Una storia in presa diretta: un ragazzo di Portici ci racconta la sua storia di giovane precario alla ricerca di un lavoro. Al sud come al nord il bisogno di sicurezza si scontra con un’amara realtà.
di Fabio De Rosa *)
Quando hai in famiglia qualcuno che ha già lasciato Napoli è molto più facile, semplice perché basta seguirlo, perché sicuramente ti darà ospitalità, perchè ti aiuterà quando non conosci niente e nessuno.
Se dovessi esprimere una ragione del perché mi sono trasferito a 900 km da Napoli barrerei la casella vicino alla parola lavoro, ma ci aggiungerei: contratto, busta paga, ferie, malattia,contributi e quanto altro è un normale regolare lavoro.
Quando questo diventa l’eccezione si può decidere di vivere un anno della propria vita nella provincia anonima del Nord Italia lavorando in una fabbrica di merendine a cioccolato piuttosto che in una di antine in legno o ancora di cucine componibili o segnare per sempre la propria arcata sopraccigliare con 6 punti di sutura per diventare per 3 mesi una tuta blu, quelle che hai sempre visto in tv durante gli scioperi per il rinnovo contrattuale.
Diplomato all’istituto tecnico a Scampia e deciso a non seguire i compagni di classe andati ad ingrossare le file dei soldati di professione per sfuggire a quelle delle liste di disoccupazione, avevo bisogno di attestare a me stesso ed agli altri che occupavo un posto nella società quello di lavoratore non importa dove né per quanti soldi, ma volevo avere un lavoro di quelli veri con tanto di contratto, di livello, qualificato non come volantinatore o come agente porta a porta di contratti telefonici.
Ma tutto passava per le agenzie interinali che sollevano il datore di lavoro dall’onere di mantenere i rapporti con il lavoratore: non vieni licenziato o assunto ma semplicemente il tuo contratto viene rinnovato o meno.
Rispetto alla situazione campana e di tutto il Sud Italia sembrerebbe una sorta comunque di avanzamento, poiché nelle nostre zone un lavoro regolare è spesso una chimera.
La tutela dei diritti che dovrebbe essere rappresentata da quel contratto è, però, in realtà fittizia poiché essi vengono sistematicamente scavalcati dal ricatto del rinnovo della prestazione lavorativa. Vendi la tua forza lavoro al miglior offerente, quando il mercato lo richiede in periodi già prestabiliti che sono dettati da picchi di produzione o in prossimità di chiusura degli ordini delle fabbriche.
La condizione di ricattabilità è forte e presente al Sud ma anche al Nord seguendo strade molto diverse che però hanno il medesimo scopo: aggirare l’intero apparato di tutele e diritti conquistati a caro prezzo nel passato attraverso il ricatto che ricade sulla tua scelta di vita, sul tuo futuro, su i tuoi sogni e desideri.
La legge 30 pone una questione morale sopra tutte: quella della dignità di ogni individuo di percorrere la propria strada scegliendo lui cosa è meglio per se stesso.
Il lavoro non è semplicemente un problema di salario ma è il diritto indiscusso di dover lavorare per vivere e non di vivere, e ogni giorno morire, per lavorare!