LETTERA APERTA
Signora Presidente della Camera e Signor Presidente del Senato, la recente decisione della Corte Costituzionale che, accogliendo i rilievi sollevati dalla Corte di Cassazione, ha dichiarato incostituzionale il “porcellum”, dimostra la lungimiranza dei padri costituenti che hanno armato la fragile democrazia riconquistata a prezzo della lotta di liberazione con robuste istituzioni di garanzia, la magistratura indipendente e la Corte Costituzionale che, in questo caso, sono riuscite ad intervenire e a sanare la ferita più grave che un sistema politico impazzito aveva inferto alla democrazia costituzionale.
Le leggi elettorali hanno un influsso immediato e diretto su quel principio supremo della Costituzione che attribuisce la sovranità al popolo determinando la qualità della democrazia rappresentativa ed i suoi limiti. Esse danno contenuto al sistema politico e realizzano la Costituzione vivente con riferimento alla forma di governo, alla forma ed alla natura dei partiti politici ed alla possibilità dei cittadini di concorrere a determinare la politica nazionale (art. 49 Cost.). L'esperienza storica ci insegna che lo Statuto albertino è stato distrutto dalla legge Acerbo, che ha consentito a Mussolini di prevaricare sull'opposizione ed assicurarsi la fedeltà di un Parlamento ridotto ad un bivacco di manipoli.
Nel 2005 con la legge Calderoli è stato introdotto un sistema elettorale molto simile alla legge Acerbo, in virtù del quale è stato fatto un ulteriore passo, dopo l'introduzione del maggioritario nel 1993, per una svolta in senso oligarchico del sistema politico, comprimendo il pluralismo attraverso la tagliola delle soglie di sbarramento e del premio di maggioranza, e consentendo ad una ristrettissima cerchia di capi di partito di determinare per intero la composizione delle Camere, “nominando” i rappresentanti del popolo, senza che il corpo elettorale potesse mettervi becco. Questo sistema elettorale ha favorito una evoluzione in senso “castale” del sistema politico rappresentativo, tanto che nel senso comune coloro che dovrebbero essere i rappresentanti dei cittadini vengono percepito come una “casta”, cioè un corpo estraneo, portatore di interessi suoi propri, contrapposti al corpo elettorale di cui dovrebbero essere espressione.
La sentenza della Corte Costituzionale interviene a sanare questo vulnus alla democrazia poiché sancisce con autorità di giudicato, che i sistemi elettorali, seppur dominio riservato della politica, devono essere coerenti con l'impianto costituzionale, che prevede che il voto deve essere libero (il che significa possibilità di scegliere più proposte politiche) ed uguale (il che significa che non ci deve essere un quoziente di maggioranza e uno di minoranza, come prevedeva la legge Calderoli) e conseguentemente le assemblee parlamentari devono essere rappresentative della pluralità di interessi, bisogni e domande presenti nel corpo elettorale e nella società italiana poiché tutti i cittadini (e non solo alcuni) hanno diritto di concorrere a determinare la politica nazionale. E' compito precipuo del Parlamento mettere a confronto le diverse domande politiche e realizzare una sintesi che consenta un governo autorevole ed efficiente.
Orbene, l'insegnamento della Corte Costituzionale non può essere ignorato o disatteso nel momento in cui il Parlamento è intento al compito di riscrivere la legge elettorale. Né si può accettare che il complesso dei partiti e dei media qualifichino come una “sciagura” il sistema elettorale proporzionale che residua dopo gli interventi correttivi della Corte Costituzionale poiché la Consulta ha reso la legge elettorale vigente coerente con l'ordinamento costituzionale ed i diritti dei cittadini elettori. Ove ritenga non adeguata la legge vigente, come corretta dalla Corte Costituzionale, il Parlamento è libero di intervenire ed introdurre delle modifiche al sistema elettorale, ma nel disegnare una riforma deve rispettare il parametro della compatibilità del sistema elettorale con la Costituzione repubblicana e non può sacrificare alla governabilità il pluralismo politico e la rappresentatività delle Assemblee parlamentari, né può inseguire miti anticostituzionali come quello del ricorso al corpo elettorale per realizzare l'investitura di un governo o di un capo politico.
Signora Presidente della Camera e Signor Presidente del Senato, noi chiediamo di vigilare per evitare che la prossima riforma elettorale non tradisca nuovamente la Costituzione e con essa la dignità del popolo italiano e la sua storia.
Domenico Gallo – consigliere di Cassazione, già parlamentare, autore di numerosi saggi sul tema dei diritti.