|         LETTERA Tullio De Mauro su Ampezzo, Italia (ADL 19.3.11) Caro        Andrea Ermano,  volevo da molto ringraziarLa per l'invio periodico di        Avvenire dei lavoratori.  
 Lo        faccio oggi spinto dal bisogno di vincere qualche dubbio (c'è sempre un        margine di presunzione in chi si permette di esprimere lodi su altri) e        dirLe che Lei ha scritto con l'editoriale di questo numero, Ampezzo,        Italia, una delle cose più significative, belle e (per me, ma credo        non solo per me!) coinvolgenti, emozionanti, tra le molte scritte e dette        per questi 150 anni. Insomma, La ringrazio molto, di cuore (e di mente).           Accetti        un cordiale saluto,  Tullio De        Mauro, Roma          | 
|         LETTERA Tuonano        le bombe, tace        la ragione Quando        le bombe tuonano, tace la ragione, tace la parola, l'umanità si eclissa.        E' vero che la violenza delle armi era già in atto, in Libia e altrove, da        parte di governi e (non dappertutto) di ribelli. Proprio per questo, alle        armi va sostituita strenuamente la parola, l'ascolto delle diverse attese,        la trattativa. Se esistono istituzioni internazionali, se c'è una politica        tra le nazioni, tra gli stati, se c'è equità di giudizio (cioè se        interessa la pace, la vita dei popoli più del petrolio) deve esserci il        parlare, il "parlamentarizzare" ogni conflitto; si deve chiamare chi spara        - in questo caso Gheddafi e i ribelli - a render conto in conferenze che        confrontino le parti avverse, in presenza di terzi attivi mediatori,        portatori del sentimento universale della comunità umana.      La        via delle armi diventa l'unica visibile quando, per carenza morale e        razionale delle politiche, si sono escluse le vie della razionalità        politica.      Quando        è tardi perché si è già sbagliato nel non capire e non agire bene        tempestivamente, non c'è più riparo al danno e al dolore. La        guerra non rimedia nulla. Non ha rimediato nel profondo neppure il male di        Hitler. "Quelli che prendono la spada, di spada periranno", dice Gesù, e        ciò vale per i contendenti come per il giudice violento. Dice Buddha che        il dolore segue l'errore come il carro segue il bue. Dice Mohammed che se        due uomini si affrontano armati di spada, vanno all'inferno sia l'uccisore        che l'ucciso, perché anche questo bramava uccidere l'altro, che è suo        compagno.  Da questo inferno si dovrà uscire, ancora una volta. E' possibile, al costo di cambiare profondamente pensiero e di dare nuove regole effettive alla convivenza umana. E' ciò per cui lavorano gli amanti attivi della pace giusta e nonviolenta. Enrico        Peyretti (19 marzo        2011)  | 

