giovedì 7 febbraio 2019

Di Maio e la rivolta di Francia

 

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO 

 

 

“Gilet gialli non mollate! Il MoVimento 5 Stelle è

pronto a darvi il sostegno di cui avete bisogno…”

 

di Marco Morosini

 

«Gilet gialli non mollate! Il MoVimento 5 Stelle è pronto a darvi il sostegno di cui avete bisogno», ha scritto qualche giorno fa il vicepresidente del Consiglio di un Paese del G7 e della Ue, l’onorevole Luigi Di Maio, incoraggiando la rivolta contro il Governo di un altro Paese del G7 e della Ue. Si è subito unito al suo incoraggiamento anche l’altro vicepresidente del Consiglio, l’onorevole Salvini. Si tratta di una rivolta robusta: 8 morti per incidenti stradali, migliaia di feriti, devastazioni per centinaia di milioni di euro, perdita d’affari (sotto Natale) per quasi un miliardo di euro, vandalismo nell’Arco di Trionfo a Parigi (il maggior simbolo di Francia), distruzione di metà dei radar anti-eccesso di velocità in tutto quel Paese, assalto a un Ministero con un veicolo da cantiere e sfondamento del suo ingresso, incendio di una Prefettura, con gli impiegati dentro, al grido di «Finirete come maiali arrostiti!» – atti compiuti certamente da una piccola minoranza dei manifestanti e ovviamente disapprovati dai due vicepremier italiani.

    Sarebbe utile, tuttavia, che l’onorevole Di Maio chiarisca a quali, tra le persone che hanno indossato un gilet giallo (costa 3 euro), ha inviato la sua lettera. Per esempio a quei veri “gilet gialli” che starebbero per fondare un partito? Questo però sarebbe probabilmente sconfessati da altri veri “gilet gialli” come è accaduto a tutti i sedicenti rappresentanti dei veri “gilet gialli” (minacciati subito di morte da altri veri “gilet gialli”).

    O forse il vicepresidente del Consiglio si rivolge a quel 42% di “gilet gialli” che, secondo un sondaggio, votarono nel 2017 per l’estrema destra di Marine Le Pen (che, li appoggia)? O a quel 20% di “gilet gialli” che votarono per l’estrema sinistra di Jean-Luc Melenchon (che li appoggia)? O forse si rivolge a quei “gilet gialli” che hanno intasato le autostrade con cortei di Harley Davidson? Oppure a quei “gilet gialli” pro-benzina che hanno partecipato lo stesso a Parigi il 7 dicembre alla manifestazione contro i combustibili fossili e per proteggere il clima, invitati da alcuni esponenti dell’ecologismo francese? Il loro slogan: «Gilet gialli, gilet verdi, stessi colpevoli, stessa collera».

    Se i due Vicepremier volessero abbracciare davvero la causa comune dei “gilet gialli”, potrebbero, per esempio, introdurre subito in Italia insieme al Reddito di cittadinanza, una tassa patrimoniale, soddisfacendo così la rivendicazione più popolare di quasi tutti i “gilet gialli”: la reintroduzione della Impôt sur la fortune (Isf ). Solo un anno fa l’onorevole di Maio aveva scritto una lettera piena di apprezzamenti al presidente francese: «Quando ci conoscerà meglio, presidente Macron, capirà che abbiamo, certamente, punti importanti di divergenza, ma scoprirà anche temi e posizioni del MoVimento 5 Stelle condivisibili e su cui poter confrontarsi».

    Alcuni scrivono ora che la rivolta dei “gilet gialli” e dei due vicepremier italiani contro il presidente francese è scoppiata perché Macron «ha tradito le promesse». Ma è così? Macron promise di scoraggiare l’uso dei combustibili fossili e di alzarne il prezzo. Fatto. (Grillo scrive: «L’unica cosa giusta che ha fatto»). Promise di mettere un limite di 80 km/h sulle strade extraurbane (per motivi ecologici e di sicurezza). Fatto. Certo il presidente d’Oltralpe ha mantenuto o non mantenuto anche molte altre promesse. La rivolta però non è esplosa su tutto il suo programma elettorale.

    È esplosa all’inizio su un unico tema: “l’automobilismo del popolo”. Ossia il diritto a avere prezzi bloccati per i carburanti fossili, l’abolizione del nuovo limite di velocità di 80 km/h, la distruzione di metà dei radar anti-eccesso di velocità in tutta la Francia (mettendo in pericolo l’incolumità di milioni di persone). La cosa più significativa, però, è che la rivolta si è data come simbolo e nome il “gilet giallo”, ossia l’unica possibile uniforme comune di tutti gli automobilisti e motociclisti. Un “gilet giallo” che unifica alcuni (300mila manifestanti il 17 novembre, dimezzati ogni sabato fino a 50mila il 5 gennaio) ma esclude altri, per esempio quei 12 milioni di francesi che non hanno una macchina.

 

 

Solo in un secondo tempo chi ha indossato un “gilet giallo” (con o senza macchina) ha aggiunto una lunga lista di quelle rivendicazioni personali che avrebbe sempre voluto formulare a qualunque governo. Tra tutte queste, tuttavia, la più condivisa è stata quella di redistribuire potere e ricchezza dai ricchi ai meno ricchi e semi-poveri. La voce della rivolta però non parla affatto dei 9 milioni di poveri, la maggioranza dei quali senza macchina.

    Se è questa la cosa più desiderata dai “gilet gialli”, però, essi possono votare o militare o farsi eleggere per partiti che tradizionalmente reclamano una redistribuzione delle ricchezze. In Francia ci sono una decina di partiti di sinistra, dai più compromissori ai più radicali. Forse il vicepresidente del Consiglio italiano Di Maio vorrà chiarire quali “gilet gialli” egli appoggia?

    Per ora l’unica frase chiara del capo della componente 'gialla' del governo detto 'giallo-verde' è quella che incoraggia chi si è rivoltato «colorando di giallo le strade di Francia».

       

 

 

 


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