La provocazione di Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali(?): “Ragazzi, il 110 a 28 anni non vale un fico”
Probabilmente la maggior parte dei cittadini e cittadine italiani/e non sa ricordare un nome, tra i tanti presidenti che hanno retto la storia più che centenaria della Lega nazionale cooperative e mutue. Eppure tra essi ci sono stati personaggi di altissimo livello, dal partigiano “titino” Valdo Magnani al presidente dell’Alleanza Internazionale delle Cooperative Ivano Barberini.
Il nome del penultimo invece, purtroppo, imparano a conoscerlo anche i più distratti. Con grande imbarazzo di chi si sente rinfacciare ad ogni piè sospinto di stare nella stessa organizzazione di quello che è l’attuale Ministro del (non) lavoro.
Maurizio Crozza ne fustiga l’agreste sempliciottismo, ma – come in altri casi tra le imitazioni del noto comico genovese – l’originale batte di gran lunga ogni caricatura. Paragonato ad un illustre esempio * , il semplicismo delle analisi dell’attuale ministro del lavoro è disarmante. In un paese deindustrializzato, privo ormai di grande imprese nazionali, in recessione da quasi un decennio, con indici di bilancio che sono superati in pejus (tra i paesi dell’Unione Europea) solo dalla Grecia, per Poletti il problema è che i giovani si laureerebbero tardi, perché perseguono l’obiettivo edonistico del massimo dei voti!
Invece, se si laureassero prima, il lavoro lo troverebbero certamente: grazie ad una sfrenata fantasia lisergica, che non riusciamo a riconoscere nell’ex comunista imolese assurto alla corte renziana grazie al pacchetto conferito di voti emiliano-romagnoli.
Gianni Rodari l’avrebbe messo in una favola del “Libro degli errori”, ipotizzando che Poletti fosse lui, con le sue dichiarazione paradossali, la possibile radice della crisi italiana.
Vorrei che Poletti lo sapesse: io, funzionario pro tempore in distacco sindacale presso la Lega delle Cooperative, mi sono laureato non a 21, ma a ben 47 anni. E pure con la lode e la proposta di pubblicazione, terminata con tre ponderosi volumi.
Perché così tardi?
Ho fatto molti mestieri, e poi sono andato a lavorare come magazziniere in una cooperativa sociale di inserimento lavorativo. Che una laurea mi servisse per lavorare, già all’epoca era un’utopia regressiva. E mi considero pure fortunato: ci sono miei coetanei che fanno ancora i precari nella scuola. In ogni caso, da mio nonno meccanico ho imparato che le cose fatte bene richiedono il loro tempo. E dal nonno muratore ho ereditato l’imprinting genetico che è meglio star zitti, se prima non si è meditato a lungo.