martedì 6 dicembre 2016

Dopo la morte di Fidel Castro

È estremamente inquietante tutto ciò che ho letto, scritto da amici che vivono negli Stati Uniti, in occasione della morte d Fidel Castro. Che siano contro il sistema cubano, lo posso capire. Ma per favore non offendano più noi, persone che viviamo qui: anche voi siete cubani!

Non so chi vi ha detto che tutti noi che viviamo a Cuba siamo dei morti di fame... La Cuba di adesso non è più quella che molti hanno lasciato anni fa...

C' è a chi piace tantissimo andare a rendere omaggio a Fidel o perché lo sente o anche solo per curiosità. Ma per favore rispettateci...

Dico questo non per riferirmi al tema politico (non mi interessa), io parlo del rispetto che l'essere umano merita.

 

Lettera da Cuba

(nome noto alla redazione)

mercoledì 30 novembre 2016

UN "NO" ARGOMENTATO

APPELLO DEGLI AVVOCATI MILANESI

Ricordiamo che le Costituzioni sono quelle regole che i popoli si danno quando sono sobri per quando saranno ubriachi.

 

Il prossimo referendum sulla revisione costituzionale riguarda una ma­teria tecnicamente assai complessa, sia per l’eterogeneità e l’am­piez­za delle modifiche intervenute, sia per la difficoltà di cogliere tutte le im­plicazioni che ne potranno derivare.

    Come avvocati sentiamo il dovere di esprimerci, mettendo le nostre competenze giuridiche e la nostra esperienza professionale a di­spo­si­zio­ne dei cittadini per aiutarli a compiere una scelta con­sa­pe­vo­le.

 

Anzitutto occorre osservare che la scelta di adottare una così vasta re­vi­sione costituzionale e una nuova legge elettorale con la sola forza contingente della maggioranza di governo (peraltro artificiosa) costi­tui­sce un grave limite genetico perché lascia presagire che, nel prossimo futuro, a ogni cambio di equilibrio politico potrà corrispondere una nuo­va modifica della Carta fondamentale e una nuova legge elettorale su misura dei vincitori. Una simile spirale di riforme e controriforme fa­­rebbe venire meno la concezione della materia istituzionale come ter­reno di valori condivisi, minando le basi della nostra convivenza demo­cratica.

    In secondo luogo, balza agli occhi dell’interprete la pessima qualità redazionale dell’intervento di revisione, che introduce nella nostra Car­ta fondamentale norme farraginose, illeggibili per il cittadino medio, spes­so contraddittorie o ambivalenti; insomma, la forma – che in que­sta materia è anche sostanza – appare lontanissima da quella tipica del­le norme co­stituzionali, che dovrebbero essere il più possibile cri­stal­li­ne, sobrie e accessibili a chiunque. Lo stile involuto e l’obiettiva oscu­­­rità di non po­che disposizioni raggiunge livelli tali da legittimare il dub­bio che non si tratti (solo) di limiti qualitativi, bensì di un’am­bi­guità intenzionale per lasciare aperte diverse opzioni applicative e in­terpretative a seconda degli equilibri politici che si potranno deter­mi­na­re in futuro.

    Il principale elemento che rischia di privare l’opinione pubblica di una piena consapevolezza degli effettivi esiti che la revisione oggetto di refe­rendum produrrà nella vita delle istituzioni è dato dalla intera­zio­ne tra la modifica costituzionale vera e propria e la legge elettorale per la Came­ra, detta “Italicum”. Questa, avendo reintrodotto sur­ret­ti­zia­mente i me­de­simi vizi stigmatizzati nella sentenza di incostituzio­na­li­tà della legge pre­ce­den­te (Porcellum), non solo è a sua volta illegit­ti­ma, ma costituisce an­che un oltraggio alla Corte Costituzionale incon­ce­­pibile in uno stato di diritto.

    La revisione costituzionale, eliminando l’elettività del Senato e la­scian­do alla sola Camera dei Deputati il rapporto di fiducia col gover­no, con­sen­ti­reb­be all’Italicum di dispiegare per intero il proprio effetto sulle isti­tu­zio­ni, effetto che sarà quello di produrre una sostanziale mo­di­fica­zione della forma di governo del nostro paese. Infatti, con il bal­lot­taggio tra liste e l’assegnazione di un abnorme premio di mag­gio­ranza al vincitore (un uni­cum a livello mondiale), a prescindere dal­l’ef­fet­tiva rappresenta­tività del corpo elettorale, la legge determinerà di fat­­to l’elezione diretta del pre­sidente del consiglio, l’illimitata com­pres­sione della rappresentanza democratica e la concentrazione nel go­ver­no di tutti i poteri: dal controllo sull’assemblea legislativa alla pos­si­bilità di eleggere gli organi di ga­ran­zia (Presidente della Re­pub­blica, Corte Costituzionale, Csm), dal dominio sulla Rai alla nomina delle varie Authority.

    Questo determinerebbe la fuoriuscita dal modello di democrazia par­lamentare, senza peraltro le garanzie del modello alternativo, quello del­la repubblica presidenziale, che è caratterizzato da rigorosa se­pa­ra­zione dei poteri e forte presenza di pesi e contrappesi.

    Un così radicale e avventuroso cambiamento del nostro assetto isti­tu­­zionale è stato introdotto in modo larvato e con legge ordinaria, ri­ma­nendo perciò formalmente estraneo alla revisione costituzionale og­getto del quesito referendario.

    I cittadini, che in questo modo sono privati della possibilità di espri­me­re il proprio giudizio sulla parte più incisiva del complessivo mu­ta­men­to costituzionale che si vuole realizzare, devono essere resi con­sa­pe­voli della reale posta in gioco perché possano riappropriarsi del dirit­to di deliberare anche su ciò che formalmente non viene loro richiesto.

    Peraltro, quale che sia il giudizio sulla legge elettorale, venendo al merito della revisione costituzionale - e prescindendo in questa sede da aspetti secondari (dai presunti risparmi all’abolizione del Cnel), di ca­rat­­tere essenzialmente propagandistico - basterà concentrare l’at­ten­zione sul tema cruciale del procedimento legislativo.

    Non è affatto certo che la semplificazione e velocizzazione del­l’at­ti­vità legislativa potrà realizzarsi come i sostenitori della revisione pro­met­tono. Infatti, il carattere assai confuso delle competenze e delle mo­dalità di par­tecipazione del futuro Senato al processo legislativo induce a pre­ve­de­re piuttosto una complicazione delle procedure ed una mol­ti­pli­cazione dei conflitti, con conseguenti ricorsi alla Corte Co­sti­tu­zio­na­le. Se poi la mag­gioranza politica del Senato espresso dai consiglieri regionali do­ves­se essere diversa da quella della Camera, è logico aspet­tar­si un siste­ma­tico richiamo di tutte le leggi approvate dalla Camera, con conseguente generalizzazione della “navetta” tra i due rami del parlamento, che oggi è un fenomeno limitato a circa il 3 % delle leggi che vengono varate.

    Ma poniamo, per ipotesi, che la semplificazione promessa venga rea­liz­­za­ta. In tal caso sarebbe necessario chiedersi se, al di là delle fa­ci­li sug­ge­stioni propagandistiche diffuse dalle forze di governo e da al­cu­ne rap­pre­sen­tanze dell’establishment economico, questo corrispon­da vera­mente al­l’in­teresse dei cittadini o non costituisca piuttosto il clas­si­co bisogno indotto.

    Nella realtà, nonostante il bicameralismo perfetto, l’Italia ha già oggi tempi di approvazione delle leggi che sono inferiori alla media degli al­tri stati democratici ed ha prodotto nei decenni una quantità di nuove leg­gi tale da rasentare un record mondiale. Il numero delle leggi in vi­go­re nel nostro paese è da tempo sfuggito al controllo (40000, 100000, 150000?) e questo ha creato incertezza del diritto, milioni di pro­cessi pendenti e condizioni favorevoli alla proliferazione della corruzione.

    Il che è quanto dire che non abbiamo un problema di lentezza nel­l’at­tività legislativa, ma al contrario abbiamo una iper-produzione le­gi­slativa che, oltretutto, si accompagna al progressivo ed allarmante sca­dimento della qualità delle nuove norme che vengono approvate, e che sempre più spesso sono di iniziativa governativa e non parlamentare.

    In questa situazione la prospettiva di un parlamento subalterno al­l’e­secutivo - che oltre a detenere la maggioranza garantita dal premio ne potrà determinare anche l’agenda - costituito in prevalenza di nominati, e ridotto a sfornare a getto continuo nuove leggi a data certa, senza i tem­pi necessari per i dovuti approfondimenti e per la discussione, do­vrebbe suscitare viva inquietudine in qualunque persona minimamente informata.

    Peraltro, la (ancora) minore ponderazione delle leggi e lo slittamento verso una forma di “democrazia immediata” comportano rischi non solo sul piano qualitativo, ma anche di sistema.

    Infatti, determinando una più diretta esposizione sia alle ondate e­mo­­tive dell’opinione pubblica, sia alla pressione dei media spesso pi­lotata dai poteri forti (“lo vogliono i mercati”; “lo vuole l’Europa”…), possono dare luogo facilmente a misure penali squilibrate – ora di di­su­mana severità, ora di esagerato lassismo – e ad improvvisate leggi ci­vi­li del caso singolo. Insomma, l’esatto contrario di quella normazione fat­ta di poche leggi, tecnicamente accurate, organiche e stabili nel tem­po di cui avrebbe davvero bisogno l’Italia per essere più moderna e competitiva.

    Anche la radicale modificazione del sistema delle autonomie e del rapporto Stato - Regioni non è condivisibile perché, allontanandosi bru­sca­mente dal disegno dei Costituenti che era quello di assegnare alle Re­gio­ni un potere di riforma delle stesse leggi dello Stato nelle materie ad esse attribuite dall’art. 117 Cost., determina uno svuotamento di questa autonomia e un ritorno di quasi tutte le competenze al potere centrale.

    La revisione costituzionale porta così a compimento la sconfitta dell’autonomia regionale, trasformando progressivamente le Regioni in enti non più prevalentemente legislativi e di tutela delle autonomie locali, ma in enti di spesa; tutto ovviamente con la complicità di un ceto politico locale più attento alla clientela che alla difesa della funzione costituzionale attribuita alla Regione.

    Questo ritorno al potere invasivo dello Stato centrale, sia politico che burocratico, avviene senza alcun risparmio di spesa, anzi al contra­rio, e con il mantenimento di un ceto politico regionale (Consigli e Giun­te Regionali) titolare soltanto di potere clientelare, in senso lato, os­sia di gestione di grandi flussi di denaro in funzione di vantaggio politico.

    Per tutte queste ragioni, noi riteniamo che siano di gran lunga prevalenti nella revisione costituzionale gli aspetti negativi. Inoltre riteniamo che nel bilanciamento che siamo chiamati a fare, dovendo approvare o bocciare in blocco una modifica costituzionale variegata, occorra sempre far prevalere un principio di precauzione, ricordando che le Costituzioni sono quelle regole che i popoli si danno quando sono sobri per quando saranno ubriachi.

 

Perciò, il nostro consiglio è di votare NO.

 

Inviate la vostra adesione a : avv.bellipaci@studiobellipaci.it

 

Primi firmatari: Avv. Luciano Belli Paci, Avv. Felice Besostri, Prof., Avv. Maria Agostina Cabiddu, Avv. Marco Dal Toso, Avv. Claudio Tani. – Hanno aderito (aggiornamento 8.11.2016): Avv. Velia Addonizio, Avv. Paolo Agnoletto, Avv. Alberto Amariti, Avv. Bruno Amato, Avv. Maria Anghelone, Prof., Avv. Vittorio Angiolini, Avv. Dario Ardizzone, Associazione Giuristi Democratici di Milano, Avv. Elisabetta Balduini, Avv. Enrico Barbagiovanni, Avv. Vincenzo Barone, Avv. Alessandro Bastianello, Avv. Aldo Bissi, Avv. Francesco Bochicchio, Avv. Marco Bove, Avv. Aldo Bozzi, Avv. Alessandro Brambilla Pisoni, Avv. Franz Brunacci, Avv. Riccardo Camano, Avv. Maura Carta, Avv. Alfonso Celeste, Avv. Mario Cerutti, Avv. Angela Chimienti, Avv. Dario Ciarletta, Avv. Riccardo Conte, Avv. Gianluca Corrado, Avv. Candida De Bernardinis Prof., Avv. Francesco Denozza, Avv. Gianalberico De Vecchi, Avv. Gino Di Maro, Avv. Mario Di Martino, Avv. Carmen Di Salvo, Avv. Enrica Domeneghetti, Avv. Rolando Dubini, Avv. Maria Cristina Faranda, Avv. Tecla Faranda, Avv. Paolo Gallo, Avv. Federico Garufi, Prof., Avv. Gustavo Ghidini,  , Avv. Mario Giambelli, Avv. Sabrina Giancola, Avv. Angelo Iannaccone, Avv. Massimiliano Lieto, Avv. Giovanni Marcucci, Avv. Floriana Maris, Avv. Gianluca Maris, Avv. Guido Mastelotto, Avv. Mirko Mazzali, Avv. Alberto Medina, Avv. Simona Merisi, Avv. Bruno Miranda, Avv. Cristina Mordiglia, Avv. Paolo Oddi, Avv. Fernando Palmisano, Avv. Stefano Paltrinieri, Avv. Alessandro Papa, Avv. Simonetta Patanè, Avv. Antonella Pettinato, Avv. Walter Pirracchio, Avv. Filippo Pistone, Avv. Giampaolo Pucci, Avv. Piera Pujatti, Avv. Francesco Rampone, Avv. Vitantonio Ripoli, Avv. Domenico Roccisano, Avv. Ilaria Rozzi, Avv. Elisabetta Rubini, Avv. Giovanni Saccaro, Avv. Danilo Scarlino, Avv. Andrea Siface, Avv. Salvatore Smaldone, Avv. Ernesto Tangari, Avv. Giulio Taticchi Mataloni, Avv. Armando Tempesta, Avv. Cristiana Totis, Avv. Fabio Vaccarezza, Avv. Giuseppe Vella, Avv. Eric Zanotelli, Avv. Paola Zanotti, Avv. Massimo Zarbin.

martedì 22 novembre 2016

Lettera agli italiani all’estero

Un “No” per difendere i vostri diritti, ma anche gli equilibri della democrazia La Revisione confinerebbe gli italiani nel mondo  in un ambito di esclusiva testimonianza

di Massimo D’Alema

Care e cari connazionali, in questi giorni siete chiamati a votare al re­fe­rendum per decidere se cambiare oppure no la nostra Costituzione. È una decisione importante per la nostra democrazia e la nostra rap­pre­sentanza. Per “nostra” intendo anche quella degli italiani nel mondo, cioè quella Circoscrizione estero fatta di 12 deputati e 6 senatori che introducemmo durante i governi dell’Ulivo del 1996-2001, con la modifica degli articoli 48, 56 e 57 della Costituzione, quella oggi in vigore.

    Con il referendum vi si chiede di cambiare molti articoli della Carta e di rinunciare alla vostra rappresentanza in Senato, poiché il Senato cambierà funzione e rappresenterà quelle autonomie territoriali – re­gio­ni e comuni – con le quali voi stessi mantenete molti rapporti culturali, affettivi e persino materiali, soprattutto per chi di voi continua ad avere in Italia una casa, un terreno, vi si reca in vacanza o per studiare. Per chi partecipa a scambi culturali o a interscambi commerciali.

    Sarebbe stato importante avere proprio nel Senato delle autonomie territoriali i rappresentanti diretti della Circoscrizione estero, chiamati ad occuparsi del raccordo tra le regioni e i comuni, in materie che ri­guar­dano gli italiani nel mondo, dall’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese alla tassazione locale sui beni immobili, dagli in­­ter­scambi culturali alla promozione turistica, all’associazionismo regionale.

Massimo D'Alema e Matteo Renzi

Ma ciò non avverrà. Non avrete più i vostri rappresentanti in Senato. Avrete solo 12 rappresentanti alla Camera dei Deputati, eletti, inoltre, con quella legge elettorale, l’Italicum, che vi esclude sia dal conteggio dei voti che determinano il premio di maggioranza, sia dal ballottaggio.

    Questo sistema confinerà gli italiani nel mondo in un ambito di esclusiva testimonianza.

    Voi, però, avete il potere di fermarlo votando No al referendum.

    Il No che vi chiediamo non è soltanto per difendere i vostri diritti, ma anche per bloccare una “riforma” che umilia il ruolo delle autonomie, riduce la funzione del Parlamento e concentra i poteri nel governo nazionale, senza che vi sia un sistema adeguato di contrappesi e controlli. Al di là di tanti aspetti negativi, questo è il significato di fondo della riforma Renzi.

    Non voglio dilungarmi sugli aspetti tecnici, che pure, trattandosi della legge fondamentale dello Stato, sono importanti e che hanno indotto i maggiori costituzionalisti italiani a parlare di un bicameralismo pasticciato e confuso. Mi basta aver sottolineato le sostanziali ragioni politiche che hanno spinto, non a caso, anche l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia a opporsi a questa riforma e a mobilitarsi perché essa non venga approvata.

    Per tutti questi motivi è importante votare No, chiedendo così al Parlamento di ripensare l’impianto della riforma e di proporre soluzioni che siano più rispettose delle tradizioni democratiche del nostro Paese.

mercoledì 15 giugno 2016

Appello al voto per Sala a Milano

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

L’appello è promosso da Piero Bassetti, da Franco D’Alfonso e da diversi Assessori della Giunta Pisapia e candidati presenti nelle liste del Centrosinistra, oltre che da numerose persone rappresentative dei diversi mondi professionali e culturali di cui è ricca Milano.

 

di Franco D'Alfonso,

Assessore nella Giunta Pisapia

 

Carissime/i, l’appello al voto per Beppe Sala verrà presentato pubblicamente Giovedì 9 alle ore 18.30 al Circolo della Stampa . Sarà uno dei momenti più importanti di questa nuova, breve e decisiva campagna per il ballottaggio ed ovviamente vedrà la presenza del candidato sindaco Beppe Sala per confrontarsi con i contenuti ed i promotori dell'appello stesso.

    L’appello, promosso da Piero Bassetti, dal sottoscritto e da diversi Assessori della Giunta Pisapia e candidati presenti nelle liste del Centrosinistra, oltre che da numerose persone rappresentative dei diversi mondi professionali e culturali di cui è ricca Milano, riprende i temi politico-programmatici che avevano caratterizzato i due eventi alle Stelline che avevano portato la quasi totalità dei componenti ed ex componenti della Giunta Pisapia a sostenere la candidatura di Beppe Sala.

    Un appello fortemente centrato attorno ai temi dell’autonomia  della Città metropolitana come condizione per realizzare gli ambiziosi obiettivi che, grazie anche  al successo di Expo 2015,  sono alla portata di un territorio di quasi 3,2 milioni di abitanti.Temi, peraltro, che hanno contribuito anche a caratterizzare parte della campagna elettorale della Lista civica “Beppe Sala Sindaco – Noi Milano” che ha sfiorato l’8%dei voti nelle elezioni per il Consiglio Comunale.

    Questo tema resterà , almeno per quanto mi riguarda, l'asse portante della mia e della nostra iniziativa politica nei prossimi anni , interamente centrata sul ruolo che Milano dovrà stabilmente mantenere nel circuito delle grandi città europee , per quella idea di " Europa delle città" che sola potrà dare corpo ad una nuova idea di Europa dopo  il fallimento di quella della finanza e delle banche.

    Data l’importanza dell’iniziativa, soprattutto in vista del ballottaggio di Domenica 19 Giugno, sono a chiedervi un ulteriore sforzo a garanzia del successo di partecipazione. Ringraziandovi ancora per il vostro impegno e sostegno e ripromettendomi di farlo personalmente subito dopo l’esito vittorioso del ballottaggio, Vi invio un cordiale saluto.

 

I firmatari dell’Appello sono: Piero Bassetti, Presidente Globus&Locus, Piero Borghini, già Sindaco di Milano, Alessandro Balducci, Docente del Politecnico di Milano, Assessore all’Urbanistica del Comune di Milano, Daniela Benelli, Assessore alla Casa del Comune di Milano, Fiorenzo Benzoni  già Dirigente di Telecom Italia, Vice Presidente Nazionale e Presidente Regionale Lombardia Associazione Seniores Telecom Italia, Giuseppe Berger, Dirigente d’azienda in pensione, Riccardo Billi, Dirigente assicurativo, Chiara Bisconti, Assessore al Benessere, Qualità della Vita, Sport e Verde del Comune di Milano, Matteo Bolocan, Docente del Politecnico di Milano, Presidente Centro studi PIM, Lidia Bramani, musicologa, Alberto Cantoni, Ingegnere, Maurizio Carrara, Dirigente d’azienda, Antonio Carrassi, Preside Facoltà di Medicina Università degli Studi di Milano, Giulio Ceppi, Docente e Ricercatore al Politecnico di Milano, Carlo Cerami, Avvocato e Consigliere Fondazione Cariplo, Claudio Ceroni, AD Magentabureau, Paolo Chiumenti, Manager bancario, Antonello Ciotti, Manager Industria chimica, Maurizio Cittone, Imprenditore, Luisa Collina, Preside Dipartimento Design Policlinico di Milano, Agnese Collino, Ricercatrice biomedica e Divulgatrice scientifica, Giovanni Cominelli, Esperto di Politiche per la Scuola, Franco D’Alfonso, Assessore al Commercio e al Turismo del Comune di Milano, Ada Lucia De Cesaris, Avvocato, Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Vittorio Dotti, Avvocato, Antonio Duva, giornalista, Stefano Fadda, Direttore Creativo, Paola Fascetti Berger, pensionata, Massimo Ferlini, VicePresidente Compagnia delle Opere, Alessandra Ferrari da Grado, Avvocato, Giusy Ferré, Giornalista, Silvia Fossati, Consigliere regionale Patto Civico, Manager, Emilio Genovesi, Imprenditore, Laura Giannelli Martelli, Imprenditrice agricola, Marco Granelli, Assessore alla Sicurezza del Comune di Milano, Letizia Giorgetti, Docente di Economia politica del DEMM Università di Milano, Maria Grazia Guida, Direttore Casa della Carità, Cristina Jucker, Giornalista, Gaetano Liguori, Musicista e Docente al Conservatorio di Milano, Ilaria Li Vigni, Avvocato, Daniela Mainini, Consigliere Regionale Patto Civico, Presidente Associazione Grande Milano, Susanna Mantovani, proRettore emerito Università Milano Bicocca, Paolo Marchi, Fotografo, Giornalista, Fondatore di Identità Golose, Paolo Martelli, Dottore commercialista, Alberto Martinelli, Presidente dell’International Social Science Council, Professore Emerito di Scienze politiche e Sociologia, Università degli Studi di Milano, Italy, Gianni Martino, Ceo Car2go, Maria Grazia Mattei, Dirigente d’Azienda, Giuseppe Merlo, Dirigente d’Azienda, Agostino Migone, Avvocato, Consigliere dell’IRCCS Istituto Neurologico Besta su designazione del Comune di Milano, Luigi Molinari, dirigente azienda multinazionale, Francesco Monico, Direttore Istituto di Art Design, Federico Monzani, Imprenditore, Paola Mosconi Galeazzi, Ricercatrice Area Biomedica, Bernardo Notarangelo, Dirigente d’azienda, Giulia Pessina, Direttore comunicazione corporate Gruppo Ermenegildo Zegna, Luciano Pilotti, Professore ordinario Economia e Gestione delle Imprese, Università degli Studi di Milano, Franco Origoni, Architetto, Matteo Origoni, Architetto, Norma Parini, Communication manager, Gigi Predeval, Presidente del Parco tecnologico di Genova, Davide Rampello, Direttore artistico, Don Gino Rigoldi, Presidente Comunità Nuova, Carlo Alberto Rinolfi, Presidente Mondohonline, Maria Grazia Riva, Professore ordinario Università di Milano Bicocca, Ennio Rota, neurologo, Antonio Santangelo, Esperto di innovazione e trasferimento tecnologico, Agnese Santucci, Pedagogista, Sergio Scalpelli, Dirigente d’Azienda, Alberto Scanni, Oncologo, Primario emerito Fatebenefratelli di Milano, Anna Scavuzzo, Consigliere comunale PD e Consigliere delegato della Città metropolitana, Sergio Silvotti, Presidente Fondazione Triulzia, Portavoce per la Lombardia del Forum Terzo Settore, Eleonora Spagnuolo, Dottore commercialista, Giorgio Spatti, CdA SoGeMi, Elisabetta Strada, Consigliere comunale Milano Civica x Pisapia, Bruno Tabacci, Deputato di Democrazia Solidale – Centro Democratico, Cristina Tajani, Assessore all’Università, Ricerca e Moda del Comune di Milano, Chiara Tonelli, pro-Rettore Università degli Studi di Milano, Marco Troglia, Imprenditore dell’Innovazione, Pier Carlo Trucco, Amministratore Università UNINT, Fabio Vacchi, compositore, Sergio Vicario, Imprenditore, Marco Vitale, Economista d’impresa

        

    

Un’analisi del voto

 

I NUMERI DEL 5 GIUGNO

 

6.644.135 elettrici ed elettori sparsi in 25 comuni capoluogo di province (esistono ancora le province nonostante la propaganda di regime) rappresentano un test molto attendibile per individuare quale può essere l’indirizzo che stanno assumendo le dinamiche all’interno del nostro sistema politico.

 

di Franco Astengo

 

Non saranno i ballottaggi a determinare l’indirizzo politico di questa consultazione amministrativa come sostengono, invece, molti autorevoli commentatori: i ballottaggi saranno un “richiamo della foresta” rivolto “contro”, senza nessuna attenzione alla realtà concreta delle diverse amministrazioni. Al contrario di come avevano immaginato l’effetto della legge 81/93 i suoi estensori.

    Si è così tentato di tracciare una mappa “politica” del territorio per ricavarne alcune indicazioni di prospettiva, prendendo in esame l’andamento delle varie liste al primo turno: per un raffronto, forzando sicuramente un poco, si è tenuto conto del voto delle Europee 2014, ultima occasione di voto omogeneo sul territorio nazionale.

    E’ stato complicato, inoltre, determinare la natura delle moltissime liste civiche che hanno animato il panorama di questa consultazione: si è così provveduto a dividerle in almeno tre grandi famiglie, quelle di appoggio ai candidati del PD, quelle di appoggio ai candidati del centro – destra riunificando il dato e non tenendo conto della molteplicità di candidature determinatesi in molte situazioni, e quelle non identificabili con alcun schieramento.

    Nella voce “Sinistra” sono comprese, invece, tutte le liste che hanno fatto riferimento alla Lista Tsipras, includendovi quelle che hanno appoggiato domenica scorsa De Magistris a Napoli.

    Nella voce “Centro” le liste dell’UDC presenti in alcuni comuni e quelle di appoggio a candidati centristi.

    Andando per ordine:

    nei 25 comuni capoluogo di provincia i cui esiti elettorali sono stati analizzati nell’occasione risultavano iscritti 6.644.135 aventi diritto (circa la metà del corpo elettorale impegnato negli oltre 1.000 comuni chiamati al voto il 5 Giugno).

    I voti validi che hanno assommato quelli di lista e quelli esclusivamente rivolti ai candidati sindaci sono state 3.696.557 (il 55,63% dell’intero elettorato).

    I voti validi rivolti alle liste sono stati 3.372.721: nel 2015, all’interno degli stessi comuni capoluogo, i voti validi furono 3.426.309. Si è registrata quindi una flessione di 53.588 unità voto.

    La differenza a favore delle schede votate per i Sindaci è stata di 323.836 (poco meno del 10% del totale).

    Arrivando alle liste:

    il PD  con il proprio simbolo ha ottenuto 705.536 voti pari al 20,91%, le liste civiche che hanno appoggiato i candidati sindaci del PD hanno avuto 357.231 suffragi (10,59%). La somma corrisponde a 1.062.767 voti pari al 31,50%. Alle elezioni europee, nei 25 comuni presi in considerazione, il PD ebbe 1.507. 040 voti pari al 43,98%. Di conseguenza un calo di 444.273 voti e del 12,48%. Un PD che pare proprio destinato a rientrare nel vecchio alveo del 25- 30% (per la storia nel 1948 il Fonte Popolare prese il 31% dei voti: quota fisiologica, ma quel tempo votava il 90% degli aventi diritto).

    Nel centro destra, con il proprio simbolo Forza Italia ha avuto 275.052 voti (8,15%), Fratelli d’Italia 195.119 voti (5,78%), Lega Nord (comprese le liste Noi per Salvini al centro – sud) 180.306 voti (5,34%), le liste civiche d’appoggio ai candidati di centrodestra (pur variamente collocati sul piano delle alleanze) 358.730 voti (pari al 10,63%). La somma di tutti i soggetti già appartenenti al vecchio centrodestra fa 1.009.207 voti pari al 29,92%. A dimostrazione dell’esistenza di una ancora forte base elettorale : pesa l’assoluta insufficienza della proiezione politica. La somma di FI, Lega Nord, FdI, alle europee fa registrare per i 3 partiti una flessione complessiva di 95.870 voti.

    Insufficienza messa in risalto dal modestissimo risultato delle liste di centro: 67.231 voti pari all’1,99% (alle Europee 134.481 voti con una flessione di 67.250 suffragi).

    IL Movimento 5 Stelle ha realizzato 700.456 voti pari al 20,76%. Un dato che non inganni considerato che il M5S ha raggiunto il ballottaggio  a Roma e a Torino. Rispetto alle europee si registra una flessione di 47.125 voti. Dato che il M5S ha presentato il proprio simbolo dappertutto senza apparentamenti o presenza di liste civiche, si può affermare che dal punto di vista della proiezione elettorale la situazione sia sostanzialmente di tenuta e non di più.

    La Sinistra, unita nella maggior parte dei casi, ha raccolto 295.547 voti pari all’8,76%. Un dato al quale prestare attenzione critica perché, in questo caso, comprende i voti d’appoggio alla candidatura De Magistris a Napoli ( circa 150.000 voti). E’ parso giusto  procedere in questo senso dal punto di vista statistico avendo come riferimento – appunto – la lista Tspiras del 2015. In ogni caso si tratta, però di un voto con una forte venatura localistica. Nel 2015 la lista Tsipras, nei comuni presi in considerazione, ottenne 207.617 voti: l’incremento è quindi di 87.930 voti.

    Le liste civiche non identificabili come schieramento hanno ottenuto 108.567 voti pari al 3,21%.

    Sono poi comparsi simboli di formazioni politiche minori che comunque hanno voluto presentare il loro simbolo, in alcune limitate situazioni per un complesso del 3,86%. Voti così suddivisi: IDV 12.067; Liste Varie di destra (Casapound, Forza Nuova ecc.) 41.047, Verdi 25.005, PSI 12.487, PC (Marco Rizzo) 14.001, PCL5.256, PRI 3.154, Radicali 9.390, Partito Sardo D’azione 6.539.

    Il trend politico complessivo può quindi essere riassunto in questi 5 punti:

1)     Il ridimensionamento del PD reduce dall’effetto “rana gonfiata” delle europee;

2)     Il mantenimento di vitalità del centro destra privo però di una efficace proiezione politica;

3)     La tenuta del M5S, che tiene le posizioni in attesa di definire una strategia. M5S in attesa, con tutta probabilità, di cimentarsi con la “prova del budino” di marca romana.

4)     Il vecchio “centro moderato” di matrice antico democristiana è ormai del tutto fuori gioco essendo lo spazio ben saldamente occupato in gran parte dal PD;

5)     La ricostruzione della sinistra deve cercare altre vie da quello del fuoriuscitismo tardo ulivista, come nel caso di Roma e Torino (risultati molto deludenti) cercando un ricambio soprattutto posto sul piano della rielaborazione di strategia politica. Lo si vedrà molto bene al referendum di Ottobre.

    Per un primo approccio a questi dati così importanti ci si può fermare a questo punto: successivamente sarà necessario analizzare la suddivisione geografica del voto e anche quella “sociale” (il fenomeno del PD votato nei quartieri alti e di Lega e M5S nelle periferie è già stato segnalato) e generazionale.

    Sarà per i prossimi appuntamenti

           

 

mercoledì 1 giugno 2016

Cosa possiamo imparare dal movimento migratorio

LETTERA DA TRIESTE

 

Compulsando su Twitter, seguendo Facebook e il sito meltingpot.org, a guardare la lenta e inesorabile deportazione delle migliaia di bambini donne e uomini dal fango di Idomeni. Forse lo stiamo facendo in moltissimi in questo momento, forse in migliaia in tutta Europa, ma da soli ognuno per sé. Stiamo introiettando l'ineluttabile frustrazione del non essere in grado di fermare la barbarie. Dove sono i movimenti, dove la società civile.

    Questa è una domanda ricorrente che viene posta retoricamente da molti mesi, la risposta è davanti ai nostri occhi, forse non visibile perché troppo evidente. Da moltissimi anni non si vedeva un Movimento così forte e imponente come quello a cui stiamo assistendo. Un Movimento radicale, conflittuale e costituente, di massa, enorme nei numeri e nel significato storico oltre che simbolico, questo è il Movimento che abbiamo davanti agli occhi. Questo Movimento è il Movimento migratorio che sta radicalmente cambiando le proprie vite e la nostra percezione di quelli che sono gli spazi di "civiltà occidentale". O accoglienza o barbarie.

    Un Movimento che confligge immediatamente e naturalmente con l'ordine costituito, fatto di confini e polizie o eserciti alle frontiere, muri e sbarramenti che tentano di fermare la vita che si muove, come se si potesse fermare il vento. Un Movimento costituente di nuova costituzione dell'esistente, sta mettendo in discussione i pilastri dell'Europa e di quello che pensavamo di essere, provocando un tentativo abominevole da parte della destra più becera di "costituire" un movimento contrario, solo che invece della vita questi tristi figuri rappresentano la morte.

    Un Movimento simbolico, le migrazioni hanno sempre rappresentato il senso stesso del movimento, muoversi cambia, trasforma e contamina, sposta culture arricchendole, porta sempre qualcosa senza sottrarre mai niente. Un Movimento storico, sappiamo già che la storia non sarà più la stessa, per fortuna.

    Il problema è che non è il "nostro movimento" non lo produciamo noi e tanto meno lo governiamo, non sappiamo come intrecciarlo con quelli che sono i nostri percorsi, vittime come siamo del già visto e conosciuto nel tentativo di riprodurre all'infinito quello che abbiamo fatto sperando sia sufficiente almeno al mantenimento del nostro comfort mentale. Ma questo è allora il problema, la nostra inadeguatezza, la mia sicuramente. Ovviamente tante cose vengono fatte e stiamo facendo, nei percorsi di accoglienza e solidarietà, di racconto e testimonianza, tranne quello che forse servirebbe veramente, farci travolgere. Farci travolgere da questo Movimento fino in fondo e comprenderne il senso trasformativo e costituente, esserne parte nel mettere in discussione la costituzione stessa del nostro vivere, subire, quotidiano, questo sì, darebbe il senso dell'essere partigiani, quelli veri. Io voglio essere di parte, noi dobbiamo essere di parte, o con chi deporta o con chi resiste alla deportazione.

    La buona accoglienza la facciamo a noi stessi quando siamo capaci di accogliere la potenza espressa da movimenti epocali come questo, il resto è riconoscere la giusta dignità alle persone che arrivano nel nostro Paese, cosa che come ben sappiamo non è scontata né facile. Abbiamo una opportunità enorme se saremo in grado di coglierla.

    Poche settimane fa al Posto delle Fragole a Trieste, durante la presentazione dei libri La Cura e E tu slegalo subito, si parlava di come sia importante il prendersi cura di sé e della comunità, di come i corpi vanno liberati dalla contenzione in psichiatria e dai lacci della norma. Soprattutto però si parlava di come non ci si possa salvare da soli, ci si salva assieme, nessuno escluso.

    Questo è quello che abbiamo davanti oggi come opportunità, fare questo passo fino in fondo partendo dal mettersi in discussione e ricominciare. Abbiamo un Movimento che ci può aiutare in questo passaggio, cogliamola questa opportunità, prima che sia troppo tardi.

 

Alessandro Metz - Legacoopsociali Fvg

 

domenica 29 maggio 2016

Benissimo il diaconato femminile, ma…

 Benissimo il diaconato femminile ma il sistema ecclesiastico non si opponga. E si vada oltre per un protagonismo della donna che può esprimere nuovi carismi nella Chiesa 
    Noi Siamo Chiesa condivide in modo incondizionato la decisione di papa Francesco di aprire concretamente la discussione sul diaconato femminile e quindi sull'accesso della donna ai ministeri ordinati nella Chiesa. Da troppo tempo i movimenti che si ispirano al Concilio hanno chiesto che si andasse in questa direzione. Non si poteva attendere oltre, pena minare la credibilità della Chiesa cattolica. Ci fa piacere che anche i media e l'opinione laica abbiano percepito l'importanza di questo momento che potrebbe veramente essere storico. Sarebbe anche l'occasione perché tutta la teologia dei ministeri possa essere ripensata secondo le indicazioni del Concilio. Le ricerche ci dicono quale fosse il protagonismo femminile nei primi secoli anche nella forma dell'imposizione delle mani alle donne incaricate di particolari ruoli. In questo modo papa Francesco, con una decisione concreta, va al di là di tante sue affermazioni generali fatte sulla donna nella Chiesa, che avevano però dato l'impressione che egli ignorasse la riflessione della teologia femminista.
    Detto ciò, ci rendiamo conto delle forti resistenze presenti nelle strutture ecclesiastiche a concretizzare l'ipotesi fatta. Sono testimoni di ciò le due interviste al Card. Kasper di oggi su "Repubblica" e sul "Corriere della sera". La Commissione, accettata dal papa, per studiare il problema non potrà essere lo strumento per insabbiare la questione nel caso non ci sia largo consenso nell'apparato ecclesiastico. Le riforme non si possono fare senza rotture soprattutto quando pretende di comandare una vecchia cultura maschilista, pronta a usare belle parole e argomenti di comodo per non cambiare mai niente.
    Noi Siamo Chiesa ritiene che ora non si tratti di decidere "se" istituire il diaconato femminile ma solo "come" organizzarlo. A questo proposito facciamo delle osservazioni:
-                  si tratta anzitutto di prendere atto del fatto che già oggi le donne guidano in gran parte della Chiesa, soprattutto in certe aree del mondo, non solo gli interventi sociali ed educativi, ma anche momenti di preghiera e di celebrazione della Parola di Dio. Si tratta quindi di dare più autorità a situazioni già ben consolidate, nessuna concessione ma un riconoscimento importante che arriva in ritardo;
-                  papa Francesco sa che c'è il rischio che l'ampliamento del ruolo della donna possa finire in una maggiore "clericalizzazione" (questo è il termine da lui usato) in cui migliori apparenze nascondano una situazione ben poco cambiata con una Chiesa che è maschilista in radice come quella che abbiamo oggi. Questo non può e non deve avvenire;
-                  il diaconato sarebbe un passo in avanti ma non ci sembra debba essere solo modellato sulla chiesa dei primi secoli. Si può pensare ad andare oltre. Potrebbero manifestarsi modi nuovi , in luoghi e tempi diversi, mediante i quali lo Spirito offre alla comunità cristiana carismi preziosi . Pensiamo per esempio, a quanto il ruolo di mulieres probatae potrebbe essere prezioso nella funzione di accompagnamento spirituale di chi nella comunità è in ricerca o ha problemi esistenziali di qualsiasi tipo;
-                  se leggiamo il Vangelo vediamo quanto nel "seguito" di Gesù fossero presenti le donne contro le convenzioni del tempo e quanto fossero protagoniste in momenti indimenticabili del suo insegnamento. Oltre che col diaconato nella Chiesa le donne devono diventare protagoniste degli orientamenti pastorali e delle decisioni gestionali che presiedono alla vita delle nostre parrocchie e di tutte le strutture della vita cristiana (per esempio dei seminari).
Al popolo cristiano spetta adesso entrare dalla porta che papa Francesco ha iniziato ad aprire. Anche il percorso ecumenico ne sarebbe molto avvantaggiato. 
 
NOI SIAMO CHIESA

Bolzano e Lugano

 
Mi si permetta un'osservazione, perché vivo a Lugano, ma ho appena votato a Bolzano e conosco bene la situazione del capoluogo sud-tirolese. 
    I media hanno dato molto risalto al risultato elettorale della formazione "Casa Pound" alle recenti elezioni comunali di Bolzano. In verità questo gruppo neofascista ha raccolto il 6,21% dei voti, pari a tre consiglieri comunali su 45 in totale. Tutti i partiti si sono distanziati da loro, in primis i tre maggiori che probabilmente formeranno la nuova giunta comunale. 
    Se consideriamo che solo qualche decennio fa il Msi-Destra Nazionale di Fini era il primo partito a Bolzano, possiamo vedere che ora la consistenza dei neo-fascisti a Bolzano è risibile, praticamente nulla. E nulla avranno da dire i rappresentanti di "Casa Pound" sulla composizione della nuova giunta. 
    Isolati sono e tali rimarranno. In Italia – e non solo – è fisiologico che ci sia una certa percentuale di populisti o nostalgici. Il 6,21 % di Bolzano è folclore, fuori da ogni gioco politico concreto. In altri paesi e regioni come per esempio la Svizzera e il Canton Ticino le cose vanno diversamente. L'UDC/SVP e la "Lega", si collocano stabilmente intorno al 30%, primi partiti a livello nazionale e, rispettivamente, locale. Ma soprattutto partecipano al governo e detengono potere, specie in Ticino. Questa la vera differenza.
 
Peter Lorenzi - Lugano
 
 
Provetto giornalista di lungo corso sia nel campo dell'attualità che in quello delle inchieste, Peter Lorenzi certo non ignora che in talune situazioni le percentuali sono piuttosto ambigue rispetto a ciò che veramente significano come espressione di una determinata tendenza oggi, ahinoi, piuttosto diffusa. La storia è piena di schieramenti populisti o nostalgici che alla fine si sono rivelati molto meno isolati di quanto si potesse supporre. Quelli di "Casa Pound" saranno anche solo quatto gatti, che però, forti delle affinità con i circoli lepenisti e nazionalisti, graffiano anziché fare le fusa. E con il clima che imperversa in Europa sarebbe meglio non sottovalutarli. – La red dell'ADL

giovedì 19 maggio 2016

Non è scontato essere europei

Il mio intervento al Parlamento europeo

 

Nella sessione parlamentare di aprile sono intervenuto sulla strategia dell'UE in Asia Centrale. Le giovani repubbliche di quell'area condividono con l'Europa numerosi campi di partnership: energia, messa in sicurezza delle frontiere, contrasto alla radicalizzazione e al terrorismo, istruzione, agricoltura (video).

    Durante la sessione plenaria di marzo sono invece intervenuto sulla direttiva europea relativa al distacco dei lavoratori, una revisione che agisce sui lavoratori distaccati anche nel campo dei subappalti, sul lavoro interinale e sui distacchi di lunga durata. L'obiettivo deve essere quello di garantire uguale retribuzione a chi svolge lo stesso lavoro nello stesso luogo e contrastare gli abusi e la concorrenza sleale, che danneggiano lavoratori e imprese. Puoi ascoltare qui il mio intervento.

    In questa sessione sono intervenuto anche sul doloroso caso di Giulio Regeni. Ho chiesto che si cerchino senza sosta verità e giustizia, un dovere delle istituzioni europee affinché, anche in Egitto, la difesa dei diritti umani sia questione prioritaria. Per chi, come me, è attivo politicamente, è ancora più inaccettabile che un ragazzo paghi con la vita il provare a cambiare le cose attraverso i suoi studi e le sue ricerche (video).

 

Brando Benifei, Europarlamentare (S&D)

 

martedì 10 maggio 2016

Basta divagare

LETTERA / APPELLO

 

Besostri: “Il filosofo Papi sostiene la mia candidatura in Alternativa Municipale

 

Cari amici e compagni, se linkate sul sito ODISSEA, blog diretto da Angelo Gaccione, troverete una sorpresa: il sostegno di Fulvio Papi alla mia candidatura per Alternativa Municipale al consiglio comunale di Milano. Fulvio Papi è un decano della filosofia italiana, la cui storia si intreccia con quella della sinistra e del socialismo nelle sue migliori accezioni.

    Quando l'ho conosciuto era vice-direttore dell'Avanti!, quando aveva un'edizione ed una redazione milanese nel Palazzo dei Giornali in piazza Cavour. Mi ricordo che parlava del piacere di stare con sciarpa e cappotto, ma a capo scoperto, su una sdraio in una spiaggia d'inverno.

    Due libri letti in quel periodo di ventenne, marxista immaginario, hanno segnato le mie scelte politiche Rapporto socialista. La sinistra italiana tra alternativa al neocapitalismo e rischio dell’integrazione (che ora è una certezza, che ha distrutto prima il PSi e dopo il PCI nelle sue varie reincarnazioni del PDS, DS e infine del PD) di Fulvio Papi e sulle Orme di Marx di Rodolfo Mondolfo (che sorpresa aver scoperto molti anni dopo la sua influenza su Lelio Basso prima di Rosa Luxemburg!).

    Ripercorrendo una strada obbligatoria alla fine del XIX/inizio del XX secolo per ogni socialista, che guardasse oltre le Alpi mi sono fatto l'esperienza tedesca prima con lo SDS poi più istituzionale con gli Jusos e contando sulla conoscenza di Wolfgang Abendroth, decisivo per il mio interesse per il diritto costituzionale tedesco, che giocò un ruolo inaspettato nell'annullamento del Porcellum, esattamente 45 anni dopo.

    BASTA DIVAGARE DOVETE LEGGERE NEL MERITO IL CONTRIBUTO DI FULVIO PAPI PER UNA POLITICA MUNICIPALE ISPIRATA DAI VALORI E DALLE ANALISI CHE DOVREBBERO UNIRE LA SINISTRA.

    Così non è, ancora. Questa città ha bisogno di ritrovare le sue radici di quando era avanguardia nell'innovazione municipale. Ora ho una linea guida. Non ci sono promesse di fare questo o quello, non riesco a dimenticare la battuta che "in politica le promesse impegnano soltanto chi le ascolta" ma di come farlo e con quali istituzioni e forme di partecipazione popolare cittadina.

    Non potrò separare la campagna elettorale dal prioritario impegno per la difesa della democrazia costituzionale minacciata da leggi elettorali incostituzionali, come lo era il porcellum ed ora l'italikum per il Parlamento nazionale, ma anche per le regioni, a cominciare dalla nostra Lombardia, per le province e città metropolitane e soprattutto da una revisione, indegnamente chiamata "riforma", costituzionale. Tutti questi impegni mi portano dovunque in Italia dalle Alpi al Lilibeo o più semplicemente ieri a Mestre e oggi a Verbania.

    Ho bisogno, quindi, di tutti voi.

    Se il sostegno di Fulvio Papi vi convince, fatelo girare a chi conoscete o chiedete materiale della lista di cui faccio parte e del candidato Sindaco, Luigi Santambrogio.

    Chi avesse preso altri impegni o fatto promesse ci ripensi o usi il voto disgiunto!

 

Felice C. Besostri, Milano

 

   

 

LETTERA

 

Torneranno i fantasmi?

 

Una mia riflessione su Italikum e revisione costituzionale,

con preghiera di diffusione-pubblicazione.

 

Quasi alla chetichella, un articolo seminascosto del Sole24ore (28.4.2016, p. 26) presenta alcune notizie per noi – contro l'Italikum e la revisione costituzionale – molto interessanti.

    1. Il 4 ottobre la Corte Costituzionale discuterà sull'ammissibilità dei ricorsi sulla stessa legge elettorale. Sappiamo che un nostro avversario, Giuliano Amato, è fra i sostenitori delle riforme renziane in palese conflitto col suo ruolo di giudice costituzionale. Sappiamo che il nostro compagno Felice Besostri saprà fare del suo meglio.

    2. Le date per il referendum confermativo (SENZA QUORUM) sulla revisione costituzionale saranno o il 9 o il 16 ottobre. Abbiamo quindi non molti mesi per rafforzare la nostra campagna. Ricordo ai meno sensibili che si tratta di una battaglia decisiva.

    3. Ricordo che le elezioni politiche in Spagna si terranno il prossimo 26 giugno. Appena 3 giorni prima si terrà il referendum in UK sulla permanenza o meno nell'UE. Inutile aggiungere che le notizie non vanno confuse né vanno considerate estranee.

    4. Assetti della repubblica italiana e destini del neoliberismo made in UE sono connessi, lo sappiamo. Non sappiamo come le due traiettorie andranno a svilupparsi. Sappiamo che si può uscire a sinistra con molta difficoltà dalle crisi, ALTRIMENTI I FANTASMI DEL PASSATO POSSONO TORNARE.

 

Gaetano Colantuono

        

    

 

LETTERA

 

Sprofonda l’umanità

 

Una fitta al cuore. Dolore, immenso dolore. Centinaia, forse 500, forse di più. Vite spezzate, perse per sempre allo scrigno dell’Umanità. Ma già dimenticate, oblio totale. E’ passata una manciata di giorni e i valzer di palazzo, il grigiore delle cancellerie, gli inutili lustrini e chiac­chiericcio della “gente importante” ha spazzato via tutto. Volti, occhi, voci che non conosceremo mai. E che qualcuno, in una lati­tu­dine lontana continuerà ad aspettare. Senza mai sapere cosa è successo. Nei campetti di periferia, nei vicoli assolati dei paesi, negli angoli più diversi delle città, risuonano risate, grida, bambini di ogni età inse­guono una sfera e – indossata una maglietta – sognano di essere Messi o, chissà, il nuovo Maradona. Sulle panchine dei parchi cittadini, nelle stradine delle campagne, in una stanza inondata di musicali e poetiche note, c’è chi sogna ad occhi aperti, chi sente il battito del proprio cuore più forte del rombo di un tuono. Quanti di questi sogni, di questi fili rossi, di queste esistenze non ci sono più, spezzati in fondo al mare? Quanti di loro hanno visto morire un familiare, quanti ricordano la bella Kandahar ormai solo pallido ricordo, quanti sotto le stelle scappavano dai deserti di sabbia ma soprattutto dell’economia, della finanza, dell’arricchimento di pochissimi ricchi alle spalle di milioni di poveri? Non lo sapremo mai. E’ una fitta al cuore che non va via.

    “Strage in mare, è giallo” scrive in prima pagina Il Manifesto del 19 aprile. Ed un pugno allo stomaco colpisce violento, improvviso, spezza il fiato. E non si riesce a capire se son lacrime di dolore o di rabbia. O forse entrambi, drammaticamente mescolati nell’animo. Quante volte queste parole le abbiamo sentite in questi decenni? Quante volte ancora dovremo leggerle? Era il 1996, chissà quanti lo ricordano, l’Italia si preparava ai grandi cenoni, agli sfarzi di Natale e Capodanno. E af­fon­dava nel Canale di Sicilia la “nave fantasma”, la cui esistenza per anni fu addirittura negata. Senza la testardaggine indignata e appassionata di Dino Frisullo si sarebbe continuato a negare, all’infinito. 283 persone cancellate dalle cronache e dall’oblio. Passano pochi mesi e la Kater I Radesh avrà la peggio contro una corvetta della Marina Militare. Oltre ottanta morti, oltre 20 dispersi. Si ricorda la strage del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa, ma l’elenco è in realtà sterminato, infinito …  La rabbia, l’indignazione, il dolore che lacerano cuore e anima non ba­sta­no. Perché quei “gialli”, queste stragi che si ripetono (mentre scrivo arriva la notizia di un nuovo eccidio in fondo al mare) sono solo una parte della storia. L’altra parte è quella della fasciomafia romana (termine coniato dalla Procura di Roma all’epoca dei primi arresti), dei lager per migranti e dell’infinita catena di violenze, abusi e diritti negati ( ne sono stati riportati alcuni dei conosciuti a chi scrive)  che ormai va avanti da decenni. Almeno dall’assassinio di Jerry Maslo (), all’Emergenza NordAfrica del 2011 documentata da Stefano Menche­rini con il film “Schiavi – le rotte di nuove forme di sfruttamento), dall’infinita vicenda del Regina Pacis di Lecce (riassunte proprio da Stefano Mencherini, autore nel 2003 di un documentario su quanto accadeva nel Cpt salentino, recentemente sul proprio sito ) ai centri più o meno periodicamente chiusi per le disumane condizioni in cui son tenuti e allo schiavismo presente in tante Regioni. La stessa strage di Natale del 1996 e l’affondamento della Kader I Radesh non sono solo “tragedie improvvise”, ma raccontano quel che era. Ed è. Perché la corvetta della Marina Militare non si trovava lì casualmente e da sola, era un mattone di quel “muro di navi di guerra” (come lo definì Tom­maso Di Francesco su Il Manifesto del 27 marzo 2007) davanti le coste albanesi per fermare i migranti diretti verso l’Italia. Persone distrutte e rovinate dal crollo delle “piramidi albanesi”, vittime della finanza crea­tiva e dei suoi giochi. In quei mesi affondano le radici della successiva guerra contro i migranti, della propaganda delle destre e delle leggi criminogene anche della diversamente destra. E la strage di Natale del 1996 fece emergere “la prima fotografia della catena imprenditorial-criminale” () delle mafie sulla pelle e la vita dei migranti. Narcomafie  documentò nel settembre 1997 (http://web.tiscali.it/isolapossibile/tematic/immigrazione/frisullo.htm ) i fatti del Natale precedente. “La holding degli schiavisti” è l’inchiesta di Dino nel quale quella fotografia fu riportata con dovizia di partico­lari, documentata nei dettagli, raccontata squarciando ogni velo. Se si vuol conoscere gli antenati, la genesi, le radici di “Mafia Capitale”, dei colletti più o meno bianchi che prosperano e si arricchiscono nelle tratte dei migranti, del sistema di coloro che con una mano raccolgono ingenti finanziamenti pubblici  e dall’altra confinano in luoghi a dir poco disumani e terribili i migranti (danneggiando migranti, res publica e coloro che quotidianamente costruiscono reali percorsi di accoglienza e convivenza con i migranti, garantendo dignità, diritti e onestà), quell’inchiesta è l’inizio obbligatorio.

    In fondo al Mediterraneo, nei muri (reali e non solo) della Fortezza Europa, nel girare la testa dall’altra parte e nel farsi megafono di campagne di odio, disprezzo, caccia al “nemico”, sta affondando l’umanità. Ma nessuno si creda assolto, nessuno può pensare che basta scansare e non è minimamente coinvolto. Mentre costruivano legislazioni criminogene e repressive, mentre il migrante veniva “trasformato” in un pericolo per l’ordine e la “sicurezza”, hanno distrutto i diritti di tutte e tutti. Schiavi, Mare Nostrum, le inchieste sullo schiavismo, il ritorno del caporalato, lo sfruttamento criminale e mafioso, i luoghi senza alcuna dignità e umanità che più o meno periodicamente vengono scoperti e denunciati sono il barcone nella quale tutti siamo confinati dal Capitale.

 

Alessio Di Florio – Rete dirittiglobali-request@peacelink.it