stampa "L´opinione pubblica è con me, la politica irresponsabile del passato ha rubato il futuro ai giovani della mia generazione, ma sui cittadini italiani del 2020 non si deve scherzare. Il loro destino non può essere oggetto di bassa speculazione politica", una politica che continua tuttavia a rubare il futuro di centinaia di migliaia di lavoratori e famiglie legate al comparto scuola.

E mi permetta, bel modo di preparare il futuro dei nuovi cittadini, riducendo le ore di insegnamento e tagliando risorse; il budget del Suo ministero "viene mangiato dagli stipendi dei docenti" non è che forse sarebbe necessario investire? Chiedere un budget maggiore? Molti edifici scolastici sono fatiscenti, ai docenti si chiede di portare avanti progetti, attivarsi nei corsi di recupero, trovare strategie per evitare la dispersione scolastica, tutto questo senza nuovi investimenti, anzi riducendo il personale, a volte si ha come l'impressione che Lei venga da un altro pianeta.

Dalle sue interviste e dal suo operato di questi ultimi mesi si evince che, ovviamente, nuovamente, il Ministero della Pubblica Istruzione è stato affidato a qualcuno che sa di scuola solo quello che ricorda dalla sua esperienza personale dietro i banchi o che desume dal "sentito dire" o da quanto legge sui giornali.

Ha mai provato a gestire una classe di 31 adolescenti? Ha sperimentato cosa significa essere assunta e licenziata per anni di fila, essere costretta a cambiare posto di lavoro, colleghi, alunni ogni anno, per poi sentirsi dire appunto " hai perso il treno", per un soffio, ma l'hai perso?

Lei parla di merito, di valutazione dei docenti e di qualità della scuola. Niente da eccepire, nessuno di noi teme di essere valutato, del resto lo siamo ogni giorno, dagli studenti, dalle famiglie e soprattutto dai media che sembrano fare a gara per dimostrare quanto siamo fannulloni. Ovvio solo le cose negative fanno notizia, così gira il mondo!

E' chiaro che anche la qualità della scuola, che ogni Ministro promette ad ogni cambio di governo, si limiterà, come al solito, a belle parole perché l'unico modo, del resto il più facile, che anche Lei propone per dare qualità alla scuola si basa sui tagli, necessari per migliorare lo stipendio da lei definito "misero" dei docenti meritevoli (tra i quali ovviamente non sono contemplati i precari, forse che precario significa anche non meritevole o non preparato?).

Mi chiedo comunque come possa essere di qualità una scuola che, oltre a tagliare il numero dei docenti, autorizza classi di 31 alunni (quando spesso le aule obsolete riescono a contenerne a malapena 22), propone la riduzione delle ore di lezione e di conseguenza dell'offerta formativa e che, infine, permette che ogni anno vengano assunte e licenziate migliaia di persone.

Dimenticavo: il tutto a vantaggio delle scuole paritarie che, oltre ad incassare notevoli rate dalle famiglie, possono formare classi di pochi alunni e regalare diplomi.

Evviva la scuola di qualità!
Di sicuro non credo che i precari si aspettassero davvero di essere immessi in ruolo tutti in questa tornata di assunzioni ovviamente, precario non è neppure sinonimo di ingenuo, ma sicuramente non si aspettavano questa sua "strategia" operativa: eliminarli, invitandoli a cercarsi un altro lavoro. Soprattutto il suo invito tra l'altro era indirizzato proprio ai precari storici cioè a quelli che hanno anche 50 anni e anche 20 anni di lavoro nella scuola pubblica. E Lei sicuramente dimostra di non porsi nessun problema etico o morale, nel dire a persone che lo Stato, che lei rappresenta, ha "usato" per anni, a suo comodo: "non mi servite più" . E' vero, afferma di non voler licenziare nessuno, ma solo perché è impossibile licenziare un dipendente pubblico di ruolo se non per gravi e comprovati motivi.

E di nuovo una strategia innovativa: non verranno sostituiti i docenti che andranno in pensione!
Mi chiedo comunque se Lei abbia già visto con la sfera di cristallo, quanti ne andranno alle primarie e quanti nelle medie inferiori e superiori, ma anche se così non fosse, avrà sicuramente studiato in piano di riciclo del personale, che le permetterà di spostare docenti del primo ciclo sul secondo e viceversa, sempre nella prospettiva di una scuola di qualità.

Trovo inoltre vergognoso, che un Ministro di una repubblica considerata democratica, si permetta di dare pubblicamente solo giudizi negativi sui docenti della scuola che rappresenta la cultura italiana.

E pensare che molti docenti avevano apprezzato l'idea di avere un ministro "rosa" e soprattutto giovane. Ma come si sa, il rosa e la giovane età da soli non sono una garanzia soprattutto se guidati e consigliati da qualche altra figura politica che di scuola ne sa un po' più di Lei!

Concludo ricordandole che il personale della scuola forse ha votato la Sua coalizione di governo, o forse no, ma l'hanno certamente votata migliaia di famiglie che hanno creduto, tra le altre cose, nell'illusione di una scuola migliore, per la quale non ci si limitasse, come sempre, a lesinare risorse, ma, al contrario, si proponessero investimenti degni di un paese del terzo millennio e non del terzo mondo. Ma visto che "la scuola è al collasso", uccidiamola pure, con il beneplacito dell'opinione pubblica, ovviamente.

Prof.ssa Mariateresa Cossolini
ASSOCIAZIONE DOCENTI PRECARI MILANO

Dibattito Ricci risponde a Sorti

Vorrei ringraziare il Prof. Pierluigi Sorti per l'attenzione prestata al mio pezzo "Per la battaglia d’autunno" (ADL, 29.8.08) e riprendere, compatibilmente con le mie frugali conoscenze macroeconomiche, le questioni e i dubbi da lui esposti nella lettera apparsa sull'ADL della settimana scorsa.

di Rodolfo Ricci *)
1) - la percentuale del 27% di sommerso stimata dall'FMI nel 2002 (ma riferita all'anno 2000) è naturalmente interna al PIL di quell'anno. PIL e RNL (Reddito nazionale lordo), debbono infatti equivalersi. E le stime possono essere fatte, come not o, per induzione dalla mole dei consumi e degli investimenti, qualora, come nel caso dell'economia sommersa, vengano a mancare indicatori oggettivi di produzione.

2) - ciò vale anche per la percentuale di evasione fiscale che, stimata intorno al 19-20% del PIL nei primi anni 2000, era pari nel 2006, secondo Padoa Schioppa, a circa 270 miliardi di Euro. Quindi, percentualmente di poco inferiore (circa il 17% del PIL). Questa seconda grandezza (evasione fiscale) è infatti da concepire come particolare utilizzo del reddito disponibile: solo in parte deriva dal sommerso; l'essenziale è capire che quella cifra percentuale non raggiunge, come dovrebbe, le casse dello Stato, tra i cui compiti prioritari, c'è quello di ridistribuire reddito. Magari raggiunge l'acquisto di titoli di debito pubblico. (Qui c'è il pacco, contropacco e contropaccotto!)

Si tratta evidentemente di stime, d i cui, in mancanza di altri dati prendiamo atto.
Ciò che è importante, trattandosi di insiemi di grandezze che ricomprendono tutti i sottoinsiemi, è quindi la distribuzione interna di tali grandezze: se riscontriamo circa il 27% di sommerso, vuol dire che su quella somma non vengono pagate (o solo in parte) imposte, tasse, ecc. allo Stato, e in gran parte ai lavoratori dipendenti come reddito differito (pensioni, ecc.). Tuttavia quel 27% di sommerso costituisce un elemento fondante della struttura economica del paese. E la somma non pagata resta in mano di qualcuno che la utilizzerà come meglio crede: consumi particolari, investimenti, ecc.

Dal punto di vista macroeconomico, considerando "neutralmente" il cosiddetto sistema-paese, non è detto che questo fatto sia del tutto negativo, a meno che gran parte di questi capitali "risparmiati" non se fugga all'estero.
Dal punto di vista della distribuzione del reddito, invece, trov eremo un forte arricchimento in termini patrimoniali da parte di alcuni ed un impoverimento da parte della moltitudine dei lavoratori.

In poche parole, si tratta solo e banalmente, del paradosso della media statistica: bisogna capire realmente chi è che si mangia i due polli e chi niente. Oppure, più nobilmente, di rivisitare l’antico concetto di lotta di classe (in questi ultimi trenta anni di esclusivo appannaggio dei più ricchi).

Personalmente, non so se ci sia un disegno soggettivo così cinico come quello italiano (o globale). Fatto è che i risultati sono sotto gli occhi di tutti: per l'Italia, le differenze riscontrabili con i paesi del nord Europa sono, sotto il profilo dell'equità, abissali e crescenti. Sul piano globale sono tragici.

Non so se la vera storia sia la storia dei servizi segreti o quella imposta dalle 500 famiglie che decidono le sorti del mondo. Neanche mi interessa più di tanto; ciò che interessa è che il trend inaugurato da ciò che per convenzione chiamiamo pensiero neo-liberista sta raggiungendo livelli insostenibili. E a ciò penso si debba porre un argine deciso e non procrastinabile.

Quanto alle sue riflessioni sull'Euro, pur avendone condiviso l'introduzione, credo non possiamo non registrare, oggi, (anche alla luce dei fallimenti di tutti i tentativi di carte costituzionali e approcci sociali) che si è trattato di una dinamica unilaterale finalizzata al rafforzamento dei vari capitali nazionali in un meta-capitale continentale in grado di competere negli scenari multipolari; purtroppo, la garanzia che ciò si tramutasse in oggettivi vantaggi sociali interni al continente non si è vista e non si vede; forse, date le caratteristiche multinazionali ed extraterritoriali del capitalismo globale, ciò continuerà a non vedersi in mancanza di interventi forti della politica.

Per quel poco che possiamo fare, far emergere queste contraddizioni ed evidenziare il carattere ideologico del monetarismo e del neoliberismo, può contribuire a ricostruire una classe politica a sinistra, più cosciente delle situazioni reali e del fatto che sempre di uomini e donne in carne ed ossa, si tratta e che non c’è niente, ma proprio niente che sia neutrale ed equidistante (o equivicino).

Come la s toria della scienza e della filosofia degli ultimi due secoli ha largamente dimostrato.
Resta un campo aperto di indagine e di azione capire con quali efficaci linguaggi e concrete pratiche ciò possa essere ricordato e diffuso alla classe politica e ai cittadini oggi conquistati da un’altra egemonia. (Che tuttavia, come il socialismo reale, sappiamo che ha anch’essa fallito).

*) Segretario generale FIEI, Roma

lunedì 8 settembre 2008

Narducci sull'Argentina e il Club di Parigi

L’annuncio di Cristina Fernandez sul rimborso al Club di Parigi è una buona credenziale per l’economia argentina.
Franco Narducci, Vice Presidente della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati italiana ha espresso grande soddisfazione per l’impegno del Governo argentino di onorare le sue esposizioni finanziarie verso il Club di Parigi, annunciato a sorpresa dal Presidente Cristina Fernadez. “Si tratta di un passo avanti importante e apprezziamo l’atteggiamento propositivo che si coglie nelle dichiarazioni del Presidente. L’estinzione dei debiti contratti con il Club di Parigi – ha proseguito l’On. Narducci - accrescerà la fiducia a livello internazionale verso il sistema economico e istituzionale dell’Argentina, e in questa fase i mercati finanziari mondiali guardano con estrema attenzione agli indicatori che “misurano” il capitale fiducia”. Il Governo argentino rimborserà i crediti vantati da Germania, Giappone, Olanda, Italia (in misura dell’8%), Spagna e Stati Uniti, in pratica i Paesi del Club di Parigi creditori verso l’Argentina dopo il ben noto default del 2001. I 6,7 miliardi di dollari occorrenti per saldare i debiti con il Club di Parigi usciranno dalle riserve valutarie disponibili presso la Banca Centrale.
“Sono convinto che l’azione del Governo a farsi carico degli impegni e degli obblighi finanziari internazionali sia fondamentale per migliorare il posizionamento dell’Argentina sotto il profilo dell’affidabilità occorrente per rilanciare la crescita dell’economia e mettere a frutto le sue potenzialità. Mi auguro - ha concluso il Vice Presidente della Commissione affari esteri italiana - che l’atteggiamento dimostrato dal Presidente verso il Club di Parigi, possa contribuire anche a riaprire una via negoziale con i cittadini stranieri (tra cui 200 mila italiani) possessori di obbligazioni argentine, colpiti dal default del 2001”.