lunedì 21 febbraio 2011

Cos'è democrazia? / Tre glosse sul Nenni secondo Tamburrano/ Network socialista

Cos'è democrazia?

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Caro Direttore, forse avrai piacere nel ricevere la segnalazione della messa in onda di una nostra puntata del magazine radiofonico "Geronimo filosofia", in onda sulla Rete Due della RadioSvizzera di lingua italiana, ascoltabile in Podcast e scaricabile, dedicata al tema della democrazia.

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Ecco il link:

http://retedue.rsi.ch/home/networks/retedue/geronimofilosofia/2011/02/08/democrazia.html#Audio

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Con Nadia Urbinati, docente di Teoria politica alla Columbia University di New York, opinionista e editorialista del quotidiano "La Repubblica", abbiamo tentato di definire il concetto di democrazia attraverso la sua evoluzione storica, dall'antica Grecia, all'illuminismo e alle rivoluzioni dell'Ottocento, per arrivare ai giorni nostri. Per capire perché la democrazia rappresenti un sistema in perenne crisi. Evidenziando come un sistema democratico non è mai un sistema statico e assestato, proprio perché prevede un potere diffuso tra il maggior numero possibile di cittadini e non un potere monopolizzato, tipico invece dell'oligarchia. Tracceremo l'evoluzione del concetto di democrazia in Europa e negli Stati Uniti, e il rapporto che esiste tra etica, identità, stato sociale, politiche di giustizia e democrazia.

Mi pare davvero importante far girare riflessioni e pensieri su questo tema ahinoi cosi' bistrattato.

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Un saluto caro

Sonja Riva, Roma

Network

socialista

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Carissimi, in questi giorni si sta sviluppando nella rete dei socialisti un'ampia discussione sui documenti prodotti dal Gruppo di Volpedo e relativi alle prossime elezioni amministrative.

Da sempre il Gruppo di Volpedo (GdV) è fautore di una proposta politica volta ad unire i socialisti ovunque essi siano (appello di Volpedo) ed ad agire per favorire l'aggregazione del vasto mondo della laicità, del liberalismo e del socialismo, lo sbocco politico di questa iniziativa è ben descritto nei documenti ufficiali del GdV.

L'ultimo documento è appunto relativo alla possibilità di presentare alle elezioni amministrative della prossima primavera una Lista laico-liberal-socialista.

Chi volesse saperne di più può scaricare i documenti in Pdf dal sito

www.gruppodivolpedo.it<http://www.gruppodivolpedo.it/> alla pagina "DOCUMENTI" cliccando sui titoli dei file

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Fraterni saluti

Il Gruppo di Volpedo

Tre glosse sul Nenni

secondo Tamburrano

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A proposito di Sulle spalle di un gigante, di G. Tamburrano (ADL dell'11.02.11)

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La prima osservazione è che il suo giudizio su Serrati e sul gruppo dirigente del PSI dopo la duplice, inopportuna scissione – da sinistra e da destra – del partito del proletariato italiano proprio nel momento di un'altra, più dura prova appare – storiografia migliore alla mano – alquanto riduttivo. Forse inaccettabile. I partiti socialisti europei si trovarono ad essere dilaniati dall'opzione dell'adesione alla Terza Internazionale, che aveva una sua ben precisa ragion d'essere in quel momento (1922-1923): Serrati, a suo modo, fece una scelta di equilibrio fra gli opposti radicalismi, se così si può dire. Di più, fece una scelta romantica o idealista – secondo la stessa diagnosi di Nenni anni dopo (l'Intervista laterziana raccolta dallo stesso Tamburrano) – per cui né confluì nel PCd'I né abbandonò la consonanza col vento (o "mito operativo") sovietico, quando convenienze e forse tattica lo avrebbero portato in uno dei due sensi. Si può discutere la scelta, non si può liquidarla con una secca frasetta settaria: «Serrati e i massimalisti che avevano deciso di "svendere" il Partito a Mosca e al PCI [scil. PCd'I, con un certo anacronismo]». L'avversario, secondo una delle peggiori tradizioni della sinistra in tutte le sue componenti, non può non essere un traditore, un "venduto". Uno storico appassionato ed equilibrato come Gaetano Arfé non avrebbe mai scritto queste cose. Vi prego, fermiamoci col massacro postumo!

Quanto poi al PSI degli anni frontisti scrive lo stesso Tamburano: «L'alleanza strettissima con il PCI fu l'errore di Nenni che rischiò di far scomparire il PSI. Nenni se ne riscattò nel 1956 rompendo l'alleanza subalterna con il PCI». Personalmente condivido la scarsa simpatia verso qualsivoglia subalternità del mio partito verso il PCI, ma ho il forte sospetto che questo giudizio sia quasi sempre declinato nel senso dell'accettazione di altre, ben peggiori influenze: quella socialdemocratica (il partito dei sottosegretari dei peggiori governi democristiani), poi liberal-democratica, quindi quella neo-liberista e neo-centrista. Ciò che, di fatto, al netto delle chiacchiere (golpe o persecuzione della magistratura, alleata a settori sessantottini radical-chic), è la vera radice della scomparsa del PSI, prima come soggetto storico del movimento operaio poi come realtà politica. Non dimentico che, in occasione del referendum sull'estensione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, mentre chi scrive insieme a migliaia di giovani precari e disoccupati (forse qualcuno di loro potenziale socialista) si impegnava senza risparmio per il referendum (ricordo ore e ore di volantinaggio in piccoli paesi della Murgia barese), la Fondazione Nenni – Tamburano primo firmatario – uscì dal consueto riserbo verso i temi di attualità politica (per es. le politiche sociali e economiche "bipartisan" di privatizzazione, di precarizzazione, di contrazione dei diritti dei lavoratori, come anche le violenze di Genova) per schierarsi pubblicamente a favore del NO. Ci sarebbe da commentare, sennonché la storia, quella sul passato e quella nel presente, non è un luogo in cui tutte le opinioni hanno lo stesso peso, giacché sussistono tanto un quid veri indisponibile alle chiacchiere (una rosa è una rosa non un carciofo, uno sfruttamento è uno sfruttamento non un'opzione del mercato del lavoro per vincere la competizione globalizzata) quanto – è questo lo specifico socialista – una nostra verità.

Nella mia attività di studioso e di docente, Nenni non manca. Anzi mi continua a stimolare il confronto con la sua vita, dalla natia Faenza (città che non lo ricorda e dove ora la Lega Nord ha circa il 7%, mentre la sinistra, tutta, è scomparsa anche dal consiglio comunale) alle vicende immediatamente precedenti la morte (con amarezza constato che Arfé non ne ha parlato con sufficiente chiarezza: si tratta di un tema su cui intendo tornare). Ritengo che il pericolo peggiore per la memoria e l'eredità di Nenni sia quello di essere utilizzato come icona di scelte politiche moderate, di sostanziale accettazione della realtà, di una triste realtà. Quando Tamburano pensa, dice, scrive testualmente «Il socialismo di Nenni è superato», salvo poi citare con enfasi "l'uguaglianza, la giustizia sociale, la libertà per tutti" come i valori strutturanti l'attività politica di Nenni, penso che in fondo, allora, tanto varrebbe aderire alla dottrina sociale della chiesa o al social-liberismo ruggente fino a qualche anno fa, visto che vanno più di moda. Se così fosse, meglio allora che cada l'oblio anche su Nenni (piuttosto che regalarlo, buon ultimo, alle destre), tanto i "giovani", in realtà spesso studenti in lotta, precari, disoccupati, migranti – ossia i soggetti naturalmente o potenzialmente portati al messaggio socialista – non saprebbero, non sanno che farsene. (Intanto, noto con amarezza, questi stessi soggetti restano orfani di un partito o di qualcosa di simile.) Anziché fare il solito, scontato appello ai "giovani", se davvero volevate, cari compagni della Fondazione, far conoscere Nenni, potevate andare a dialogare con i movimenti di protesta degli studenti medie e universitari o dei ricercatori e docenti precari. Invece NO, come di fronte al referendum di cui sopra. Errare humanum, sed.

Concludo. Se avessi ancora qualche dose di idealismo, chiederei a Tamburrano e alla dirigenza della Fondazione Nenni un tavolo di confronto aperto su questioni storiografiche e politiche, non basato su strumentali riletture di un Nenni ad usum delphini. Una discussione seria sull'intera storia del socialismo, sulla semantica di questo termine abusato e sulla filologia necessaria per comprenderne i documenti iuxta eorum principia, a partire da quelli del congresso di Livorno, campo di battaglia ogni santo anno fra opposte tifoserie, per cui mentre la stessa testata riproduceva gli interventi di Turati, contemporaneamente in alcune città si tenevano seminari celebrativi della nascita del partito comunista (e per converso deprezzativi di quello che il partito socialista aveva svolto fino a quel momento, tipo la sofferta, e coerente!, scelta neutralista a fronte di altre scellerate politiche "socialiste" di "sacre alleanze": non direi proprio bazzecole).

So già bene che così non sarà. È questa, d'altra parte, una delle eredità più brutte della dissipazione, lenta ma inesorabile, di un partito di sinistra, dello stesso patrimonio ideale e progettuale di ogni idea di Sinistra: nessuna eredità da trasmettere, nessuna comunicazione o unità, le lotte fra clan (associazioni, fondazioni, riviste, partitini, sigle inani), l'autosufficienza, l'autismo, il cupio dissolvi.

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Gaetano Colantuono, Bari