lunedì 28 giugno 2010
martedì 22 giugno 2010
La libertà religiosa nell'informazione
LETTERA
E' un Paese democratico quello che imbavaglia l'informazione religiosa e non rende conto del pluralismo religioso?
Caro direttore, in una conferenza stampa congiunta tra l'Alleanza Evangelica Italiana e i Radicali, sono state rese note le presenze sui telegiornali nazionali delle confessioni religiose nel periodo da gennaio 2009 ad aprile 2010.
TG1, TG2 e TG3 (servizio pubblico!) hanno dato più del 95% del tempo ad esponenti cattolico-romani. TG4 e TG5 il 100%!
Sulle informazioni religiose, tutti i TG senza eccezioni sfiorano il 100% a favore della sola religione cattolica. Come se non esistesse nient'altro. I dati si commentano da soli.
E' un Paese democratico quello che imbavaglia l'informazione religiosa e non rende conto del pluralismo religioso?
E' un Paese libero quello che non dà voce a tutte le sue componenti e si accontenta di pensare che la religione sia affare del solo Vaticano?
Per queste e altre ragioni, il 19 giugno si terrà a Roma la Marcia per la libertà religiosa ed il pluralismo dell'informazione, il cui motto sarà: Libertà religiosa per tutti, anche in Italia.
Cordiali saluti,
per il Comitato Insegnanti Evangelici Italiani
Lidia Goldoni, Roma
lunedì 14 giugno 2010
Da Bankitalia "incertezza" sulla manovra economica
Potrebbe causare una riduzione del PIL
di Lucia Cocozza *)
Bankitalia ha pubblicato in questi giorni una ricerca nella quale si evidenzia come la manovra economica potrebbe causare una riduzione del PIL. Ad affermarlo è stato il capo ricerca economica di Bankitalia, Salvatore Rossi, che ha dichiarato:
“A parità di tutte le altre condizioni, nel biennio 2011-2012 la manovra potrebbe cumulativamente ridurre la crescita del Pil di poco più di mezzo punto percentuale attraverso una compressione dei consumi e degli investimenti. Nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire al più presto, pur se le restrizioni di bilancio rallenteranno nel breve periodo la già modesta crescita dell’economia italiana”.
Secondo Bankitalia, quindi, è strettamente necessario “rafforzare il potenziale di crescita dell’economia favorisce lo stesso riequilibrio duraturo dei conti pubblici. A questo fine occorre estendere l’occupazione, rafforzare in modo strutturale la produttività e la competitività del sistema. Inoltre saranno cruciali le modalità di realizzazione del federalismo fiscale, da volgere all’aumento di efficienza nell’uso delle risorse nel rispetto dei vincoli di bilancio“.
Per quanto concerne l’andamento tendenziale da Bankitalia fanno sapere:
“La manovra ridurrebbe l’indebitamento netto di 1,6 punti percentuali del Pil nel 2012 portandolo al 2,7 per cento del Pil. La minor crescita però retroagirebbe sui conti pubblici determinando un maggior disavanzo valutabile in poco meno di 0,3 punti percentuali che porterebbe il saldo di quell’anno a circa il 3 per cento del Pil. L’incidenza del debito sul prodotto crescerebbe marginalmente nel 2011 e riprenderebbe a scendere nel 2012. L’entità della correzione appare adeguata a raggiungere gli obiettivi di indebitamento netto nel quadro macroeconomico delineato nella Ruef (Relazione unificata economia e finanza). Potrebbero essere necessari ulteriori interventi qualora si presentasse uno scenario più sfavorevole. La manovra – ha proseguito Rossi - è basata in larga misura su riduzioni della spesa corrente e su misure di contrasto all’evasione. Questa composizione degli interventi appare appropriata, visto il rilievo dell’evasione fiscale nel nostro paese e il forte aumento della spesa corrente nell’ultimo decennio“.
Incertezza Bankitalia esprime anche sulle misure relative all’evasione fiscale, sottolinenado come i risultati potrebbero essere inferiori a quanto annunciato.
“Le stime riguardanti gli effetti dell’azione di contrasto all’evasione presentano molti elementi di incertezza in entrambe le direzioni. Il sistema fiscale italiano è caratterizzato da un prelievo complessivo a carico dei contribuenti onesti elevato nel confronto internazionale. L’evasione fiscale è un freno alla crescita, riduce le risorse per le politiche sociali, ostacola gli interventi a favore dei cittadini con redditi modesti”.
LA FINANZIARIA E LA SCUOLA
A proposito di tagli…
Il Coordinamento Genitori Democratici denuncia le conseguenze della manovra sulla scuola
Il Coordinamento Genitori Democratici denuncia alcune delle conseguenze, spesso non sufficientemente sottolineate, derivanti dalla politica di tagli che colpisce le scuole italiane.
Si peggiora di giorno in giorno la qualità dell'apprendimento negando alle nuove generazioni il diritto allo studio. Non solamente negando i fondi per le spese di funzionamento delle scuole italiane che si sono scaricate direttamente sulle famiglie (dalla carta igienica ai materiali di facile consumo), ma anche e soprattutto rifiutando di fornire ai Dirigenti Scolastici le risorse sufficienti a comporre organici capaci di tenere conto dei bisogni e delle richieste delle famiglie stesse. La “continuità didattica”, tormentone che il Ministro Gelmini declama quando si tratta di annunciare future graduatorie regionali per gli insegnanti, rischia di andare così completamente perduta.
Il Coordinamento Genitori Democratici chiede che si stabilizzi l’organico della scuola e il personale che ci lavora, perché è solo in questo modo che si garantisce effettivamente la continuità didattica.
Riceviamo ogni giorno comunicati, prese di posizione di comitati genitori, di consigli di circolo e di istituto che denunciano: pesanti tagli al numero di insegnanti e ai posti di sostegno; la cancellazione di classi a tempo pieno; evidenziano situazioni in cui non si riesce neppure a garantire il tempo scuola che i genitori avevano richiesto.
Il CGD si impegna a sostenere le giuste rivendicazioni di questi cittadini, genitori consapevoli e decisi a difendere la qualità della scuola.
Il disagio dei bambini ha un prezzo incalcolabile, e siamo convinti che un Ministero incapace di ascoltare le esigenze di bambini e famiglie debba rispondere del suo operato.
Il Coordinamento Genitori Democratici, Roma
martedì 8 giugno 2010
lunedì 7 giugno 2010
Sì ai tagli agli sprechi, ma attenti alla deflazione
ItaliaOggi / ECONOMIA
Ridurre i bilanci degli stati dell'Unione europea non basta, contro la crisi servono misure per lo sviluppo
di Mario Lettieri*) e Paolo Raimondi**)
Dopo la crisi dell'euro e la famosa notte quando l'intero sistema europeo rischiava di cadere come un castello di carte, l'accordo per il salvataggio sembra concentrarsi tutto sui tagli di bilancio per abbassare i livelli del debito pubblico e rientrare al più presto nei parametri di Maastricht. Una seria campagna contro gli sprechi è doverosa. Ce ne sono tanti e a tutti i livelli, ma la riduzione delle spese e dei bilanci pubblici dovrebbe essere accompagnata da altre riflessioni su alcuni andamenti che potrebbero avere un impatto molto forte sull'economia.
Mentre la ripresa resta ancora un miraggio, una politica di austerità può portare con sé il rischio della deflazione, a causa di una prolungata recessione, di una possibile discesa dei prezzi e di una contestuale riduzione della domanda. L'economia non è un calcolo aritmetico e non si risolvono distorsioni economiche di lungo periodo semplicemente giocando con i numeri. Se si riduce la spesa corrente improduttiva, occorre nel contempo aumentare gli investimenti. Gli eurobond dovrebbero servire al finanziamento delle grandi infrastrutture.
Secondo la BRI, le banche europee hanno nei loro portafogli 2.800 miliardi di dollari in titoli del debito pubblico di Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. A loro volta le banche americane hanno titoli pubblici dei paesi dell'UE per 1.500 miliardi di dollari. Il rischio di una deflazione nella zona euro è quindi la minaccia più immediata alla stabilità finanziaria dell'Europa, perché, tra l'altro, potrebbe portare ad una svalutazione dei titoli sovrani e ad un ulteriore indebolimento dell'euro. Perciò occorrono investimenti per rilanciare l'economia. Gli Stati Uniti e la Cina, che valutano positivamente lo stanziamento europeo di 750 miliardi di euro di aiuti contro i default, allo stesso tempo mostrano preoccupazione per gli effetti dei tagli di bilancio sull'andamento dell'economia mondiale.
Oltre alla deflazione, non è infondato il rischio di una futura fiammata di inflazione in Europa. Non vi sono oggi segnali visibili, ma la storia ci ha insegnato che, quando si vedono i suoi primi effetti, è troppo tardi per bloccarla. L'Europa ha deciso il pacchetto di salvataggio sulla scia dell'America e della Gran Bretagna. Loro lo hanno fatto stampando altra moneta per comprare i titoli in caduta libera. Per fortuna la Banca Centrale Europea non ha seguito questa strada. Per il momento, infatti, raccoglie fondi sui mercati, o con le operazioni di swap aperte dalla Federal Reserve per l'acquisto delle obbligazioni sovrane europee. Se si dovesse avere un peggioramento della situazione economica, i titoli comincerebbero a perdere valore e la BCE sarebbe costretta ad acquistarli direttamente anche emettendo nuova e più abbondante liquidità, che farebbe lievitare i prezzi.
Sarebbe una iattura. Il settore bancario americano più aggressivo e speculativo già parla della BCE come di una gigantesca bad bank. I bassi tassi di interesse sia in Usa che in Europa provano che la leva dei controlli monetari non è utilizzabile in quanto ha già esaurito tutta la sua possibile e risicata efficacia. Ciò, insieme con la caduta del valore dell'euro rispetto al dollaro, che dall'inizio del 2010 è stata del 14%, sta generando un processo di carry trade sulla moneta europea.
Avvenne con lo yen in Giappone che aveva tassi di interesse bassissimi per effetto della stagnazione economica interna. Il carry trade è una semplice operazione di ottenere prestiti in valuta a basso costo di una determinata area monetaria e poi utilizzarli altrove, magari in attività speculative. In passato si puntava a lucrare sulle differenze nei tassi di interesse tra diverse monete, oggi invece si scommette sulle aspettative di ripresa o di recessione dei vari paesi. Intanto l'industria tedesca presente nella regione dell'Asia e del Pacifico ha tenuto a Singapore la sua 12.ma conferenza operativa. In questa sede il segretario generale dell'ASEAN, Surin Pitsiwan, ha spiegato che la regione « è diventata il motore ben funzionante dell'economia mondiale».
Si ricordi che nel 1997-8 i paesi asiatici erano stati attaccati dalla speculazione e molte monete persero dal 30 all'80% del loro valore. Quei paesi hanno imparato in fretta la lezione, hanno compreso non solo la necessità di ridurre l'indebitamento e il deficit. Insieme a nuove regole per il loro mercato finanziario, hanno anche creato una rete di protezione di 600 miliardi di dollari per puntare allo sviluppo economico dell'intera regione.
Bisognerebbe guardare con maggior attenzione a questa esperienza.
*) Già sottosegretario all'economia nel governo Prodi
**) Economista