Ho aderito all'appello per una buona legge sul testamento biologico promosso dal sen. Ignazio Marino (PD) e da tanti altri illustri intellettuali. Ho però da fare ai promotori un'amichevole obiezione.
Secondo me è un errore politico e giuridico farsi continuamente trascinare nella discussione se l'alimentazione e l'idratazione forzata costituiscano o meno trattamenti sanitari.
Non perché non sia convincente la tesi sostenuta in proposito dal sen. Marino, ma perché la questione a mio modesto avviso è del tutto irrilevante.
Il diritto del paziente di decidere in ordine ai trattamenti sanitari ai quali sottoporsi è relativamente recente. Ci sono voluti l'art. 32 della Costituzione, le normative sul consenso informato, la convenzione di Oviedo ecc. per vederlo riconosciuto appieno, dopo che per secoli si era ritenuto che il paziente (come dice l'etimologia della parola) potesse solo subire la scelte del medico, del competente.
Invece il diritto di ogni persona di decidere se e cosa mangiare e bere è molto più antico, esiste da sempre. Chi mi costringe contro la mia volontà a mangiare o bere qualcosa commette un reato: violenza privata (art. 610 c.p.).
Quindi, nel momento in cui si discute di dare riconoscimento a direttive anticipate, non si capisce perché mai dovrebbe essere necessario far rientrare alimentazione ed idratazione nei trattamenti sanitari per vedere rispettata la volontà del soggetto riguardo alle stesse.
La libertà di autodeterminazione è già tutelata dall'art. 13 della Costituzione ("La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di ... restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge"); che bisogno c'è di disquisire ogni giorno con l'on. Binetti e l'on. Gasparri se vi sia o non vi sia anche la copertura dell'art. 32 ?
avv. Luciano Belli Paci, Milano