mercoledì 13 aprile 2016

IO DICO “NO “ ALLA STRUMENTALIZZAZIONE DELLE TRIVELLE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

REFERENDUM  DEL 17 APRILE

  

Al di là della forma burocratica del testo che si trova stampato nella scheda per la votazione del referendum del prossimo 17 aprile, il quesito posto agli elettori italiani, in parole povere, è se i permessi già concessi alle società petrolifere per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa, cioè circa 22 chilometri, debbano essere limitati fino al termine della concessione  oppure - come consente l'attuale normativa - fino all'esaurimento del giacimento.

    In pratica, se il referendum passerà - raggiungendo il quorum con la vittoria del SI - le piattaforme già esistenti nella fascia costiera dei 22 chilometri dovranno essere smantellate una volta scaduta la concessione, senza poter sfruttare completamente il gas o il petrolio che ancora vi fossero  sotto i fondali. Il referendum non riguarda, peraltro, le perforazioni in mare oltre i 22 chilometri né per quelle su terra. Il quesito del referendum, inoltre, non riguarda neppure eventuali nuove attività di ricerca di idrocarburi e trivellazioni entro i 22 chilometri (12 miglia) poiché queste sono già state proibite dal governo Renzi con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

    Da ricordare che gran parte delle 66 concessioni estrattive marine che ci sono oggi in Italia si trovano oltre i 22 chilometri dalla costa e queste non sono, quindi, coinvolte dal referendum. Il referendum riguarda unicamente 21 concessioni che invece si trovano entro questo limite geografico: una in Veneto, due in Emilia-Romagna, uno nelle Marche, tre in Puglia, cinque in Calabria, due in Basilicata e sette in Sicilia. Le prime concessioni che scadranno sono quelle degli impianti più vecchi, costruiti negli anni Settanta. Le leggi prevedono che le concessioni abbiano una durata iniziale di trent'anni, prorogabile una prima volta per altri dieci, una seconda volta per cinque e una terza volta per altri cinque; dopo di che le società petrolifere possono chiedere di prorogare la concessione fino all'esaurimento del giacimento. Secondo informazioni fornite dal Ministero italiano dello Sviluppo Economico nel 2015 dai pozzi estrattivi situati entro i 22 chilometri si è ricavato soprattutto gas metano (circa il 28% dell'intera produzione nazionale e tra il 3 e 4% dei consumi di gas) mentre il petrolio estratto è circa il 10% della produzione nazionale e l'1% di quelli del petrolio. Per quanto concerne la manodopera impiegata l'unico dato conosciuto é quello relativo al distretto estrattivo di Ravenna nell'Emilia Romagna (due trivelle) dove vi lavorano circa 3'000 addetti. Da parte sua, l'Assomineraria dichiara che, in totale in Italia, l'attività estrattiva impiega circa 10'000 persone che diventano 29'000 considerando l'indotto esterno.

    Questa è la situazione che abbiamo oggi in Italia con la ricerca e l'estrazione in mare degli idrocarburi senza che, fino ad oggi, per quanto se ne sappia, siano mai sorti problemi ambientali. Vogliamo rinunciare in Italia al gas ed al petrolio che produciamo con queste 21 trivelle esistenti nella fascia costiera dei 22 chilometri bloccandone l'estrazione al termine dei contratti di estrazione con le varie compagnie petrolifere senza far sfruttare completamente il gas ed il petrolio che ancora giacciono sotto i fondali marini per poi andarli a comprare nel Magreb o in Russia? Vogliamo perdere migliaia di posti di lavoro? Bene, se si vuole rinunciare a tutto questo si voti pure SI al referendum ma non credo proprio che l'Italia sia in condizione di permettersi questi lussi.

    Non si vada, comunque, a raccontare - come fanno alcuni sostenitori del referendum - che boicottarlo o votare NO significa essere favorevoli ai petrolieri ed infischiarsi della protezione dell'ambiente, oppure essere contrari allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili! Infatti, in Europa, l'Italia è uno dei Paesi dove, in questi ultimi lustri, maggiore è stato lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Tuttavia gli esperti, non il sottoscritto, ci spiegano che in Italia e nel mondo - nonostante il sempre maggior utilizzo delle energie rinnovabili - gli idrocarburi continueranno comunque ad essere indispensabili ancora per molti ma molti anni. Se poi si vuole utilizzare il SI a questo referendum anche (soprattutto?) per una battaglia politica contro il governo di Matteo Renzi e farne una prova generale per quello che, probabilmente, si terrà in autunno sulla riforma costituzionale, liberi di farlo ma lo si dica apertamente senza infingimenti!

    Da parte mia, in questa circostanza, come il professor Romano Prodi, sono ancora orientato a non votare (la terza opzione di "voto" permessa dai referendum) ma se, alla fine, decidessi di farlo per scrupolo di coscienza – essendo stato ed essendo tuttora uno strenuo fautore del voto all'estero – voterò comunque NO.

 

Dino Nardi, membro Assemblea Nazionale del PD.